Kiev e Varsavia si sarebbero accordate per studiare di comune accordo la questione dei massacri della Volinia del 1943-'44: magari per concludere che colpevole di tutto sarebbe stata, ancora una volta, l'Unione Sovietica.
I Ministri degli esteri di Kiev e Varsavia, Pavel Klimkin e Witold Waszczykowski, hanno annunciato l'intenzione di dar vita a una commissione congiunta di storici, dopo le accuse reciproche dei mesi scorsi, allorché il senato polacco aveva definito “genocidio” i massacri dei polacchi di Volynia sterminati dai filonazisti ucraini di OUN-UPA, e aveva invitato la camera bassa a stabilire l’11 luglio quale ricorrenza nazionale in ricordo delle “vittime del genocidio”, dopo di che la Rada ucraina aveva votato una risoluzione “sulla commemorazione delle vittime del genocidio commesso dallo Stato polacco nei confronti degli ucraini negli anni 1919-1951".
Che ci fosse odore di accomodamento tra golpisti ucraini e ultranazionalisti polacchi lo si era avvertito ad agosto, quando l'ambasciatore ucraino in Polonia, Andrej Deščitsa, aveva accusato Mosca di creare tensioni nei rapporti tra Kiev e Varsavia. Secondo Deščitsa, la risoluzione polacca sul “genocidio” e l'invito al Sejm a ufficializzare la ricorrenza del 11 luglio, non avrebbero “raffreddato i rapporti tra Polonia e Ucraina”; sarebbero invece i servizi segreti russi, aveva detto Deščitsa, a soffiare sul fuoco delle relazioni polacco-ucraine, attraverso “internet, in cui compaiono commenti che creano tensione nell'interesse di una parte terza”.
Ora dunque, nessun tensione tra Varsavia e Kiev (a parte, naturalmente, le dispute territoriali) e se la prima continua a ritenere i filonazisti di OUN-UPA colpevoli di quei massacri contro le popolazioni polacche di Volinja, Galizia orientale e “województwa” sudorientali della Seconda “Rzeczpospolita” (res publica) polacca, la seconda considera quegli avvenimenti come risultato della lotta tra Armia Krajowa e UPA. Varsavia parla di qualcosa come 100-130mila polacchi massacrati e istituisce la ricorrenza del 11 luglio; Kiev parla di dieci-ventimila ucraini uccisi e risponde col 24 marzo, data in cui nel 1923, a L’vov, fu adottato il giuramento del “popolo ucraino” contro “il dominio della Polonia”. Ma alla fin fine, come non era poi nemmeno tanto difficile da prevedere, “szlachta” nazionalisti si siedono a uno stesso tavolo coi banderisti neofascisti e si accordano per incolpare di tutto l’Unione Sovietica.
Ora dunque l'orientamento su cui sono chiamati a lavorare gli “storici” è quello delle “vittime dell'imperialismo russo”! Dmitrij Rodionov, sul sito Svobodnaja Pressa, scrive che l'attuale speaker della Rada, Andrej Porubij, ha invitato la Polonia ad adottare una dichiarazione comune che accusi Mosca dei massacri di Volinia: “Sono sicuro che staremo spalla a spalla coi nostri fratelli polacchi nel contrapporci all'imperialismo moscovita” ha detto Porubij, esortando anche i Paesi baltici a unirsi al coro. Alla vigilia, però, la Rada aveva condannato la risoluzione di Camera e Senato polacchi in cui si riconosce come genocidio il massacro della Volinia e il vice direttore dell'Istituto di storia patria ucraina Leonid Zaškilnjak sostiene che se ci si basa sul concetto internazionale di genocidio, allora la Polonia ha compiuto più di un genocidio di cittadini ucraini.
In effetti, la sostanza della questione, come ormai chiaro da tempo, è costituita dalle pretese polacche su territori che Varsavia continua a considerare di sua proprietà. Difficile attendersi a breve un effettivo accordo sulla questione: Varsavia continuerà a incolpare OUN-UPA del genocidio, per disporre di maggiori elementi di pressione su Kiev. Se poi ne uscirà anche una qualche dichiarazione congiunta antisovietica e antirussa, che non costa nulla alla Polonia e si inserisce anzi perfettamente nella sua linea di politica estera, ciò non significa che i “pany” polacchi non continueranno come per il passato a considerare gli ucraini della parte occidentale del paese alla stregua di propri antichi servi.
E' certo che mentre i nazionalisti ucraini già prima della guerra collaboravano coi servizi segreti nazisti, l'Armia Krajowa, nonostante tutto, faceva parte della coalizione antinazista e non potevano certo combattere uniti contro un qualsiasi imperialismo, afferma l'ordinario di politica estera dell'Università umanistica russa, Vadim Trukhačev. Per “genocidio”, dice Trukhačev, si intende “lo sterminio consapevole su base nazionale, religiosa, di classe o di altro genere. Durante la guerra, in effetti, la Polonia oppresse gli ucraini, impose loro la lingua polacca, combatté contro i nazionalisti ucraini, li mise in galera; dopo la guerra, gli ucraini rimasti in Polonia furono deportati lontano dal confine sovietico. Ma la Polonia non ha condotto uno sterminio di massa degli ucraini su base nazionale; mentre invece il "massacro della Volinia” fu una pulizia etnica di polacchi da parte dell'UPA. E' improbabile che si sia trattato di genocidio” conclude Trukhačev, “l'eliminazione interessò una piccola parte dei polacchi etnici. Ci fu invece una pulizia etnica con elementi di genocidio. Presentare gli ucraini (soprattutto quelli occidentali) come "vittime di una pulizia" costituisce la base del mito nazionalista ucraino per giustificare i crimini commessi da OUN-UPA contro russi, polacchi, ebrei, cechi e, soprattutto, ucraini”.
Se non è chiaro quanto i Paesi baltici siano direttamente interessati a sottoscrivere la dichiarazione contro “l'imperialismo russo” (tra Varsavia e Vilnius è tuttora aperta la questione dei polacchi di Lituania), è quasi certo che un falco quale il Ministro della difesa polacco, Antoni Macierewicz, sarà prontissimo ad associarsi alla riscrittura della storia ucraino-polacca in chiave russofoba.
Una chiave che non è mancata certo nell'incontro tra Klimkin e Waszczykowski e ribadita nella volontà polacca di partecipazione all'incontro oggi a Kiev coi Ministeri degli esteri di Germania e Francia, Frank-Walter Steinmeier eJean-Marc Ayrault, sulla questione del Donbass. Una sorta di “formato normanno” a scartamento ridotto, mentre i leader di DNR e LNR, Aleksandr Zakharčenko e Igor Plotnitskij, hanno deciso di proclamare un cessate il fuoco unilaterale, ordinando alle milizie di non rispondere alle provocazioni ucraine e invitando Kiev a sospendere le ostilità. Questo, nonostante che ancora nella notte in vari quartieri di Donetsk fosse scattato un “allarme rosso” per l'intensificarsi delle azioni ucraine che, nella sola giornata di lunedì, hanno provocato almeno sei morti e oltre 20 feriti, in varie zone del fronte. Ieri, poi, tiri di fucileria e di mortaio da parte delle forze di Kiev si erano avuti lungo la direttrice Marjnka-Trudovskie, Zajtsevo, Gorlovka, e le artiglierie ucraine avevano fatto fuoco nel settore di Kominternovo-Sakhanka: ovviamente, per respingere “l'imperialismo moscovita”.
Fabrizio Poggi
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa