Ancora un brutto segnale, dall’America Latina. E’ quello proveniente dal Perù dove ieri il primo turno delle elezioni presidenziali – ma si è votato anche per il rinnovo dei 130 seggi del parlamento – ha sancito la vittoria di Keiko Fujimori, figlia del contestatissimo ex capo dello stato Alberto ed esponente della destra liberista e filo statunitense.
Stando a risultati ancora parziali – sono state scrutinate il 40% delle schede votate – la Fujimori, a capo del partito ‘Fuerza Nueva’, dovrà vedersela al ballottaggio, previsto per il 5 giugno, con l’ex ministro conservatore ed ex economista della Banca Mondiale Pablo Kuczynski, ma forse potrebbe avere qualche chance di accedere al secondo turno anche la parlamentare di sinistra Veronika Mendoza.
Keiko Fujimori sembra aver fatto meglio di quanto prevedessero i sondaggi a lei favorevoli della vigilia, ottenendo circa il 39% contro una media del 35 predetta dai vari istituti demoscopici. Allo stato il suo sfidante Kuczynski, 77 anni, altrettanto liberista e di destra, è accreditato del 24% mentre la trentacinquenne Mendoza è più indietro con il 17% circa. In attesa di sapere a chi andrà la presidenza il partito reazionario guidato da Fujimori si è già garantito il controllo nel Congresso. Molto modesto invece il risultato di Alan Garcia che, nonostante sia stato per ben due volte presidente della Repubblica, ha ottenuto ieri solo il 5%.
Che la quarantenne Keiko sia giunta in testa nel voto di ieri è davvero paradossale, a conferma del vento reazionario che spira nell’America Meridionale da qualche anno a questo parte e che ha già visto la vittoria di Macri in Argentina, quella delle destre reazionarie in Venezuela e il montare degli ambienti oligarchici in Brasile impegnati in una strumentale campagna contro la corruzione del governo guidato dal Partito dei Lavoratori.
La candidata vincitrice del primo turno di ieri, infatti, è di fatto un clone politico del padre, Alberto Fujimori, in carcere per una condanna a ben 25 anni di reclusione per gravi violazioni dei diritti umani – di fatto la strage di centinaia di peruviani – perpetrate durante la sua presidenza dal 1990 al 2000. Fujimori – che con una sorta di autogolpe nel 1992 sospese le libertà democratiche e represse nel sangue ogni tipo di opposizione politica e sociale – è stato condannato per aver commissionato omicidi, rapimenti, tortura, sterilizzazioni forzate. Come se non bastasse l’ex presidente è stato condannato anche al termine di due processi per appropriazione indebita e corruzione.
Eppure sua figlia è diventata negli ultimi tempi una sorta di eroina non solo delle corrotte classi dirigenti del Perù, ma anche un punto di riferimento per ampi settori popolari. D’altronde la giovane ma esperta Keiko ha calcato la mano durante la campagna elettorale – sostenuta da molti media – su due temi: la riconciliazione – cioè un colpo di spugna sulle responsabilità della sua famiglia e dei poteri forti che Alberto Fujimori rappresentava – e la crescita, che continua da circa 15 anni ma che negli ultimi tempi sembra accusare una qualche stanchezza. “Dobbiamo tornare a premere sull’acceleratore della crescita economica affinché arrivi ai territori più lontani, migliorare le opportunità nel campo dell’istruzione, soprattutto garantire ai peruviani pace e tranquillità” ha detto alla stampa la candidata piazzatasi in testa dopo la diffusione dei primi dati. Keiko Fujimori ha inoltre puntato, per conquistare il voto della piccola e media borghesia, sull’aumento della repressione nei confronti della criminalità ed ha promesso di non adoperarsi affinché l’ex dittatore suo padre venga scarcerato prima di aver scontato la sua condanna. Ma in molti, ovviamente, non le credono.
Già nel 2011 la figlia del despota arrivò al ballottaggio delle presidenziali ma venne sconfitta dall’attuale presidente Ollanta Humala (un trasformista che all’epoca si presentò come un nazionalista di simpatie chaviste e che dopo la vittoria ha rivelato il suo vero volto liberale) perché l’elettorato contrario a Keiko Fujimori confluì sul suo sfidante. Ma il 5 giugno prossimo potrebbe andare diversamente anche se sembra scontato che Mendoza (Frente Amplio) e le altre correnti di sinistra moderata chiedano ai loro sostenitori di votare per Kuczynski (Peruanos por el Kambio) – il cui programma è di fatto una fotocopia di quello della vincitrice – pur di sbarrare la strada al fujimorismo.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa
rosolino
questa è la prova lampante che il “popolo” per l’ennesima volta non ha capito nulla