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Stati Uniti, una prospettiva dal cuore dell’impero

Qualsiasi analisi dell’attuale epidemia, specialmente da parte di un fisico teorico, non può che iniziare dai numeri. Ad oggi il numero dei contagi negli Stati Uniti ha superato quota 20.000, che fa balzare gli USA al quinto posto per numero di contagi al mondo.

Purtroppo ci sono pochi dubbi sul fatto che la situazione sia in verità ben più grave. Infatti, sebbene l’epidemia sembri al momento principalmente concentrata tra Seattle, New York e California, è ragionevole aspettarsi che la diffusione sia in piena fase esponenziale sulla maggior parte del territorio nazionale.

In barba alle direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la maggior parte degli 50 stati degli USA sono molto indietro rispetto ai test a tappeto sui contagi per COVID-19. Un perfetto esempio è il Texas dove vivo e lavoro. Con una popolazione equivalente a circa la metà dell’Italia, secondo in questa classifica dopo la California, ha effettuato meno di 5.000 tamponi e praticamente tutti in quest’ultima settimana (erano 200 fino a venerdì scorso).

È dunque più che probabile che con l’aumento dei tamponi, che finalmente sembrano essere disponibili in maniera più o meno capillare, nei prossimi giorni gli Stati Uniti siano destinati a scalare ulteriori posizioni nella triste classifica dei contagi ed addirittura a primeggiare in tempi abbastanza brevi.

Di fronte a questa situazione che si fa ogni giorno più drammatica, negli ultimi giorni si sono susseguiti annunci di misure sempre più radicali e decise. Quello che certamente domina le notizie nazionali è l’annuncio dei governatori dello stato di New York e della California (che da soli hanno oltre un sesto di tutta la popolazione degli Stati Uniti) della sospensione di tutte le attività non-essenziali. Ci si sta avvicinando a grandi passi alla situazione “italiana”. Già oggi è stato annunciato che la mancata adesione ai diktat governativi avrà conseguenze legali, ma si continuano a mantenere toni il più possibile pacati per non “spaventare i mercati”.

Dati i numeri, è facile prevedere che nei prossimi giorni (entro inizio settimana?) ci sarà un inasprimento di queste misure, specialmente per quanto riguarda le metodologie di rispetto delle ordinanze. Per esempio, guardando la quantità e la distribuzione dei contagi nella città di New York (oltre 4.000 casi negli ultimi due giorni), è chiaro che la diffusione dell’epidemia sia ad uno stato avanzato. E dato il contesto urbano con altissima densità di popolazione e diseguaglianze sociali, è difficile immaginare un’inversione di tendenza in assenza di misure drastiche “all’italiana”, o anche di più.

Il congresso degli Stati Uniti dalla sua ha approvato un piano di un miliardo di dollari che prevede la diffusione di test gratuiti per il COVID-19 ed il pagamento del periodo di malattia per molti tra chi deve stare in quarantena a causa dell’emergenza (gli USA non prevedono il diritto alla malattia che è invece a discrimine del datore di lavoro…). Utilizzo la parola molti, perché il decreto prevede infatti svariate eccezioni che escludono una fetta non trascurabile dei lavoratori.

Con Wall Street che registra la peggior settimana dalla crisi finanziaria del 2008 ed un numero spaventoso di persone che rischiano di perdere le già precarie condizioni di lavoro pre-epidemia (le ultime stime parlando di un aumento della disoccupazione fino al 20% nei prossimi mesi), le previsioni per l’economia interna sono più nere che mai.

Ci si aspetta che già la prossima settimana il congresso degli Stati Uniti possa passare ulteriori misure arrivando fino ad oltre mille miliardi di dollari che possano, assieme ai consueti incentivi alle piccole e grandi aziende, ricostruire in tutta fretta una parvenza di stato sociale attualmente inesistente. Quest’ultima è una novità praticamente assoluta che potrebbe radicalmente modificare lo scenario politico a stelle e strisce.

Il tutto rende il futuro degli Stati Uniti quanto mai incerto ma cercheremo comunque di fare un’analisi sulle prospettive a breve, medio e lungo termine.

