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Kiev: la boxe al posto della politica

“Scusate, ma siamo in Ucraina”. Prendendo lezioni di dizione dal sindaco di Kiev Vitalij Kličko, il governo ucraino potrà giustificare così, di fronte alla nazione, l’aumento del 50% del prezzo del gas e del 80% del riscaldamento centralizzato dal prossimo aprile, dopo che da oggi è aumentato del 25% il prezzo dell’energia elettrica. Considerati gli aumenti programmati da ora a marzo 2017, rispetto ai prezzi del 2014 l’aumento sarà dal 300 al 400%. Ma, “scusate, siamo ucraini”.
D’altronde, è già diventata “virale” la frase del più volte campione del mondo di boxe nel corso di un’intervista ad Al Jazeera. In risposta alla domanda del giornalista Mehdi Hasan, secondo cui, non solo quelli russi, ma anche i media statunitensi hanno notato le svastiche sulle auto del battaglione “Azov” e di altre formazioni, Kličko, da tempo noto per le sue non comuni capacità nello sgrammaticare anche le frasi più semplici, ha detto di non vedere svastiche, ma “io parlo con la gente e noi difendiamo il nostro territorio e il nostro paese”. Alla domanda sulle violazioni dei diritti umani e le rilevazioni di Human Rights Watch e Amnesty International, il sindaco della capitale ucraina ha insistito che “noi difendiamo il nostro paese”. E, per quanto riguarda le torture, i rapimenti, le sofferenze dei civili: “Prego, io non so dove prendiate queste informazioni”; da Amnesty International, ha replicato Hasan: “Lei ha sentito parlare di questa organizzazione?”. Risposta: “Scusate, io sono dell’Ucraina”.
E se Kličko già in passato aveva dichiarato che “affinché l’acqua sia calda deve prima essere scaldata” o che “Noi abbiamo bisogno di soldi, perché non abbiamo bisogno di soldi”, ecco che ora la Rada suprema, evidentemente a corto di questioni vitali per il paese e in cerca proprio di quei soldi, è tornata a chiedere al Gran Khural di Stato (il parlamento mongolo) che l’Ucraina venga compensata per il genocidio degli ucraini all’epoca di Batu Khan (nipote di Gengis Khan) e dell’Orda d’Oro, nel XIII secolo. A una simile richiesta, già avanzata lo scorso anno, lo speaker del Khural, Zandaahuughijn Enkhbold, non poteva che rinnovare la stessa risposta fornita a suo tempo e degna della domanda, precisando che “il mondo non ha mai conosciuto o sentito dire di alcuna nazione ucraina, tanto meno all’epoca dei discendenti del Grande Temujin”. All’epoca dell’Orda d’Oro, ha detto Enkhbold, esisteva solo la Rus di Kiev; comunque, se la Rada fornirà l’elenco di tutti i cittadini ucraini periti nel genocidio e dei loro parenti, Ulan Bator è pronta a pagare: “attendiamo con impazienza la pubblicazione dell’elenco completo delle vittime”, ha concluso Enkhbold.
Evidentemente a Kiev si teme già la chiusura dei rubinetti finanziari UE e si stanno cercando nuove linee di credito senza interessi.
In ogni caso, se la richiesta avanzata al Gran Khural non dovesse andare in porto, la Rada potrebbe ancora chiedere al Foreign office di dirottare su Kiev i fondi che attualmente prendono la via di TV liberali russe quali RBK o Dožd, “premiati” per “l’efficacia del lavoro” e le “necessarie informazioni fornite” al Whitehall di sua maestà.

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