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NATO, NATO über alles, über alles in der Welt

La riunione dei Ministri della difesa della NATO, giovedì e venerdì scorsi a Bruxelles, ha prodotto poche novità; o meglio: ne ha sfornate solo di negative, condensate in un cosiddetto “Piano generale di difesa da un potenziale attacco russo su più direttrici“; un piano che, come ha detto il segretario generale Jens Stoltenberg, è l’ennesimo tentativo dell’Alleanza atlantica di «contenere la Russia, nonostante la nuova minaccia costituita dalla Cina».

Ufficialmente: un Piano che metta in grado la NATO di rispondere al “comportamento aggressivo della Russia, al terrorismo, agli attacchi informatici e le tecnologie destabilizzanti, alla crescita della Cina e alle implicazioni del cambiamento climatico sulla sicurezza”.

Pur se si mette già nero su bianco anche l’obiettivo cinese, il punto focale rimane la Russia, che “sviluppa moderni sistemi d’arma e schiera truppe e mezzi ai confini degli alleati della NATO”. Cioè: è la Russia che si sposterebbe verso ovest!

Corollario: Mosca non può impedire l’ingresso dell’Ucraina nella NATO; e, a proposito dei timori di Vladimir Putin, secondo cui la recente visita a Kiev del Segretario alla difesa USA, Lloyd Austin, aprirebbe di fatto le porte della NATO all’Ucraina, Stoltenberg giura che «la NATO è un’alleanza difensiva» e, comunque, la decisione di aderirvi «sarà presa dall’Ucraina e dai 30 Paesi membri. Nessun altro Paese ha diritto di intromettersi».

Il fatto è che Austin ha detto chiaro e tondo che Washington, oltre a continuare a rifornire Kiev di armi, appoggia in ogni modo l’ingresso dell’Ucraina nella NATO.

«Solo frasi generiche», commenta Andrej Kots su RIA Novosti: nonostante i giubili ucraini, Austin non ha detto nulla di concreto, pur se, in contemporanea al suo arrivo a Kiev, due bombardieri strategici B-1 USA sorvolavano il mar Nero vicino alle coste della Crimea.

Non che anche questa sia una novità: già un paio di mesi fa, Vladimir Zelenskij aveva detto che la NATO deve accrescere la propria presenza nel mar Nero, per contrapporsi «alla crescente presenza di truppe russe nella regione».

Anche senza parlare delle “scappatelle” navali (il cosiddetto casuale scarrocciamento” del cacciatorpediniere britannico “Defender” nel giugno scorso, per esempio), le fonti russe ricordano che nel 2020, aerei da ricognizione USA e NATO sono stati segnalati in prossimità della Crimea molto più spesso dell’anno precedente e dal 2014 hanno gradualmente aumentato la presenza militare nell’intera regione, dal mar di Barents all’Estremo Oriente.

Nel 2019 aerei NATO si erano avvicinati alla Crimea 270 volte, ma nel 2020 più di 560 volte, con l’obiettivo di studiare i sistemi di difesa antiaerea e anti-nave lungo le coste russe.

In ogni caso, che i discorsi sull’adesione di Kiev alla NATO siano solo parole o qualcosa di molto più concreto, hanno provocato un intreccio di dichiarazioni: Mosca adotterà «le più concrete misure atte a garantire la propria sicurezza», dice il portavoce presidenziale Dmitrij Peskov, e il vice Ministro degli esteri Andrej Rudenko definisce l’eventuale adesione «un passo estremamente pericoloso», cui Mosca reagirebbe «in modo adeguato».

Kiev non si preoccupa dell’opinione di Mosca, afferma il Ministro della difesa golpista Dmitrij Kuleba; la questione preoccupa invece molto gli alleati europei degli USA membri NATO, che non ardono dalla voglia di entrare in guerra con una potenza nucleare, solo per un nuovo membro dell’Alleanza, replica il senatore russo Aleksej Puškov.

