Il nostro amico e compagno Gianfranco Castellotti, instancabile attivista internazionalista impegnato per molti anni nella difesa dei militanti della sinistra turca, è stato fermato stamattina nel Centro Culturale Idil di Okmeydani / Istanbul insieme ad altri sette oppositori turchi.
Era in Turchia per seguire il processo ai nove musicisti del leggendario gruppo musicale Grup Yorum in prigione da quasi un anno.
Nonostante i suoi problemi di salute e nonostante l’inasprimento della repressione in Turchia, Gianfranco Castellotti è sempre stato al fianco dei suoi compagni turchi: negli incontri di sostegno alle famiglie dei manifestanti uccisi durante la rivolta di Gezi, nei sit-in degli insegnanti colpiti dalle purghe del regime, al processo agli avvocati dell’Associazione dei giuristi progressisti e dell’Ufficio degli avvocati per il popolo, ai concerti e ad altre attività politiche e culturali organizzate da Grup Yorum.
Conosceva i rischi che avrebbe corso recandosi in Turchia, ma tirarsi indietro era per lui fuori discussione. Aveva bisogno a tutti i costi di trasmettere il suo calore umano e il suo spirito combattivo ai militanti rinchiusi nelle fredde celle delle prigioni di tipo F.
Al momento, Gianfranco Castellotti è stato privato della libertà e delle medicine. La sua detenzione potrebbe durare diversi giorni a causa del regime d’emergenza attualmente in vigore in Turchia.
Noi, firmatari di questa lettera, chiediamo al governo italiano di mettere in atto ogni sforzo possibile per ottenere l’immediato rilascio del nostro amico Gianfranco Castellotti e il suo rimpatrio nelle migliori condizioni.
ANTI – IMPERIALIST FRONT – ITALIA
E compagne e compagni solidali di Massa Carrara e della Toscana
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Gianni Sartori
La notizia che da venerdì 5 ottobre Gianfranco Castellotti, arrestato il giorno prima, è in sciopero della fame, inevitabilmente, mi ha riportato a quel vago senso – ma neanche tanto vago, poi – di ansia e preoccupazione…ben conosciuto in altre analoghe circostanze del secolo scorso. Dagli scioperi irlandesi del 1981 a quelli baschi del 1992 e in Turchia del 1996, fino a Barry Horne e poi a quelli devastanti – per numero e modalità – di centinaia di prigionieri turchi tra la fine del secolo e i primi anni del XXI.
Ma senza per questo dimenticare che questa odierna protesta non è rivolta solamente o principalmente contro l’arbitraria sua detenzione.
Sembra piuttosto voler ribadire quel “Tutti o nessuno” (di brechtiana memoria) che fin dalle origini ha caratterizzato l’identità del movimento operaio.
Come ha correttamente – a mio avviso – spiegato in un comunicato Anti-Imperialist Front Italia – scopo di questa sua radicale iniziativa è “focalizzare l’attenzione di tutti sulla situazione che stanno vivendo lui e gli altri compagni rivoluzionari arrestati ieri mattina al Centro Culturale Idil”.
Non sulla propria persona quindi, ma su quella collettiva della comunità dei prigionieri.
Qualche considerazione su scioperi della fame e Resistenza.
Da sempre arma estrema di ribelli e rivoluzionari incatenati che non hanno altra maniera per inviare a “orecchie sensibili” il loro grido di libertà, far conoscere le condizioni – spesso infami e terribili – in cui sono costretti a vivere sotto i colpi della repressione. Come dicevo, dai Repubblicani irlandesi – militanti di IRA e INLA – del 1981 alle centinaia di prigionieri turchi e curdi che tra la fine degli anni novanta e il primo decennio del XXI sec. hanno perso la vita in tale maniera. O hanno subito danni fisici e psichici irreparabili quando lo Stato è intervenuto con l’alimentazione forzata (una “forma di tortura” anche secondo Amnesty International). Per inciso, stessa sorte toccata a molti militanti dei Grapo nelle prigioni spagnole negli anni ottanta.
Come mi spiegava ancora nel 1985 Domhnall de Brun (militante repubblicano e libertario, insegnante di gaelico, figlio di un volontario nelle Brigate internazionali nel 1936…) lo sciopero della fame era e rimane principalmente una forma di lotta di liberazione.
Cito testuale: “Lo sciopero della fame fino alle estreme conseguenze fa parte della tradizione celtica irlandese. Ma quello condotto con estrema determinazione dai prigionieri degli H Block, più che un esplicito richiamo al diritto tradizionale gaelico e alle leggi druidiche, rappresentava un atto prettamente politico all’interno di un processo collettivo di liberazione”.
Una definizione che – penso – valga anche per gli scioperi condotti, per esempio, dai prigionieri politici baschi (poi interrotti soltanto per non subire l’estrema offesa dell’alimentazione forzata, quando gli etarras detenuti erano già mani e piedi legati ai letti di contenzione) in carceri come Salto del Negro nel 1992.
Ma per tornare ai nostri giorni, va ricordato che in questo momento nelle prigioni turche sono in atto altri scioperi della fame per protestare contro le condizioni in cui versano prigioniere e prigionieri.
Da tempo si parlava di “aggressioni e torture ormai quotidiane” nelle carceri di Van e Patnos e per protestare contro tali arbitrarie violenze da parte del personale carcerario altri detenuti sono entrati in sciopero della fame.
In particolare, un numero imprecisato di prigionieri politici nel carcere di tipo L a Patnos e almeno quattro – da circa quindici giorni – in quello di Van (un carcere di tipo F e T). Una protesta rivolta anche contro la mancanza di cure mediche e il trattamento umiliante a cui vengono sottoposti i familiari al momento delle visite.
Possiamo quindi sottoscrivere quanto esprimeva il comunicato di Anti-Imperialist Front Italia. Ossia che la scelta di Gianfranco contiene implicitamente anche un appello “a tutti noi che siamo fuori, la decisione presa grida di non mollare, di non smettere mai di lottare, di continuare sul nostro difficile cammino che è il suo e quello di tutti i compagni rivoluzionari che sono con lui”.
A quelli della mia generazione fa tornare in mente quanto era scritto sui manifesti per Giovanni Marini: “Lui è dentro anche per te, tu sei fuori anche per lui”. E chi vuol intendere…intenda.
Libertà quindi per Gianfranco e per tutti i prigionieri politici, per tutti gli oppressi e gli sfruttati, gli umiliati e gli offesi…per tutti, chiaro.
Gianni Sartori