Lo scorso 13 maggio, il presidente del Venezuela Nicolas Maduro ha decretato lo stato di emergenza costituzionale ed economica, contro il tentativo di golpe dell’opposizione, appoggiato dal possibile intervento straniero, sollecitato a Washington dall’ex presidente colombiano Alvaro Uribe.
Il sito Pravda.ru pubblica oggi un’intervista dell’economista di origini tatare Said Gafurov con Henry Machuca, coordinatore a Mosca dell’organizzazione giovanile del Partito socialista unito del Venezuela. Il tema è quello del disegno USA per l’organizzazione di un colpo di stato attuato dall’opposizione, secondo i modelli messi a punto dal pentagono nei paesi arabi.
Machuka rileva la difficile situazione economica venezuelana, dovuta in larga parte alla caduta del prezzo del petrolio, fondamentale fonte del bilancio, con una perdita del 4.000% negli ultimi quattro anni. Il settore petrolifero, nazionalizzato sotto Ugo Chavez, è fondamentale per il Venezuela, tra i principali esportatori mondiali, detenendone il 7% delle riserve del pianeta, accanto al 5% di quelle del gas. Se nel gennaio 2010 la vendita di petrolio aveva portato nelle casse dello stato 3,31 miliardi di dollari, a gennaio 2016 le entrate sono precipitate a soli 77 milioni. A ciò si aggiunge la pesante siccità, che costringe le centrali idroelettriche a operare al 20% delle potenzialità, il che ha condotto alla quasi completa fermata della produzione di alluminio, altra importante fonte di entrate del paese. Machuka indica anche che delle 15 linee fondamentali della nuova struttura economica venezuelana, tese all’utilizzo delle risorse interne, molte risentono della crisi, a partire dai settori metallurgico, petrolifero e agricolo.
In questo quadro si inserisce il piano “Freedom”, per l’organizzazione di un colpo di stato, il cui primo passo consiste nelle dimostrazioni fomentate dall’opposizione, con l’appoggio USA: le cosiddette “guarimbas”, la creazione cioè di disordini senza alcuno scopo o motivazione precisa. Il secondo punto è l’organizzazione di un referendum revocatorio contro Maduro: dopo la vittoria alle elezioni parlamentari, l’opposizione sta tentando l’attacco alla Costituzione. Ci sono poi il soffocamento dei crediti, il tentativo di discreditare la leadership del paese a livello mondiale, mettendo in circolazione voci false sul commercio di armi e droga, incapacità politica, riciclaggio di denaro; si attaccano le alleanze strategiche – Cuba, Russia, Cina, Ecuador – e soprattutto l’ALBA, coi suoi orientamenti antiliberisti e le sue strutture di sostegno reciproco. Si scatena la guerra economica, con accaparramento, rivendita di prodotti di prima necessità e manipolazione dei prezzi sul mercato.
Un ulteriore punto del piano è la propaganda, a livello internazionale, di una presunta “crisi umanitaria” in Venezuela: carenza alimentare, idrica, attacco agli studenti, alla libertà di stampa, ecc. Il tutto, sul modello usato a suo tempo col Cile di Allende. Ancora un punto del piano “Freedom” è quello relativo alle pressioni che gli USA esercitano sull’Organizzazione degli Stati Americani per orientarla contro il Venezuela. Infine: guerra elettronica, spionaggio, rafforzamento dei contingenti di reazione rapida, sul modello seguito in Nicaragua e Grenada.
I programmi sociali e di sviluppo economico del presidente Maduro impauriscono certamente le banche e i monopoli statunitensi: basti pensare che il 30% delle esportazioni USA passa per i porti venezuelani e le scelte di indipendenza nazionale di Caracas non possono non impensierire Washington, al pari delle riforme sociali a favore dei settori popolari.