Come che sia, commenta Andrej Kots, prima o poi Kiev entrerà nella NATO: gli americani hanno speso già troppo per modernizzare le forze armate ucraine e gli yankee non spendono mai soldi senza prospettive di profitti.

Come afferma l’esperto militare Konstantin Sivkov, il Pentagono sta già addestrando reparti ucraini di “primo scaglione” che, in caso di conflitto NATO-Russia, saranno i primi a rimetterci la pelle. Di più: se l’Ucraina aderirà all’Alleanza, alle sue frontiere orientali appariranno subito apparecchiature di intercettazione, sistemi Aegis yankee, missili a medio e corto raggio.

E non si deve dimenticare il Donbass, afferma Sivkov: non è escluso che, in caso di adesione alla NATO, truppe dell’Alleanza combattano anche ufficialmente contro le Repubbliche popolari; quantunque al momento, in base allo statuto della NATO, proprio il conflitto in Donbass costituisca (formalmente) un ostacolo all’ingresso ucraino nell’Alleanza, dato che ne sono esclusi Paesi interessati da conflitti territoriali, etnici o politici irrisolti.

È un fatto che, già alcune settimane fa, la stessa The American Conservative scrivesse che Washington cerca di evitare il tema dell’adesione formale ucraina alla NATO, ma di fatto considera Kiev già membro dell’Alleanza, soprattutto dopo i “dissapori” con Berlino per il North stream-2 e con Parigi per la questione dei sottomarini da destinare all’Australia, ma con Francia e Germania che considerano Kiev un “partner scomodo”.

Dunque, si diceva: Russia nemico più prossimo, ma accanto alla «nuova minaccia costituita dalla Cina». Stoltenberg ha dichiarato al Financial Times che «Pechino è inclusa nell’elenco degli obiettivi dell’Alleanza nord-atlantica», per il rapido sviluppo cinese, in particolare nel settore cyber, l’adozione di nuovi armamenti, come i missili ICBM e ipersonici, l’attivismo cinese in Artico e le «importanti infrastrutture critiche» in Europa, nel quadro del “Belt and Road”.

Ma tra le “novità” di Stoltenberg, scrive Vladimir Pavlenko su IA Rex, spicca l’asserzione che la NATO dovrebbe smettere di guardare a Cina e Russia separatamente, e riunire invece queste due “minacce” in una sola, comune e maggiore: «Tutte queste differenze tra Cina, Russia, Asia-Pacifico, Europa, sono relative; questa è in realtà un’ampia sfera della sicurezza e dobbiamo risolvere tutti i problemi a ciò connessi, come un unico complesso».

Per cercare di convincere i “riottosi” partner europei di Washington (ai pruriti dell’asse Berlino-Parigi, si aggiungono ora le ripicche di Erdogan, che dichiara “persona non grata” gli ambasciatori di USA, Germania e di un’altra decina di paesi) Stoltenberg agita lo spauracchio dei missili ICBM cinesi, così che è tempo per gli europei di unirsi a Washington nelle sue spedizioni nel Pacifico (e oltre) per una effettiva “globalizzazione” della NATO che, di fatto, è già sotto gli occhi di tutti.

«La NATO è un’alleanza tra Nord America e Europa; ma questa regione si scontra con sfide globali: terrorismo, problemi nel cyberspazio e ascesa cinese», dice Stoltenberg, bacchettando gli europei che, secondo lui, avrebbero dovuto continuare a farsi carico della questione afgana, liberando così le forze yankee per «respingere la minaccia cinese».

Ora, scrive Pavlenko, queste uscite di Stoltenberg paiono palesare che «il problema principale per Washington e, di riflesso, per la NATO, alla cui musica balla l’Alleanza, non siano Russia e Cina, ma l’Europa».

Dopo i recenti colloqui telefonici tra Xi Jinping e il capo del Consiglio europeo Charles Michel, sembra che a Washington siano davvero spaventati per un possibile accordo Cina-Europa alle spalle degli USA.

Effettivamente, le dichiarazioni di Stoltenberg non arrivano di punto in bianco: sono state precedute dalla liquidazione della rappresentanza russa presso la NATO e dalla conseguente sospensione della missione NATO in Russia.