Breve periodo: elezioni e situazione Trump

Durante i primi giorni della pandemia la gestione dell’amministrazione Trump è stata semplicemente disastrosa. Prima l’aver tacciato il COVID-19 d’essere una fake news, poi una serie di scelte impacciate ed incoerenti come il ban unilaterale dei voli dall’Europa, e poi la dimostrazione di un’incompetenza senza precedenti nella diffusione dei tamponi e cha ha di fatto permesso la diffusione dell’epidemia oltre qualsiasi livello di contenimento, aveva paventato un erosione dei consensi interni.
Gli ultimi giorni hanno però rappresentato una forte inversione di tendenza. Favorito dai venti di crisi e dal clima di unità nazionale, Trump ha approfittato della sua figura di “uomo forte al potere”. Battendo in maniera ossessiva su una propaganda di facile digestione per molti Statunitensi, particolarmente quelli bianchi, fondata su nazionalismo, razzismo e riscrittura della storia. I consensi sono di nuovo al rialzo. Quanto riesca ad approfittare di questa situazione e quanto la sua strategia paghi sulla sua rielezione è da vedere. E dipenderà fortemente da quanto i bianchi “working class” americani saranno colpiti dall’epidemia, che indubbiamente l’amministrazione Trump ha contribuito a peggiorare in maniera drammatica, e quanto Trump sarà capace di convincere il pubblico sulla efficacia della risposta della sua amministrazione.

Dal fronte democratico, Bernie Sanders sembra ormai fuori gara per la presidenza nonostante sia riuscito in maniera sorprendente a spostare a sinistra il dibattito all’interno del partito democratico. Il clima nel paese è cambiato radicalmente rispetto a qualche settimana fa e più che mai si è in cerca di una leadership capace di unire la nazione. Bernie si è invece dimostrato eccessivamente ideologico ed onesto. Nonostante il paese si sia praticamente interamente allineato sulle proposte politiche di un assistenza sanitaria gratuita e per tutti, seppur per molti solamente ristrette temporalmente alla crisi, Bernie ha mantenuto la sua retorica ed ha continuato a battere sulla necessità di una rivoluzione che vada ben oltre misure una tantum.

Purtroppo la coerenza non paga nel mondo dell’elettoralismo ed una rivoluzione politica più radicale è al momento troppo oltre gli orizzonti politici di una popolazione estremamente depoliticizzata e dunque abbastanza indigesta ai più. D’altro canto il suo rivale, il mezzo rincoglionito sleepy-Joe Biden, ha invece saputo cogliere l’attimo. Come Trump, anche lui sfrutta la memoria corta delle masse e la sfacciataggine di un politico navigato di lunga data. Biden ha saputo leggere con scaltrezza i tempi attuali, ed a rivendersi come un prodotto appetibile ai democratici attuali, tutto me too e black lives matter, negando molteplici volte l’evidenza e affermando di non aver mai appoggiato misure restrittive contro l’aborto e di non essere mai stato a favore di tagli drammatici allo stato sociale e per l’incarcerazione di massa durante i tempi dell’amministrazione Clinton. Nonostante le sue menzogne siano sia documentate con decine di video disponibili su YouTube, Biden è ormai proiettato come unica alternativa democratica a Trump.

In un clima sempre più incerto, dove con ogni probabilità il resto delle primarie verrà rimandato ed in cui non è assolutamente chiaro se le elezioni si terranno come previsto a Novembre, sembra invece abbastanza prevedibile che sleepy-Joe Biden avrà ben poche possibilità di vincere. Agli occhi di un corpo non trascurabile dell’elettorato, che non si identifica ideologicamente né con il partito Democratico, né con quello Repubblicano, e che però è quello decisivo alle elezioni, Trump e Biden appaiono abbastanza indistinguibili con il primo ben più scaltro, carismatico e forse anche più coerente ed onesto del secondo.

