Le borse festeggiano per qualche ora l’attenuazione della “guerra dei dazi” tra Usa e Cina, decisa nel corso dell’incontro a due – a contorno del G20 – tra Donald Trumpo e Ci Jinping. Ma nel corso della giornata dovranno metabolizzare una notizia-bomba per il mercato più delicato del pianeta: quello del Petrolio.
Senza alcun preavviso lascato filtrare ai media, il Qatar ha annunciato il suo ritiro dall’Opec, il cartello di 13 produttori che di fatto controlla il prezzo internazionale del greggio agendo sulle “quote di produzione” di ognuno dei paesi membri.
“Il Qatar ha deciso di ritirare i suoi membri dall’Opec a partire da gennaio 2019”, ha spiegato in conferenza stampa, a Doha, il ministro dell’Energia Saad al-Kaabi. “Il Qatar continuerà a produrre petrolio ma si concentrerà sulla produzione di gas, per cui è il più grande esportatore di gas naturale liquefatto al mondo”.
Differenziazione sottile, che senza dirlo allude alla “transizione ecologica” che le economie mondiali debbono – volenti o nolenti – affrontare prima che continuare a produrre diventi quasi impossibile.
Per questo obbiettivo, il petrolio – peraltro in via di esaurimento, visto che i giacimenti scoperti garantiscono ormai solo una frazione di quanto estratto annualmente da quelli “storici” – andrà usato sempre meno. Ed il gas appare al momento il primo sostituto di pronta disponibilità per una serie di utilizzi (produzione di energia elettrica, autotrazione, ecc).
Nelle stesse ore Russia e Arabia Saudita – i due primi produttori mondiali, anche se Mosca non fa parte dell’Opec – hanno raggiunto un accordo per ridurre la produzione quotidiana da immettere sul mercato.
Le due notizie hanno immediatamente fatto salire di nuovo il prezzo del greggio, da settimane in calo continuo (la qualità Wti, benchmark del mercato statunitense, ha superato i 54 dollari al barile).
Da tempo il Qatar è sottoposto a un embargo di fatto – aereo e terrestre – da parte delle altre monarchie del Golfo, su iniziativa Saudita. In pratica, il piccolo sceiccato è accusato aver rotto il blocco sunnita, sia perché intrattiene relazioni commerciali con il grande nemico sciita, l’Iran, sia perché le sue ambizioni “geopolitiche” interferiscono con quelle della monarchia dei Saud.
Tra tre giorni, peraltro, si terrà la prevista riunione dell’Opec, ultima con la presenza qatariota. Viste anche le pressioni continue di Trump sull’Arabia, e quelle assai più violente nei confronti del Venezuela (anch’esso membro dell’Opec), l’uscita del Qatar prefigura una situazione in cui il prezzo del greggio – una delle due sole merci che entrano nella formazione del prezzo di tutte le altre, insieme al lavoro umano – sarà sempre meno controllabile per via politica.
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