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La “Terza majdan” non ha il benestare di Washington

Nella “tre giorni” dal 19 al 21 febbraio annunciata a Kiev dalle “Forze radicali di destra” (ridenominazione in doppiopetto mimetico dei battaglioni neonazisti) per il secondo anniversario di euromajdan, è attesa per oggi una maggiore partecipazione di manifestanti in majdan Nezaležnosti. Quantomeno, questo è ciò che è stato promesso dagli organizzatori a quegli attivisti che ieri si erano ritrovati davvero in pochi a dare l’assalto alle rappresentanze ucraine delle banche russe o “filo-russe” nel centro di Kiev.
Nella notte, secondo la Tass, non più di duecento persone hanno presidiato la tendopoli allestita nei pressi della Rada suprema. Al momento, pare che “l’inizio della rivoluzione”, o “Terza majdan”, annunciata con tanto di sventolio di “denti di lupo” e tridenti nazionalisti debba essere temporaneamente rinviato. Vero è che il “servizio d’ordine rivoluzionario” si sta dirigendo su piazza Indipendenza, per sorvegliare la “narodnaja veče” – l’assemblea popolare della vecchia Rus kievliana – ma non sembra che i cittadini della capitale mostrino particolare voglia di prendervi parte. Comunque, i “volontari” in mimetica hanno circondato la piazza e, secondo Oko-planet.su, hanno già avanzato le principali richieste “rivoluzionarie”: dimissioni di presidente e governo e immediata rottura degli accordi di Minsk. C’è da dubitare che la giornata di oggi si concluda proprio a tarallucci e vino: tra i reparti che stanno affluendo nel centro di Kiev ce ne sarebbero anche alcuni provenienti direttamente dal fronte del Donbass.
Più ottimistiche le previsioni dell’agenzia Novorossija, secondo cui il presidente Porošenko avrebbe forze (non solo militari) sufficienti a spazzar via ogni traccia di Majdan-3. Questo potrebbe esser vero, di fronte a un rinnovato connubio tra presidente e primo ministro, pupillo del Dipartimento di stato – che al momento non pare davvero propendere per i “rivoluzionari” majdanisti – anche se un’altra pedina del gioco filo-UE, Julia Timošenko, dopo l’uscita del suo partito Patria dalla coalizione che sostiene il governo Jatsenjuk, chiama oggi il presidente a convocare una riunione straordinaria della Rada. Questo perché, afferma, “sta esplodendo un’altra majdan, il governo è stato sfiduciato de facto, la coalizione dissolta e il potere è in mano ai clan” e bisogna andare a elezioni anticipate. Ma la Nuland lo sa?
In effetti, scrive stamani RT, nella notte tra sabato e domenica, il vice Ministro della difesa, Aleksandr Dubljan, è arrivato in piazza Indipendenza e ha preso alloggio nel prospiciente albergo “Kazatskij”, per tenere sotto controllo la “situazione conflittuale” che, a suo dire, non sembra richiedere l’uso della forza e che “deve essere risolta con mezzi pacifici”.
Che a Kiev, per ora, la “Terza rivoluzione” rimanga più nelle intenzioni di gruppi limitati di squadristi, per quanto pericolosi e non certo pacifici, appare anche dalla corrispondenza diffusa già ieri da Pravda.ru, secondo cui i cittadini di Kiev non dimostrano particolare entusiasmo né di unirsi ai “bravi” dei battaglioni, né di “onorare” ufficialmente il secondo anniversario di euromajdan e la cosiddetta “Centinaia celeste”, cioè i morti negli scontri di due anni fa. C’è da meravigliarsi? “Non mi attendo nulla di buono dal governo”, ha dichiarato un cittadino intervistato dall’agenzia FAN; “anche solo a paragone di un anno fa, tutto è andato sempre peggio. Ho ancora il lavoro, ma ogni giorno mi aspetto che la direzione ci mandi tutti a casa. E a Majdan non c’è stato nessun eroe: alcune canaglie hanno sparato su altri banditi. E anche oggi sono tutti pronti a mordersi a morte reciprocamente”. Un altro intervistato, portato da L’vov a Kiev insieme a studenti, scolari e dipendenti pubblici per “onorare l’anniversario”, ha ammesso di essere stato tra gli attivisti di euromajdan e che “il bagno di sangue in piazza Indipendenza fu provocato dall’opposizione, che cominciò a sparare sulla milizia del Berkut; dopo di che i radicali di destra seguitarono a far uso di armi e bottiglie incendiarie e il risultato furono decine di morti da entrambe le parti”.
In definitiva, scrive The WashingtonTimes, ripreso da RT, a oggi, Vladimir Putin può dormire tranquillo: gli stessi politici ucraini stanno disfacendo il proprio paese. “In Ucraina non sono riusciti a vincere la corruzione; tutti i politici, invece di risolvere i problemi del paese, lottano per rimanere al potere. Questa situazione sta causando forte malcontento sia in Occidente che all’interno del paese”, scrive il quotidiano conservatore statunitense. “Scompare la fiducia nella capacità del governo di realizzare la volontà e i sogni di majdan” scrive ancora TWT. “Le persone stanno perdendo sempre più la pazienza. Sono infuriati, per il fatto che più di 100 persone hanno sacrificato la loro vita per la rivoluzione e la libertà, ma il loro sacrificio è stato vano. Due anni più tardi, vedono che non è cambiato nulla”, scrive The Washington Times, aggiungendo che anche il FMI sta perdendo la pazienza e non ritiene possibile continuare a finanziare l’Ucraina.
Al solito dunque, dopo che ieri il vice presidente USA Joe Biden si è congratulato per telefono col presidente Porošenko e il premier Jatsenjuk, in occasione del secondo anniversario di “cambio del potere” e, secondo il comunicato diffuso dalla Casa bianca, si è detto “entusiasta per i progressi compiuti dall’Ucraina” in questi due anni, si attendono ora istruzioni più precise da Washington.

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Video con l’irruzione compiuta ieri dagli squadristi dell’OUN (nome ripreso dai banderisti filo-SS nella seconda guerra mondiale) negli uffici delle rappresentanze della russa Sberbank e di Alfa-bank, di proprietà del magnate del Donbass Rinat Akhmetov


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