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Le elezioni in Assia e la crisi politica tedesca

Dopo le elezioni svoltesi in Bavaria il 14 ottobre, le elezioni in Assia confermano le tendenze emerse e grosso modo le previsioni effettuate dai sondaggi. I due partiti che formano la GroKo perdono circa undici punti percentuali, rispetto alle elezioni di 5 anni fa, la CDU della cancelleria Angela Merkel-  che rinuncia alla leadership del partito e non si candiderà più nelle elezioni del 2021 – passa dal 38,3% al 27%, rimanendo il primo partito della regione, mentre la SPD diviene il terzo partito, con appena 98 voti in meno dei Verdi.

I Verdi, che co-governavano questo Land, divengono il secondo partito, caratterizzandosi per il loro elettorato giovanile (il 25% dei giovani ha votato per questa formazione), e divenendo la maggior forza politica nelle grandi città.

La forza di estrema destra dell’AFD, dopo avere fatto il suo ingresso nel parlamento bavarese, entra anche in quello dell’Assia, realizzando un risultato leggermente inferiore alle aspettative ma che comunque, con il 13,1% diviene la quarta forza politica della regione, aumentando di 9 punti percentuali rispetto al 2013, ed essendo ormai presente con una propria rappresentanza in quasi tutte le 16 regioni tedesche, dopo appena cinque anni dalla sua formazione.

Il liberali guadagnano un più 2,1%, realizzando il 7,1%, mentre Die Linke avanza di un punto percentuale ottenendo il 6,3%.

Le prossime scadenze elettorali – in Sassonia la prossima estate, in Turingia in Autunno e in Brandeburgo il primo settembre – saranno i prossimi test elettorali, che dovrebbero svolgersi prima della valutazione del lavoro governativo di metà mandato programmato per inizio del 2020.

Non è affatto detto che di qui in avanti le contraddizioni all’interno della Groko non raggiungano un punto di non ritorno, e che le elezioni europee del maggio prossimo non fungano da detonatore dei conflitti interni alle singole formazioni e tra le varie forze che compongono la coalizione.

Il prossimo Congresso della CDU che si svolgerà ad Amburgo questo 7 e 8 dicembre, deciderà se i Cristiano Democratici sceglieranno per la continuità della politica della Merkel con la 56enne Annegret Kramp-Karrembauer – la “mini-Merckel” come l’hanno ribattezzata i media tedeschi – o una rottura con il 38enne Jans Spahn, oppositore della Merckel rispetto alla sua politica sui rifugiati dal 2015, cattolico e gay dichiarato che vanta una amicizia con l’ambasciatore USA a Berlino, Richard Grenell; oppure con l’”outsider” Friedrich Merz, avvocato di 62 anni dell’ala conservatrice del partito, che fa parte del board di differenti società (la più importante è il gigantesco fondo di investimenti Blackrock).

Allo stesso tempo, risulterà significativa la piega che assumerà il dibattito dentro la SPD: Andrea Nahles, a capo dei social-democratici, ha posto un ultimantum ai suoi partner di coalizione, dichiarando che se le cose da qui a metà mandato non miglioreranno, verrà posta la questione della partecipazione dell’SPD al governo.

Anche nella CSU bavarese – che ad ottobre ha fatto registrare il suo risultato storicopiù basso, calando di 10 punti percentuali – è già cominciata la guerra di successione per il dopo Seehofer, in vista del congresso che dovrebbe tenersi l’autunno prossimo; da una parte il più moderato Manfred Weber, attuale capofila dei conservatori a Strasburgo e possibile candidato per la presidenza della Commissione Europea per i popolari europei, dall’altra Alexander Dobrindt, capofila dei deputati bavaresi della CDU-CSU al Bundestag, che ha posizioni politiche più a destra del suo rivale.

Nonostante i due partiti “storici” tedeschi abbiano ancora un corpo  militante considerevole – rispettivamente 450.000 militanti per la SPD e 420.000 per la CDU – sono in crisi da tempo, e al di là delle costellazioni regionali, l’emorragia di voti è una reazione all’immagine desolante del governo federale.

Come ha sottolineato lo studioso Stefan Seidendorf, in un intervento sul “Le Monde” di martedì 30 ottobre: “Al di là delle persone, il disincanto degli elettori proviene da evoluzioni strutturali. Gli ambienti storici che strutturavano la società tedesca si sono disaggregati”.

I tradizioni centri gravitazionali della società tedesca, che fungevano da aggregatori di profili che ruotavano attorno a questi punti fermi, non svolgono più la stessa funzione, mentre i cittadini della Germania orientale non hanno mai sviluppato un vero e proprio attaccamento alle organizzazioni politiche della ex RFT.

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Vediamo più da vicino il successo dei Verdi.

Bisogna ricordare che fu Joschka Fischer, figura storica dei verdi proveniente dalla sinistra extra-parlamentare, che fece entrare per la prima volta gli ecologisti in un governo regionale, proprio in Assia nel 1985.

Sempre in questa regione si sperimentò per la prima volta una coalizione cosiddetta “Jamaica”(CDU, Verdi, e liberali del FDP) nel 2005.

