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Attacco ai sindacati. Una offensiva in tutta Europa

Gli attacchi al diritto di sciopero e contro i sindacati più o meno conflittuali si vede in tutta l’Unione Europea. Un nuovo importante esempio per questa politica della repressione anti-sindacale arriva dal Belgio, un paese un po’ sottovalutato nel dibattito perché è tra i paesi ricchi del nord, ma da anni è certamente anche il paese con i lavoratori più combattivi, che hanno manifestato la loro volontà di non rinunciare alle conquiste del passato con tanti scioperi (anche generali) e molte grandi manifestazioni, blocchi stradali inclusi. Questa forza si fonda, al contrario della situazione italiana, sulla disponibilità non solo del sindacato socialista FGTB ma anche della altra grande centrale CSC di orientamento cristiano e – sorprendentemente – per lo più anche del sindacato liberale  ACLVB. Questa militanza unitaria naturalmente è un pugno nell’occhio dei nazionalisti fiamminghi della N-VA (Nuova Alleanza Fiamminga) , populisti di destra che sono da sempre contro il movimento operaio. La seguente corrispondenza per il quotidiano della sinistra alternativa tedesca “Junge Welt“ del 28 ottobre 2015 rivela un attacco frontale contro i sindacati belgi.

 

I nazionalisti fiamminghi della Nuova Alleanza Fiamminga (NVA) hanno lanciato un attacco frontale contro i sindacati in Belgio. I membri del sindacato in futuro non dovrebbero più dedurre i loro contributi dalle tasse. Inoltre dovrebbero pagare loro anche la parte dell’imprenditore alla quota sindacale. In Belgio le imprese pagano attualmente circa 90 euro l’anno per ogni membro alle organizzazioni dei lavoratori. “L’adesione al sindacato non deve essere stimolata fiscalmente”, rileva Peter Dedecker, membro del Parlamento belga, sul sito del settimanale di centro-sinistra “Knack.be”. La misura significherebbe fino a 100 milioni di euro di entrate addizionali per lo Stato, secondo i calcoli di Dedecker.

L’iniziativa legislativa della N-VA, che governa come primo partito la regione delle Fiandre e fa parte a livello nazionale a Bruxelles, della coalizione del primo ministro Charles Michel, ha un potenziale dirompente.

Il Belgio è un paese con un forte tasso di sindacalizzazione. Degli undici milioni di abitanti sono quasi 3,5 milioni di membri di un sindacato. Questo si traduce in una maggiore capacità di azione dei sindacati che ovviamente ne fanno uso. In segno di protesta contro le politiche di austerità antisociali del  governo neoliberale di Michels, non passa ormai  un mese senza uno sciopero in Belgio. Ultimis ono stati i ferrovieri hanno portato una settimana fa il traffico nel paese ad un punto morto, per contestare i licenziamenti imminenti. “È l’ennesimo attacco su di noi”, ha risposto Mario Coppens, il leader del sindacato liberale ACLVB, il martedì mattina al Radio 1 rispondendo all’ iniziativa dei separatisti fiamminghi. “Dopo l’offensiva sulla personalità giuridica ora arriva anche questo.” Coppens punta il dito contro un altro conflitto apertosi con la N-VA. Secondo quest’ultima i sindacati dovrebbero, pagare i costi provocati dagli scioperi.

La discussione è diventata più aspra la scorsa settimana dopo una cittadina danese di 73 anni è morta durante lo sciopero del 20 ottobre in un ospedale di Liegi, perché il chirurgo- presumibilmente a causa di un blocco stradale fuori della città – non è potuto arrivare in tempo nella sala operatoria. Inoltre c’è stato un uomo colpito da un attacco di cuore durante un ingorgo causato dai blocchi stradali. I sindacati si rammaricano per l’incidente, ma danno la colpa della morte della donna all’ospedale, perché l’ospedale per questo caso aveva nessun piano B. La clinica dalla sua parte ha presentato denuncia contro ignoti per omicidio colposo.

I blocchi stradali sono infatti vietati dalla legge in Belgio, ma la polizia li scioglie soltanto di rado. Questa volta, però, ha trasmesso al procuratore i nomi di alcuni dei partecipanti al blocco. Se condannati, i sindacalisti potrebbero essere sanzionati con multe oppure fino a dieci anni di prigione.

“Se c’è da piangere i morti a causa degli ostacoli, costruiti dai militanti durante i picchetti, un limite viene superato,” ha strepitato la deputata della N-VA Zuhal Demir venerdì scorso: “La ‘Herenakkoord’ è morta. È morta con le due vittime innocenti di questo sciopero”. Nel cosiddetto “Herenakkoord” (che in modo più appropriato si può tradurre col termine inglese “Gentleman’s Agreement”) i sindacati e i padroni nel 2002 avevano trovato un accordo per risolvere i conflitti sociali su via non violenta e e senza fare appello ai tribunali. “Ora è “giunto il momento che i sindacati in Belgio come in altri paesi, diventino persone giuridiche e il diritto di sciopero sarà limitato dalla legge”, ha affermato la Demir. Il diritto di sciopero non starebbe così al di sopra del diritto all’integrità personale.

Nel frattempo, il sindacato cristiano CSC e ed il sindacato socialista FGTB  hanno proclamato per il 23 novembre 2015 un nuovo sciopero di 24 ore nella regione di Charleroi (la terza città di Belgio con ben 200mila abitanti e collocato in Vallonia; n.d.t.). Dunque la lotta per la giustizia sociale continua, ma continuano anche gli attacchi contro i sindacati.

* Articolo di Gerrit Hoekman; prefazione e traduzione di Raoul Rigault da “Junge Welt”

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