Per la prima volta le forze armate degli Stati Uniti sono intervenute direttamente contro i ribelli Houthi in Yemen, dopo essersi “limitate” per un anno e mezzo a fornire supporto di intelligence e logistico alle truppe dell’Arabia Saudita e della coalizione sunnita guidata da Riad che ha prima iniziato una vasta campagna di bombardamenti e poi ha invaso con migliaia di uomini lo Yemen per riportare in sella il governo fantoccio di Abd Rabbo Mansour Hadi.
Tre postazioni radar controllate dagli Houthi, che controllano il centro e il nord del paese dopo essersi ribellati al regime sunnita chiedendo la fine dell’esclusione degli sciiti dalla vita politica, sono state colpite durante la scorsa notte da tre missili Tomahawk lanciati dal cacciatorpediniere statunitense USS Nitze che staziona al largo delle coste yemenite. “Gli obiettivi degli attacchi sono stati i radar che hanno partecipato al recente lancio di missili che ha minacciato il nostro cacciatorpediniere USS Mason”, ha detto il Pentagono. “Gli Stati Uniti risponderanno a ogni altra minaccia alle nostre navi e al traffico commerciale e continueranno a garantire la propria libertà di navigazione nel Mar Rosso” ha continuato il portavoce Peter Cook sottolineando la natura di “autodifesa dell’attacco” appena sferrato e personalmente autorizzato dal presidente Barack Obama su raccomandazione del Segretario alla Difesa, Ash Carter, e del Capo di stato maggiore interforze, generale Joseph Dunford.
Domenica scorsa due missili erano stati lanciati contro un altro cacciatorpediniere statunitense, l’USS Mason che era in navigazione davanti alle coste yemenite e altri due missili erano stati nuovamente lanciati ieri contro la nave militare di Washington ieri. In entrambi gli attacchi, i missili erano finiti in mare e non avevano provocato né danni né vittime. La rappresaglia contro le forze armate statunitensi – presa di mira anche una base militare saudita che ospita i militari di Washington che appoggiano lo sforzo bellico di Riad in Yemen – era stata decisa dalla dirigenza delle milizie Houthi e dai sostenitori dell’ex presidente Abdullah Saleh dopo che un bombardamento dell’aviazione saudita aveva preso di mira un funerale a Sana’a provocando più di 150 morti.
La mossa statunitense a sostegno di Riad, che nonostante un anno e mezzo di campagna militare non è riuscita a sbaragliare la resistenza delle popolazioni sciite e di alcune fazioni sunnite loro alleate, potrebbe provocare un maggior coinvolgimento nel conflitto da parte dell’Iran e della Russia.
Nelle ultime ore il ministro delle Risorse Ittiche del governo yemenita filosaudita (che di fatti opera da Riad), Fahd Kafain, ha denunciato la presenza di una quarantina di piccole imbarcazioni provenienti dall’Iran, accusando Teheran di voler rifornire i ribelli Houthi di armi. Kafain ha riferito di aver informato la coalizione militare sunnita guidata dall’Arabia Saudita, così da ottenere un supporto per la protezione delle acque regionali dello Yemen.
Dopo qualche ora l’agenzia di stampa semi-statale iraniana Tasnim ha annunciato che Teheran ha deciso di dispiegare due cacciatorpedinieri della 34esima flotta nel Golfo di Aden, in acque internazionali ma a poca distanza da dove si trovano attualmente le navi da guerra statunitensi.
Marco Santopadre
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