Dagli inizi della rivoluzione bolivariana il livello di povertà è stato ridotto in Venezuela al 9,8%; prima dell’arrivo di Ugo Chavez, si destinava solo il 36,7% del bilancio ai programmi sociali, mentre oggi si è al 62,5%. Secondo l’Unesco, il Venezuela è al secondo posto per numero di studenti universitari, con 2,7 milioni di studenti su 30 milioni di abitanti. Alla constatazione di Gafurov, secondo cui l’opposizione riunisce forze disparate, dai fascisti dichiarati, ai liberali, fino a piccoli gruppi legati al nome del defunto leader albanese Enver Hoxha, Machuka osserva che tale conglomerato potrebbe riunirsi al potere solo grazie a grossi finanziamenti stranieri. Al contrario, il sostegno a Maduro viene, oltre che da comunisti e socialisti, da un Fronte patriottico di varie altre forze, unite da un obiettivo comune, per la creazione di una società in cui prevalgano i principi democratici e operai.
Sulla situazione venezuelana, Prensa Latina riportava ieri le dichiarazioni del presidente Nicola Maduro, che ha elogiato la cosciente partecipazione popolare alla rinascita economica, contro gli attacchi della destra. Maduro si riferiva in particolare alle comunità agricole e ai consigli di contadini che, attraverso gli stanziamenti statali (100 milioni di $ per progetti di agricoltura urbana e i 175 milioni della Micromissione Agroalimentare) si sono dedicati al recupero delle aziende abbandonate. Di rilievo anche i progetti dei 9.800 Comitati Locali di Fornitura e Produzione (CLAP) in campi produttivi diversi, con l’apertura di 500 nuovi mercati comunali nei 24 stati del paese. Prensa Latina mette l’accento anche sulle misure dell’Agenda Economica Bolivariana, per la partecipazione delle comunità locali, con iniziative proprie, alla diversificazione produttiva – nei 15 settori chiave ricordati da Machuka – a partire dalle ricchezze interne, quali petrolio, oro e altri metalli preziosi. Contro quei settori dell’imprenditoria privata che, nel loro attacco alla rivoluzione bolivariana e a dispetto delle facilitazioni creditizie accordate dal governo (che consentono profitti del 1.000%) decidono di fermare gli impianti, Maduro ha detto che questi saranno consegnati al popolo per continuare la produzione.
Già diversi mesi fa Machuca ricordava come i pieni poteri accordati dal Parlamento al presidente Maduro per sventare il sabotaggio economico fossero del tutto legittimi. Ma sembra ora che il piano d’attacco alle scelte bolivariane stia entrando nella fase cruciale.
Fabrizio Poggi
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carla
Dalla morte di Chavez le cose in Venezuela sono andate di male in peggio. Non si trovano alimenti, pannolini per i bambini, farmaci di base, la gente fa la fila per un pezzo di pane. Maduro reprime duramente coloro che protestano e si oppongono al suo regime, si può parlare di tentativo di intervento americano sul paese, ma i nostri fratelli venezuelani sono davvero alla frutta. Una mia cara amica mi ha raccontato la sua esperienza personale di 3 mesi come volontariaria in un paese distrutto e disperato.
Cristian
La realtà dei fatti è che bisogna prendere atto anche dei limiti e della sconfitta del progetto “nazionalista piccolo-borghese” di Chavez e del processo bolivariano. Non si può passare solo all’esaltazione del qualcosina che ha funzionato e che sembrava andare in una buona direzione. Tutto quel sistema economico si è fondato solo su uno stato sociale assistenziale garantito dai proventi del petrolio con una grande titubanza nello sviluppo di misure economiche che realmente potessero invertire la rotta e togliere potere, anche di ricatto, alla borghesia nazionale e internazionale.
E’ necessario un piano di lotta e mobilitazione dei lavoratori e dei poveri del Venezuela, superare la difesa dell’attuale sistema di governo fondato sempre sulla democrazia borghese, rappresentativa e sul presidenzialismo per rilanciare la costruzione di un Congresso nazionale di tutti i consigli dei lavoratori e dei quartieri popolari e dei soldati con la prospettiva di costruire gli organi di autogestione dell’economia nazionalizzata, armare le organizzazioni di autodifesa di questi comitati per conferirgli il potere necessario per dare vita agli espropri e alla nazionalizzazione sotto controllo dei lavoratori. Solo così si può impedire il sabotaggio borghese e solo così si può impedire il colpo di mano reazionario che fa leva su una reale difficoltà economica del paese che è troppo dipendente dai profitti di Stato attraverso l’utilizzo delle materie prime.