La crisi politica tedesca si approfondisce con il voto di ieri ad Amburgo, città-stato che fa land a sé (come Berlino e Brema). L’Spd resta primo partito (37,8%), anche perdendo molti voti (–7,8), che però sono andati a premiare soprattutto i Verdi, ora praticamente il doppio (+13,1%, salendo al 24,5).
Molto bene anche la sinistra “radicale” Die Linke, al 9,5%. Mentre crollano i liberlai dell’Fdp (sono intorno al 5%, ma ancora non certo che abbiano superato la soglia di sbarramento) e soprattutto i neonazisti dell’Afd, che perdono l’1,4 e scendono così al 4,7, restando sicuramente fuori dal consiglio regionale.
Il governo uscente era formato da una coalizione tra Spd e Verdi, e dunque verrà probabilmente confermata, con qualche ovvia “compensazione” interna che premi la maggiore rappresentatività dei Verdi e il calo socialdemocratico.
La Cdu della cancelliera Merkel subisce una batosta clamorosa, perdendo oltre il 4% e precipitando così all’11,3. Evidente il peso dello “scandalo Turingia”, dove il partito locale aveva votato per una coalizione di governo insieme ai liberali e ai neonazisti dell’Afd, venendo costretto a ritirare il voto il giorno dopo.
E certo non hanno fatto bene ai democristiani la strage di Hanau, ad opera di un neonazista “fuori di senno”. E ancor meno la scoperta, nella stessa città, di una cellula di poliziotti neonazisti e razzisti.
Non è però il caso di eccedere in sospiri di sollievo. Il boss locale della Spd, teoricamente socialdemocratico, ex sindaco e attuale ministro delle finanze nel governo federale, è quell’Olaf Scholz che risulta tra i principali sostenitori della “riforma del Mes” per rendere questo meccanismo europeo più feroce nei confronti dei Paesi del Mediterraneo.
Di certo c’è solo che la Cdu sta correndo verso la sua crisi più grave, tra tensioni interne che appaiono incontrollabili. Annegret Kramp Karrenbauer, nominata di recente presidente del partito al posto proprio di Angela Merkel, si è dimessa quasi subito. E per evitare uno scontro fratricida per la successione si fa largo l’ipotesi di una “presidenza collettiva” tra i quattro – o più – pretendenti al trono.
Manco più i democristiani tedeschi sono più quelli di una volta….
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Gianni Sartori
TURCHIA: LIBERARE TUTTI!
Gianni Sartori
In sciopero della fame ormai da 252 giorni (e ridotto a pesare soltanto 46 chili), il 24 febbraio Ibrahim Gökçek (prigioniero politico, chitarrista, membro della band Grup Yorum) è stato rimesso in libertà. Secondo i medici dell’Istituto di Medicina Forense che lo avevano visitato, il suo stato di salute, le sue condizioni fisiche sono incompatibili con la carcerazione. Ovviamente questo costituisce soltanto un rinvio, un palliativo. Permane gravissima la situazione complessiva dei prigionieri e la repressione non accenna ad arrestarsi.
Emblematico il caso di un’altra musicista, la cantante curda Nuden Durak in prigione ormai da cinque anni. Soltanto per aver cantato e insegnato musica in curdo, la sua lingua madre.
Attualmente detenuta nella prigione chiusa di Mardin, in base alla condanna subita (19 anni) dovrebbe tornare in libertà nel 2034.
Nata a Cizre, Nuden Durak insegnava ai bambini della sua città i canti tradizionali. Ovviamente in lingua curda.
Arrestata nel 2015, era stata condannata in un primo tempo a dieci anni (per aver “promosso propaganda curda”).
L’anno successivo, senza nemmeno nuove accuse, la sua pena venne praticamente raddoppiata.
Ricordo che fino a non molti anni fa (almeno ai novanta del secolo scorso) perfino la parola “Curdo” era proibita. Cantare in curdo poi, assolutamente impensabile.
E proprio negli anni novanta avevo intervistato Hevi Dilara (il suo nome curdo, ma sui documenti risultava turchizzato – forzatamente – come “Bengin Aksun”) ugualmente arrestata perché cantava in curdo. Ma non solo, venne anche ripetutamente torturata. “Mi portavano davanti a mio padre svestito e con gli occhi bendati – raccontò – torturavano me e minacciavano di ucciderlo; poi torturavano lui davanti ai miei occhi e dicevano che dovevamo pentirci perché avevamo cantato in curdo. Poi, viceversa, svestivano me, bendavano i miei occhi quando c’era mio padre davanti a me, mi torturavano con il manganello facendo cose molto brutte, delle cose che non si possono nemmeno raccontare…Soprattutto quando mio padre era davanti a me, mi torturavano con getti d’acqua intensa o corrente elettrica alle dita e alle parti intime del corpo; tutto questo è durato quindici giorni…”.
Gianni Sartori
Gianni Sartori
ARRESTATI SEI MANIFESTANTI MOICANI IN CANADA
(Gianni Sartori)
Il 24 febbraio la Polizia provinciale dell’Ontario (PPO) è intervenuta contro i manifestanti che da quasi venti giorni bloccavano i binari della ferrovia a Tyendinaga. Qui, portata avanti dai Mohawks locali, si stava svolgendo una delle iniziative di solidarietà, scoppiate numerose in tutto il Canada, per la lotta della nazione Wet’suwet’en i cui territori sono stati invasi dalla Gendarmeria reale canadese.
I Wet’suwet’en si oppongono alla costruzione di un oleodotto – lunghezza prevista 670 chilometri – della TC Energy che dovrebbe trasportare idrocarburi prodotti con il fracking, un metodo ritenuto devastante dal punto di vista ambientale.
Sul posto i poliziotti – stipati in una quindicina di SUV – sono arrivati verso le ore 8 e 10 dirigendosi immediatamente alle barricate e arrestando sei persone. Il giorno prima la PPO e la Canadian National Railway Company avevano apostrofato i militanti, nativi e ambientalisti, minacciandoli di denunce e apertura di inchieste nei loro confronti nel caso non avessero smobilitato entro la mezzanotte di domenica 23 febbraio. Ma le richieste della polizia venivano immediatamente rispedite al mittente dai Mohawks.
Gianni Sartori
Redazione Contropiano
i commenti dovrebbero essere relativi al tema dell’articolo, non uno spazio arbitrario… Con tutta la solidarietà possibile per i Moicani, un briciolo di logica sarebbe auspicabile…