Una regione ricca, l’Assia, che comprende il centro finanziario di Francoforte e, se fosse uno stato indipendente, peserebbe quanto l’intera Danimarca.

I Verdi, hanno poi co-governato a livello federale dal 1998 al 2005 con la SPD.

Una tendenza centrista di lungo periodo, quindi, che li porta nel 2011 ad espugnare il bastione conservatore del Baden-Wurtenberg con Winfried Kretschmann, e quindi a diventare “centrali” nei giochi politici, considerando che il Land è la più importante regione industriale della Germania.

Il “pragmatismo” è la cifra politica della formazione risolutamente pro-UE, con un approccio “integrazionista” rispetto all’immigrazione e una caratterizzazione ecologista che raccoglie consensi grazie allo svilupparsi di una sempre maggiore coscienza ambientale, soprattutto tra le fasce più giovanili istruite ed urbanizzate, generalmente inclini ad una inversione di tendenza rispetto alle riforme del mondo del lavoro come la Hartz IV, di cui i Verdi chiedono l’abolizione.

Con un ricambio di ceto politico dirigenziale e una notevole capacità comunicativa, i Verdi si stanno ponendo “al centro” del gioco politico della Germania occidentale, dentro la compatibilità di una “transizione ecologica” che non vede la netta contrapposizione tra l’attuale sistema e la tutela dell’ambiente.

La creazioni di un consiglio economico all’interno del partito permette incontri regolari con i rappresentanti delle imprese tedesche, con lo spirito delle parole del deputato verde Kerstin Andrae: “Noi abbiamo imparato che l’economia non è solo una parte del problema, ma anche una parte della soluzione”.

Con la decisione del definitivo abbandono del nucleare tedesco, presa dopo la catastrofe di Fukushima del 2011, la questione energetica si è posta prepotentemente all’attenzione del dibattito pubblico.

Negli ultimi anni ci sono stati dossier “ecologici” particolarmente rilevanti.

L’affare “dieselgate” ha mostrato come le case automobilistiche, a cominciare della Volkswagen, hanno mentito sulla capacità inquinante delle proprie vetture e stanno subendo l’apertura dei vari procedimenti giudiziari;vi è stata quindi una maggiore attenzione sociale al livello di inquinamento registrato in una serie di grandi agglomerati urbani tedeschi a causa del traffico, provocato in prevalenza dalle macchine con propulsione diesel. L’establishment automobilistico e i suoi referenti politici nella Groko si oppongono a soluzioni “radicali” per abbattere l’inquinamento atmosferico, mentre sono attese otto sentenze giudiziarie che da qui alla fine dell’anno dovrebbero decidere del divieto o meno della circolazione di veicoli inquinanti in differenti centri cittadini, vista la sostanziale inazione del governo.

L’equazione tra patologie provocate dall’inquinamento, universalmente riconosciute, e interessi delle case automobilistiche, difesi dalla GroKo, non depone certo a favore di quest’ultima.

Il voto tedesco di un anno fa, in sede dell’Unione Europea, favorevole al rinnovo per altri cinque anni della possibilità di utilizzare il Glifosato – un pesticida prodotto dalla Monsanto/Bayer, che sempre più studi collegano allo sviluppo di forme tumorali e classificato nel 2015 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come “probabile cancerogeno per gli esseri umani” – ha sollevato uno scandalo politico.

Il Roundup è il pesticida di gran lunga più usato, e Greenpeace aveva raccolto un milione e trecentomila firme per chiederne il bando.

Non essendo stato raggiunto un accordo a riguardo tra le forze che andavano componendo la GroKo, durante l’inverno scorso, il ministro dell’agricoltura – il bavarese Christian Schmidt – invece di astenersi in sede comunitaria, come prevedeva la prassi, ha votato a favore della sua possibilità di utilizzazione, mostrando così la scarsa “sensibilità” per un tema tanto delicato della Grande Coalizione in via di formazione.

Un terzo elemento importante è l’abbandono del combustibile fossile all’interno della prevista transizione ecologica, riportato all’attenzione popolare dallo sgombero violento di metà settembre – un attivista vi ha perso la vita – di coloro che si stanno opponendo all’espansione della miniera a cielo aperto della RWE, con la distruzione della foresta millenaria di Hambach.

Questa importante lotta ambientale ha catalizzato l’opinione di una importante fetta della popolazione tedesca e una forte disapprovazione per quelle forze, tra cui l’SPD, che con più forza si oppongono alla cessazione dello sfruttamento minerario e al passaggio alle energie alternative.

La determinazione e l’organizzazione degli attivisti, quest’ultima settimana, ha permesso una invasione in massa dell’area su cui dovrebbe estendersi la miniera, mettendo in scacco le forze dell’ordine.

In sintesi, i Verdi sono riusciti a capitalizzare i limiti di questa Coalizione sul fronte delle mancate scelte ambientali, ma anche la disapprovazione per l’orientamento razzista e xenofobo di una parte della Groko, ostaggio dell’ala destra dei conservatori bavaresi che hanno in pratica fatto propri i temi e gli approcci dell’estrema destra rispetto all’immigrazione.

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1 Commento


  • gianna Silvestro

    Ottima analisi

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