Menu

Scarcerato Arnaldo Otegi, libero il ‘Mandela basco’

Arnaldo Otegi non è più, da qualche ora, il prigioniero numero 8719600510, la matricola al quale è intestato su facebook un popolare gruppo di solidarietà più volte chiuso dal social media e ogni volta riaperto.
Stamattina alle 8.54 in punto lo storico dirigente della sinistra patriottica basca è uscito dal carcere di Logroño, piccola comunità autonoma confinante con quella basca, dove ha trascorso buona parte della sua prigionia. A riceverlo centinaia di persone, attivisti, rappresentanti politici, intellettuali, artisti, familiari, amici. E tanti giornalisti. Dopo sei anni e mezzo si conclude così la carcerazione per quello che in molti, e a ragione, hanno definito il ‘Mandela basco’. Nonostante da leader del partito Batasuna, messo fuori legge dallo Stato Spagnolo, Otegi fosse stato il principale artefice della svolta pacifista della sinistra indipendentista – a sua volta premessa per la fine della lotta armata da parte dell’ETA – le istituzioni politiche e giudiziarie di Madrid decisero di chiuderlo in una cella con una sentenza esemplare, sfruttando una legislazione d’emergenza che tuttora considera gravi crimini comportamenti che altrove rappresentano una normale prerogativa per un leader politico. 
Neanche in occasione della sua liberazione gli ambienti spagnoli più reazionari hanno rinunciato alla loro vendicativa aggressività, chiedendo che l’atto di benvenuto organizzato fuori dalla prigione fosse proibito dalle autorità in quanto configurabile come ‘incitamento al terrorismo’. Una richiesta che, questa volta, la magistratura non ha potuto accogliere, lasciando a bocca asciutta i fascisti e i nazionalisti spagnoli di varia specie.
E così accanto alle ikurriñe, le bandiere basche, nel gelo del mattino sventolavano bandiere catalane e andaluse, quelle gialle con l’aquila nera della Navarra e altre ancora… Dopo aver dato e ricevuto centinaia di abbracci, Otegi ha improvvisato un veloce comizio dall’imponente palco montato per l’occasione da Sortu. “Dicono che in Spagna non ci sono prigionieri politici. Basterebbe vedere la quantità di telecamere presenti qui per smentire questa bugia”, ha affermato beffardo, ricordando che fu imprigionato perché “scommetteva sulla pace” ed ha ringraziato la militanza indipendentista per aver tenuto fede agli impegni “nonostante le provocazioni”. “Siamo entrati in carcere da indipendentisti e da socialisti – ha urlato – e ne siamo usciti ancora più indipendentisti e più socialisti”.
Negli ultimi anni il parlatorio del carcere di Logroño è stato una meta di pellegrinaggio non solo per gli avvocati, i familiari, gli amici e i dirigenti della sinistra abertzale, ma anche per esponenti di varie forze politiche dello Stato Spagnolo e di tutto il mondo, di giuristi e mediatori internazionali, di giornalisti. Anche se Sortu, il partito erede di Batasuna, al congresso di fondazione prese atto dell’impossibilità per Otegi e gli altri leader incarcerati di mantenere la direzione e designò quindi nuovi dirigenti e portavoce, l’opinione di Arnaldo è sempre stata una priorità per tutto il movimento abertzale. Il cui popolo oggi ha accolto Otegi con entusiasmo e speranza, confidando che il carisma, la simpatia, la popolarità del rispettato leader possano imprimere una inversione di rotta a un innegabile processo di indebolimento che dalla fine della lotta armata ha ridotto l’influenza della sinistra basca, un tempo potente motore sociale e politico. 
In risposta a chi lo pressava per sapere se accetterà la candidatura a lehendakari – cioè a governatore della Comunità Autonoma Basca – Arnaldo ha risposto maliziosamente parafrasando un antico e fortunato slogan della sinistra indipendentista negli anni ’70 e ’80, quando le organizzazioni popolari basche erano impegnate in uno scontro frontale con lo Stato e le istituzioni nate dall’autoriforma del franchismo che di fatto lasciarono tutto com’era, seppur adottando una nuova veste più moderna e in linea con le necessità della Nato e dell’UE. “Il miglior lehendakari è il popolo” ha detto Otegi, modificando lo storico “Il miglior sindaco è il popolo”. Ma da mesi ormai il conto alla rovescia in vista della sua liberazione era partito non solo tra i militanti e i simpatizzanti della sinistra abertzale, ma anche negli stati maggiori di tutte le forze politiche basche: la candidatura di Otegi alla guida di un fronte indipendentista e di sinistra alle prossime elezioni autonomiche potrebbe creare non pochi problemi sia al Partito nazionalista basco – la principale forza politica, liberalcristiana e regionalista – sia alla sezione locale di Podemos, che negli ultimi due anni ha fatto incetta di voti indipendentisti attraendo i consensi di vasti settori alla ricerca di un movimento in grado di dare una spallata al sistema, a partire dalla critica alle istituzioni, alla corruzione e all’austerità. In molti si sono rivolti altrove, percependo la sinistra indipendentista come una forza politica “tra le altre e come le altre”, avvertendo un progressivo venir meno di qualla alterità ideologica, programmatica e organizzativa che da sempre ha contraddistinto il movimento popolare basco e la sua rappresentanza politica. La speranza è che Otegi, fautore della svolta pacifista ma animato da una cultura e da un’identità politica fortemente radicate nella tradizione operaia e combattiva del movimento indipendentista, possa tornare a mobilitare, a riattivizzare settori sociali e politici rimasti finora al margine.
Se Otegi punterà o meno alla lehendakaritza si capirà entro i prossimi giorni. Dopo il primo piccolo bagno di folla di stamattina è atteso nel pomeriggio nel suo paese natale, Elgoibar. E già sabato, nel velodromo di Donostia, potrà tornare ad arringare le folle come nei tempi d’oro, quelli che sono costati il carcere a lui e a centinaia di militanti e dirigenti politici e sindacali. Tra questi l’ex segretario generale del sindacato indipendentista Lab, uno dei maggiori della scena basca, che continua a scontare una pena inflitta anche in quel caso a partire da reati di pura opinione ed arrestato il 16 ottobre del 2009, lo stesso giorno di Otegi, con l’accusa di aver ricostituito Batasuna, sciolta d’autorità da Madrid in quanto ritenuta ‘emanazione dell’Eta in campo politico-istituzionale’. L’accusa si tramutò, al termine di un processo farsa, in una condanna a 10 anni di carcere tanto per Otegi che per Rafa Diez, accusati di appartenere all’ETA “col grado di dirigenti”.  Una pena poi ridotta a sei anni e mezzo nel 2012 dal Tribunale Supremo.
Se Otegi diventerà o meno presidente della Comunità Autonoma Basca allo stato è difficile dirlo. Nel caso, sarebbe l’ennesimo ‘terrorista’ a diventare acclamato e riconosciuto leader politico e istituzionale, proprio come Nelson Mandela (tenuto conto delle debite differenze). Di sicuro c’è che per la maggior parte dei 400 prigionieri politici baschi la pena da scontare rimane lunga, lunghissima. 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *