Insegnanti pagati sei mesi, anche un anno, dopo aver iniziato a dare dei corsi all’università: non accade in un paese sull’orlo del fallimento, ma in Francia. «Insegno dall’inizio di settembre. Oggi (19 febbraio 2019), non ho ancora ricevuto nessun stipendio per il mio lavoro». «L’anno scorso, ho firmato il contratto molto tempo dopo aver tenuto i miei corsi e ho ricevuto il mio stipendio nel novembre 2018, più di un anno dopo la maggior parte dei corsi», raccontano alcuni giovani insegnanti precari dell’Università di Strasburgo, le cui testimonianze sono state registrate dal collettivo Dicensus (Difesa e informazione per ricercatori e docenti non statutari dell’Università di Strasburgo). Gli insegnanti precari sono giovani ricercatori in un percorso di dottorato – o che l’hanno completato – che vengono assunti per dare corsi agli studenti in triennale o magistrale. Alla fine, “reclutati” è un parolone rispetto alla loro situazione.
Molti lavorano senza contratto. Sono pagati ad ore di corso, su incarichi assegnati nel semestre o nell’anno, senza alcuna certezza di ricominciare nel semestre o anno successivo. Il più delle volte, «gli insegnanti sono pagati dai quattro mesi a più di un anno dopo aver tenuto i corsi», dice Clément della Confédération des jeunes chercheurs [Sindacato dei giovani ricercatori, ndt]. Questo varia da università a università: «Sono stato studente-precario in diverse università, e le condizioni sono state di volta in volta diverse. Questo status è molto ambiguo», spiega Michel, membro del collettivo di Strasburgo.
Questi precari hanno due status: uno per le persone che stanno svolgendo il dottorato, l’altro per coloro che l’hanno terminato e lavorano come insegnanti aspettando di ottenere, se possibile, un posto permanente. «Gli studenti dottorandi sono salariati, ma non hanno diritto a congedi di malattia o di maternità. Per i precari – cosiddetti vacataires – che hanno terminato la loro tesi di dottorato, la regola è che devono avere un’attività principale accanto a quella dell’insegnamento. Spesso non ce l’hanno, quindi avviano una micro-impresa e si fanno pagare per i servizi educativi sotto lo stato di auto-imprenditori», riferisce Michel.
All’inizio di maggio, il Collettivo dei lavoratori precari dell’istruzione superiore e della ricerca ha pubblicato un inventario delle condizioni di lavoro dei giovani docenti universitari e ricercatori all’università. Il collettivo ha raccolto circa un migliaio di risposte al questionario tra gennaio e giugno 2018. «I risultati di questo inventario sono allarmanti» scrive il collettivo, «La remunerazione dei precari richiede lunghi confronti con le amministrazioni, che si trovano a loro volta in una situazione precaria. Gli insegnanti vacataires a volte vengono a conoscenza durante il semestre che non soddisfano i criteri per essere pagati». Il collettivo sottolinea inoltre che «sempre più istituti stanno imponendo lo status di auto-imprenditore».
Che si tratti di Strasburgo, Parigi, Poitiers… dall’inizio dell’anno diversi collettivi lavorano insieme sulla questione dei precari. Alla Facoltà di Scienze Politiche di Paris-1 Sorbonne, i vacataires hanno deciso, in segno di protesta, di non consegnare i voti degli esami per i corsi che hanno tenuto. A Poitiers, gli insegnanti a tempo determinato avevano anche indetto una «settimana senza precarietà» a marzo, con, ancora una volta, la mancata consegna dei voti. Alla Scuola di comunicazione e giornalismo della Sorbona (Celsa), i precari hanno anche minacciato di non comunicare i risultati degli esami delle prove di ammissione che avevano corretto, se non avessero ottenuto un chiaro impegno scritto da parte della direzione sul regolare pagamento delle ore di lezione effettuate.
Anche in questa prestigiosa e selettiva formazione, le condizioni di pagamento dei vacataires sono estremamente incerte. «Alcuni precari sono iscritti al RSA [Revenu de Solidarité Active, ndt]. Dato che lavoriamo senza busta paga per mesi, la CAF [Caisse d’Allocations Familiales, ndt] attiva sistematicamente i controlli. Nel frattempo, il RSA non viene pagato», riferisce Corinne Lellouche, precaria presso Celsa dal 2006.
«Questo status di vacataire è stato originariamente creato per attività specifiche. Quando ho iniziato, i vacataires erano persone in condizioni mediocri che lo facevano anche in aggiunta all’attività principale. Non è più così. I nuovi precari del Celsa non sono più giornalisti o comunicatori fissi. Si tratta di giovani precari che moltiplicano le loro attività e hanno bisogno di attestazioni di impiego e di buste paga per poter rivendicare i loro diritti alla disoccupazione presso il Pôle emploi [Centro per l’impiego, ndt]. Al Celsa, ci sono ora 600 precari per 120 persone di ruolo, compreso il personale amministrativo». Mentre l’uso di esterni per corsi o formazioni molto specifiche è logico, sembra che sempre più università e grandes écoles stiano abusando di questo statuto traballante e ultra-precario.