Ora, questo “agente monomandatario” di Washington in Europa, diffida i “vecchi europei” dal rifiutare di «contenere la minaccia russa», per non innervosire i “nuovi europei” e, agli uni e agli altri, dice che la Cina, con cui cooperano nel formato 17+1, e la Russia, che essi temono, non sono altro, come diceva Ronald Reagan, che «due teste di un unico male universale», contro cui la NATO è l’unica difesa.

Una NATO che, insieme agli Stati Uniti, debba spaziare da Taiwan all’Artico, per contrastarvi il predominio russo e cinese. Una NATO “globale”, dall’Ucraina alla regione Asia-Pacifico; una NATO che interagisca con AUKUS, QSD e quant’altro e dispieghi una strategia comune nelle acque meridionali e orientali.

Una NATO cioè che accantoni le pretese di autonomia dal Pentagono e i cui membri, scrive Pavlenko, assolvano pienamente il compito di «satelliti europei degli USA che, contro la propria volontà, rimangano legati alle avventure al di fuori dei confini della responsabilità territoriale formale del blocco. Chi non ha ancora capito che l’Afghanistan era solo una “prova generale”?».

Pronta la risposta entusiasta della Ministra della difesa tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer che, in un’intervista alla radio Deutschlandfunk, ha dichiarato che la NATO deve mostrare alla Russia di esser pronta, se necessario, a ricorrere alle armi, anche nucleari.

La signora Kramp-Karrenbauer e il suo ministero, scrive Arnold Schölzel su Die junge Welt, «sono qualcosa del tipo della “commissione medica militare” che, nella “Leggenda del soldato morto” di Brecht, dissotterra un cadavere, lo dichiara idoneo e lo porta al fronte, mascherato da essere umano».

Quando a Bruxelles si è parlato della debacle in Afghanistan, in Germania non si intendevano le centinaia di migliaia di morti afgani, ma i soldati della Bundeswehr morti nell’Hindu Kush e Kramp-Karrenbauer, invece di dire «Mai più», urla «Sempre di nuovo».

E anche se Mosca, scrive Schölzel, non pianifica un attacco imminente, la NATO prepara un “attacco simultaneo nelle regioni del Baltico e del mar Nero”, portato con “armi nucleari, hacking di reti di computer e attacchi dallo spazio”.

Ora, come un anno fa al Bundestag, AKK ribadisce la “buona tradizione tedesca” di parlare a Mosca «da una posizione di forza», non solo minacciando una guerra nucleare, ma anche conducendola.

Rievocando la capitolazione tedesca alla fine della guerra, Schölzel conclude che, per Kramp-Karrenbauer & Co, «Kabul 2021 è come Karlshorst nel 1945: una vergogna che può essere sanata solo dalla vittoria finale. La politica irrazionale inizia sempre con una visione irreale del mondo».

A questo punto, con scenari per nulla “pacifici” a occidente e in oriente, «Chiunque voglia sapere come potrebbe essere scatenata la terza guerra mondiale», scriveva ieri Sebastian Carlens ancora su Die junge Welt, «venerdì ha avuto una risposta chiara dagli USA. Joe Biden ha chiarito alla CNN che intende difendere militarmente l’isola di Taiwan contro la Cina, nel caso questa “tenti di attaccare”», perché, ha detto “sleeping Joe”, gli USA «hanno l’obbligo di farlo».

Ci sarà anche la NATO?

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1 Commento


  • E Sem

    L’ incubo notturno piu’ terrificante del parassita di oltre oceano rimane sempre sempre lo stesso da piu’ di un secolo: un’ alleanza economica tra europa e russia. Non dobbiamo dimenticare che l’ “alleanza” occidentale, con I nuovi assetti, si trova drammaticamente carente di carne da macello, compito per ora riservato a usa, italia , a parole agli ex satelliti sovietici e in parte all’ incognita turca, la componente nazista dell’ ucraina sembra che si sia dichiarata favorevole a svolgere questo compito.

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