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L’Isis fa strage a Homs, in Rojava e in Iraq, Mosca attacca l’Arabia Saudita

I jihadisti dello Stato islamico (Isis) hanno rivendicato l’attentato con autobomba messo a segno nei pressi di un ospedale di Homs, città nel centro della Siria, che ha causato almeno 16 morti e 54 feriti. In un comunicato diffuso su un sito islamista, Daesh ha reso noto che si è trattato di un attacco kamikaze: “Abu Ahmed al-Homsi ha parcheggiato la sua auto nel quartiere di Al-Zahraa, l’ha fatta esplodere … e poi ha fatto esplodere la sua cintura esplosiva”. La città di Homs, una delle più importanti della Siria, è ritornata nei giorni scorsi sotto il controllo delle forze governative dopo il completo ritiro delle milizie ribelli islamiste.

E’ salito invece ad almeno 50 morti ed un centinaio di feriti il tragico bilancio di un triplice attacco suicida, rivendicato anche in questo caso dallo Stato Islamico (Isis) e messo a segno nella notte di ieri nella provincia di al Hasaka, nel Rojava curdo in Siria: lo hanno confermato le unità a difesa del popolo curdo (Ypg), in un comunicato. Tre kamikaze hanno fatto esplodere le loro autobomba in diversi punti della città di Tell Tamer, controllata dalle forze curde siriane e più volte attaccata dagli uomini del califfato.

Alcune ore prima, su un altro fronte, un kamikaze, anche in questo caso membro di Daesh, si è scagliato contro una postazione dell’esercito iracheno presso il confine con l’Arabia Saudita, vicino ad Anbar, ed ha ucciso soldati e ne ha feriti altri 14.

Da registrare un duro attacco del leader del Fronte al Nusra, organizzazione operante in Siria e legata ad al Qaeda, che ha bollato come un “complotto” la conferenza delle opposizioni armate siriane organizzata nei giorni scorsi a Riad e patrocinata dal regime wahabita dell’Arabia Saudita, una conferenza che si è conclusa con un accordo di massima ad avviare negoziati diretti con il regime di Damasco a condizione che il governo siriano si faccia da parte all’inizio della prevista fase di transizione. In un’intervista alla televisione Orient News, Abu Mohammad al Jolani ha bollato come un “tradimento” la presenza dei ribelli islamisti a Riad, quindi ha dichiarato: “E’ un complotto, non una conferenza. Bisogna far fallire queste conferenze e questi incontri”.

Sul fronte opposto, invece, il ministero degli esseri russo ha duramente criticato la conferenza di Riad giudicandola non sufficientemente rappresentativa (ne erano stati esclusi i curdi siriani e alcune milizie arabe operanti nel nord del paese e alleate con le Ypg nelle Forze Democratiche Siriane, ed altri gruppi laici operanti in altre regioni) accusando l’Arabia saudita di voler “monopolizzare” l’opposizione al regime di Damasco. “Nonostante gli sforzi dei colleghi sauditi, la riunione di Riad è ben lungi dal presentare in quadro rappresentativo dell’opposizione siriano…non possiamo accettare il tentativo di questo gruppo riunito a Riad di appropriarsi del diritto di parlare a nome di tutta l’opposizione siriana”.

Dall’Unione Europea arriva intanto la presa di posizione della cancelliera tedesca Angela Merkel. La leader del paese che ha appena deciso l’invio in Medio Oriente di 1200 soldati, accompagnati da navi da guerra e caccia, ha escluso una qualsiasi forma di cooperazione con il presidente siriano Bashar al Assad nella lotta contro i jihadisti dello Stato Islamico, perché a suo dire “la maggioranza” dei siriani starebbe cercando rifugio in Europa per fuggire dal suo regime. Nessun accenno alle altre cause che spingono milioni di siriani a rifugiarsi all’estero, tra cui gli attacchi delle fazioni islamiste sostenute dalle potenze occidentali, dalla Turchia e dalle Petromonarchie, le conseguenze dei combattimenti, la mancanza di lavoro, di cibo, di condizioni minime di sicurezza… “L’alleanza internazionale contro lo Stato islamico non include Assad e le sue truppe. Non dimentichiamo che la maggior parte dei rifugiati arrivati da noi è in fuga da Assad”, ha detto la cancelliera al quotidiano tedesco Augsburger Allgemeine. L’unica “soluzione” possibile alla crisi siriana, ha concluso, è “politica” e negoziata tra il regime e le opposizioni.

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