Mentre si attendono le reazioni al più alto livello della politica moscovita al discorso programmatico di Donald Trump, le agenzie russe si soffermano sui momenti salienti del suo intervento di fronte al Congresso. Così, si nota che mentre Geroge Bush junior e Barack Obama avevano teso a presentarsi quali “attori globali”, Trump sembra orientarsi sul “rispetto della sovranità degli altri stati” (ma non si specifica quali) e sulla necessità di investire nell'economia USA.
Anticipando indirettamente qualche passaggio del discorso presidenziale, già ieri l'agenzia riafan.ru, dopo l'incontro tra Donald Trump e il cinese Yang Jiechi, aveva scritto che Washington vede ora la principale minaccia per gli Stati Uniti nella Corea del Nord; ma, una decina di giorni fa, nota l'agenzia, era l'Iran e, nello stesso periodo, naviglio militare statunitense incrociava nel mar Cinese Meridionale, mentre ancora stamani l'agenzia Xinhua scriveva del colloquio telefonico tra alti ufficiali di Washington e Seoul circa il prossimo dispiegamento del sistema THAAD nella Corea del Sud. Insomma: una lista di nemici permanenti e di avversari che vengono presentati come alleati, in base alle svolte del momento. Sempre ieri, il vice Ministro degli esteri russo Sergej Rjabkov, intervenendo alla Duma a proposito delle nuove prospettive di rapporti russo-statunitensi, aveva dichiarato che “non ci sono alternative a un cambiamento in meglio dell'atmosfera” e si era pronunciato per rapporti improntati a un “dialogo pragmatico sulla base del mutuo rispetto”, in particolare in materia di sicurezza, inclusa l'intenzione USA di realizzare un sistema di difesa missilistica globale e lo sviluppo di armi strategiche non nucleari nell'ambito del programma Prompt Global Strike.
Tornando all'oggi, l'ufficiale RT, notando come Trump abbia sostanzialmente ribadito le linee preelettorali, soprattutto in politica interna, si chiede se i congressisti repubblicani appoggeranno compattamente le iniziative legislative presidenziali, in particolare in campo sanitario, migratorio e occupazionale, di alleggerimento fiscale sui profitti, oltre all'annunciato incremento di 54 miliardi di $ del bilancio per la difesa o se invece la parte avversa a Trump si schiererà con l'opposizione democratica. Ciò è tanto più importante al Senato, rileva RT, in cui la maggioranza repubblicana è di appena 6 seggi, contro i 45 alla Camera. Secondo il Direttore dell'Istituto per USA e Canada, Vladimir Vasilev, la linea di frattura parlamentare, viste le forti voci di spesa annunciate da Trump, sarà rappresentata dai conseguenti tagli nella sfera sociale: vorranno i repubblicani, si chiede l'accademico militare Sergej Sudakov, rischiare di perdere consensi in vista delle elezioni del 2018, pur se, nel suo primo mese in carica, Trump ha raccolto consensi per aver ridotto di 12 miliardi il debito pubblico. L'economista Viktor Supjan rileva come “l'insieme dell'establishment non accetti Trump. E lui ce l'ha messa tutta, in questo primo mese, per scagliarsi contro il suo predecessore Barack Obama – atteggiamento mai tenuto da nessun presidente americano – e per entrare in conflitto praticamente con tutti rami del potere, accusando i media di essere nemici del popolo: uno stile che potrebbe pesare sul processo di consolidamento”, nota Sudakov.
Sempre RT evidenzia come i congressisti democratici “siano rimasti delusi” dal discorso di Trump, in cui non è risuonata nemmeno una parola sulla minaccia russa alla sicurezza americana che invece, secondo le linee preelettorali ribadite anche ieri, sarebbe insidiata in primo luogo dal pericolo terroristico. Da parte russa, ovviamente, a parte i temi di politica interna e i sondaggi della CNN secondo cui l'80% degli americani avrebbe accolto favorevolmente il discorso presidenziale, l'interesse è concentrato su dichiarazioni quali “noi ora siamo amici di alcuni nostri ex-nemici”. Anche Vladimir Filippov, su Radio Sputinik, pone l'accento sullo spirito del discorso: prima di tutto gli interessi americani; per quanto riguarda l'estero, ne parliamo dopo e per ora non andiamo a immischiarci in giro per il mondo.
Un po' diverso il discorso sull'Alleanza Atlantica. Stamani la Tass rilevava, tra i punti del discorso presidenziale, il deciso appoggio alla Nato – non certo dato per scontato, in base agli annunci elettorali – e l'aumento delle spese militari, pur con la rinuncia all'interventismo estero e la focalizzazione sui problemi interni, sociali ed economici, con la richiesta al Congresso di stanziare 1 trilione di $ nelle infrastrutture. In politica estera, sottolinea la Tass: la constatazione di aver ereditato “una serie di tragiche catastrofi” e, ora, la “ricerca di nuovi alleati” e “l'avvio di nuovi rapporti di partenariato, là dove gli interessi comuni coincidono”, perché “vogliamo armonia e stabilità e non guerre e conflitti. Vogliamo la pace, dove può esser raggiunta”. Naturalmente, le agenzie russe non potevano sottacere il richiamo ai “nostri partner” della Nato ad “adempiere i propri impegni finanziari. E ora, dopo discussioni molto franche e prolungate, essi cominciano a farlo”. La Tass ricorda anche, tra i punti salienti di scelte estere, la conferma di saldi rapporti con Israele, ribadita a inizio febbraio dall'inasprimento delle sanzioni USA contro l'Iran. Riguardo allo Stato Islamico, secondo Trump, gli USA intendono “operare insieme ai nostri amici e alleati del mondo musulmano, per estirpare questo nemico malefico del nostro pianeta”.
Nessuna reazione ufficiale per ora nemmeno a oriente: l'agenzia Xinhua si limita a riportare in modo stringato le principali linee interne ed estere enunciate da Trump: in particolare, si citano le parole sul “rispetto del diritto di tutte le nazioni a tracciare la propria strada”, perché “il mio lavoro non è quello di rappresentare il mondo. Il mio lavoro è quello di rappresentare gli Stati Uniti d'America", riecheggiando la sua politica di "America First".
Nessun cenno al discorso sulle principali agenzie nordcoreane: Rodong Simun e KCNA. A Pyongyang si accolgono in altro modo le scelte di Donald Trump.
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