Medio periodo: questione stato sociale interna

La stabilità del sistema USA e della sua enorme diseguaglianza sociale si basa principalmente su una propaganda estremamente raffinata ed efficace che ha convinto milioni di persone che quello a stelle e strisce sia il sistema migliore al mondo. Questa convinzione dell’eccezionalità del proprio paese associata ad una diffusa assenza di cognizione che esistano sistemi alternativi in cui si possa studiare senza fare debiti di centinaia di migliaia di dollari o che si possa chiamare un’ambulanza senza temere di estinguere i risparmi di una vita, è una delle ragioni principali per cui tantissimi statunitensi non spingano per un cambio del sistema in direzione radicale. Seppure ovviamente in molti siano più che coscienti delle enormi contraddizioni del sistema stesso.

In questo contesto, se per arginare il coronavirus il Congresso varasse effettivamente misure che istituiscano un temporaneo sistema di salute pubblica e di welfare state all’Europea, le conseguenze potrebbero essere irreversibili. È tutto da vedere se si potrà convincere fette enormi della popolazione statunitense a rinunciare ai propri diritti fondamentali una volta che questi siano stati acquisiti, seppur in un contesto temporalmente molto limitato. Questo in aggiunta al fatto che con l’entità economica delle misure eccezionali considerate dal Congresso per salvare l’economia in questo momento, la notoria giustificazione dell’assenza di risorse economiche per implementare uno stato sociale che funzioni per tutti, sembrerà sempre meno convincente ed ad una fetta della popolazione sempre crescente.

Ovviamente il problema principale rimane l’assenza di qualsiasi organizzazione di massa che possa coordinare un movimento di questo genere. Nonostante uno dei più grandi successi del movimento di Bernie Sanders sia stato quello di portare al centro della discussione, almeno tra i democratici più attivi, la questione del diritto all’istruzione e alla salute, il movimento ha fallito nel creare organizzazioni capaci di mobilitazioni che vadano al di là della mera campagna elettorale. Rimane che le misure che il Congresso degli Stati Uniti prevede di passare nelle prossime settimane potrebbero avere potenziali ripercussioni per lo scenario politico a stelle strisce di rilevanza addirittura comparabili con il “New Deal” di Roosevelt.

Largo periodo: dominio mondiale Cina vs USA

Sebbene la superiorità militare degli usa rimanga incontrastata, il domino commerciale ed economico della Cina fa ormai paura, e non poco, a Washington. Questa situazione potrebbe essere ulteriormente accentuata con la epidemia del Coronavirus, dato che le sfere d’influenza della Cina sembra siano destinate ad espandersi in maniera decisa. Infatti la capacità di risposta e la scaltrezza politica dimostrata da Pechino, che ha aperto ad una solidarietà di facciata con i paesi Europei in enorme difficoltà nel gestire l’emergenza, potrebbe aver spalancato le porte dell’Europa al gigante asiatico. Le tempistiche per l’erosione della sfera di influenza americana non potrebbero essere peggiori. Proprio mentre Pechino si erge a leader della solidarietà internazionale, Trump risponde con una strategia tutta nazionalista cha ha ulteriormente isolato gli Stati Uniti dagli alleati europei.

Mai come ora la superiorità economica e politica di Pechino sembra schiacciante; da un lato una nazione che pianifica la propria ripresa economica, capace di mandare delegazioni di medici e esperti in giro per il mondo; dall’altro un governo, quello USA, che viene universalmente riconosciuto per la sua incompetenza, con delle prospettive economiche tra le più nere della sua storia recente, costretta a cercare di convincere i più che una risposta al coronavirus tardiva e mal orchestrata sia invece la migliore possibile, che prende decisioni unilaterali insensate, impacciate e isolazioniste, ed è costretta addirittura ad importare i tamponi dall’Italia.

È forse avventato ipotizzare la fine del dominio americano, ma certo il contrasto tra l’immagine dei medici cinesi in Italia, accolti come salvatori della patria, che salutano con un educato buonasera e una frase di Seneca ed il faccione di Trump che si ostina a negare l’evidenza ed a dare la responsabilità al “virus cinese” piuttosto che alla sua colossale sottostima del problema, permette speculazioni audaci sulla possibilità di nuovi scenari e ordini mondiali.

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