Nulla di nuovo sotto il sole. Ma con i tagli al bilancio e l’aumento del numero di studenti, la situazione sta diventando esplosiva. All’Università di Strasburgo, secondo il calcolo stabilito dal Dicensus, tra il 2011 e il 2017 il numero di professori ordinari è diminuito del 5%. Allo stesso tempo, le iscrizioni degli studenti sono aumentate del 18%, passando da 42.500 a 50.000 unità. «Il calo delle assunzioni è compensato da un impiego massiccio di insegnanti precari», dice il collettivo. All’inizio dell’anno accademico 2018, 1.986 posti di professore e/o ricercatore ordinario sono stati aperti tramite un concorso in tutta la Francia. É la prima volta in dieci anni che vengono assunte meno di 2.000 persone. Nel 2010, le assunzioni hanno addirittura superato le 3.600 nuove posizioni. Tra il 2006 e il 2016, il numero di studenti è aumentato da 1,4 milioni a 1,62 milioni.
Anche le posizioni di assistenti temporanei all’insegnamento e alla ricerca (ATER), i contratti per le persone che lavorano alla loro tesi di dottorato o per i giovani ricercatori che l’hanno appena conclusa, sono notevolmente diminuiti. Questi contratti sono a tempo determinato, ma molto meno precari di quelli utilizzati per i cosiddetti vacataires. Tuttavia, «c’è anche una precarizzazione dei contratti ATER», dice Clément della Confédération des jeunes chercheurs. «Stiamo vedendo sempre più contratti ATER di soli sei mesi. Prima erano di un anno rinnovabile».
Nel 2017 il Ministero contava più di 105.000 insegnanti precari vacataires nelle università. La cifra effettiva potrebbe essere superiore, in quanto un quinto delle università non ha fornito i dati al Ministero… Secondo la Confédération des jeunes chercheurs, il numero di insegnanti precari sarebbe piuttosto di circa 130.000 unità. «Questa cifra copre condizioni molto diverse, dall’avvocato che interventi specifici ai dottorandi senza finanziamenti», dice Clément. «Ma circa 17.400 vacataires fanno almeno 96 ore all’anno di corsi, il che rappresenta almeno 8.000 posizioni di ruolo che vanno a farsi benedire».
La Confédération des jeunes chercheurs denuncia anche il basso livello di retribuzione per queste ore di insegnamento. Sulla carta, sarebbero piuttosto ben pagate: poco più di 41 euro lordi per ora di lezione. Tuttavia, il tempo necessario per preparare e correggere il lavoro e gli esami non viene preso in considerazione. Legalmente, un’ora di insegnamento universitario equivale in media a 4,2 ore di lavoro effettivo. L’orario di lavoro di un insegnante precario sarebbe quindi effettivamente pagato 9,89 euro lordi, cioè qualche centesimo al di sotto dello SMIC [salario minimo intercategoriale, ndt].
Inoltre queste ore sotto-pagate vengono remunerate con immensi ritardi. Il pagamento regolare dei salari rimane la richiesta prioritaria dei vari collettivi. Nel 2016, a seguito della mobilitazione dei precari, il Consiglio di Amministrazione dell’Università di Paris 1 Panthéon-Sorbonne ha votato per il pagamento mensile delle ore di insegnamento dei vacataires a partire dall’inizio dell’anno accademico 2017. Ma ciò non ha determinato effetti concreti nella.
A Strasburgo, un gruppo di lavoro istituito con le autorità universitarie ha deciso di effettuare un pagamento entro due mesi. Nessun effetto. Nell’aprile 2017, poco prima della fine del quinquennio di François Hollande, il segretario di Stato per l’istruzione superiore, Thierry Mandon, inviò una circolare ai presidenti delle università chiedendo «il pagamento regolare e immediato delle ore di lezione dei vacataires». Di nuovo nessun effetto.
«Al Celsa, ci mettono un anno e mezzo per pagarti», dice Corinne Lellouche. «Avevano promesso che saremmo stati tutti pagati a gennaio, ma non l’hanno fatto. Il rettore alla fine ci ha detto che saremo pagati ogni due mesi». «Sono stati presi degli impegni, ma è sempre difficile e complicato a farli rispettare», afferma Michel. «Per le università, è un modo per mettere a tacere le mobilitazioni. E poi dicono che ci vuole tempo a livello amministrativo. Alla fine non fanno nulla».
Tuttavia, i collettivi dei precari non mollano affatto. Continuano ad esigere non solo la regolare retribuzione, ma anche l’assunzione a titolare del personale che lavora in posizioni permanenti e la creazione di contratti per i ricercatori in tesi e le posizioni per gli insegnanti-ricercatori. Il governo preferisce invece rendere più difficile l’accesso all’istruzione superiore con la riforma ParcourSup e discriminare gli studenti stranieri aumentando di dieci volte le tasse di iscrizione per quelli extra-comunitari.
* Traduzione a cura di Andrea Mencarelli dell’articolo pubblicato su Basta Mag.
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