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Francia. La lettera di Philippe Martinez (segretario CGT) a Macron

La Francia si appresta ad entrare nella fase più elevata dell’epidemia da Coronavirus, dopo aver superato le soglie dei 100mila casi positivi e dei 10mila decessi, stando alle ultime cifre ufficiali pubblicate dalla Santé publique France.

Le misure di confinamento, predisposte congiuntamente dal Presidente Emmanuel Macron e dal Primo Ministro Edouard Philippe, hanno ricalcato quella stessa contraddizione che in Italia abbiamo visto con il susseguirsi degli annunci e dei decreti del Premier Conte, approvati – se non dettati – dalle organizzazioni padronali e dalla Confindustria.

“State a casa” ma “andate a lavorare” è stato ripetuto ed imposto a milioni di lavoratori, fino al decreto che stilava l’elenco delle “attività produttive permesse” piuttosto che bloccare tutte quelle non essenziali. Tanto che lo stabilimento di Leonardo a Cameri, l’azienda del novarese che ha in incarico la progettazione e la costruzione degli F35, continua a restare aperto.

In Francia, nonostante le mobilitazioni dei lavoratori in diversi settori, da quello delle costruzioni a quello della logistica, un provvedimento di questo tipo non è mai stato effettivamente e concretamente adottato. Sono state fermate le attività commerciali aperte al pubblico, chiusi scuole, licei ed università, incentivato il tele-lavoro e limitati gli spostamenti allo stretto necessario.

Tuttavia, la settimana scorsa l’Association Française des Entreprises Privées, che rappresenta circa 100 grandi imprese francesi, ha chiesto ai suoi membri di riprendere l’attività ove le condizioni di sicurezza sanitaria sono soddisfatte. Ma in numerosi luoghi di lavoro continuano a mancare i dispositivi di protezione individuale (DPI) e si deroga costantemente al distanziamento sociale, come denunciato in diversi video e foto sui social.

La salute dei lavoratori è subordinata al profitto dell’impresa e questa logica criminale, oltre ad intensificare la propagazione del contagio, inizia a mietere le prime vittime. Domenica 26 marzo è deceduto un operario di 56 anni dello stabilimento della Renault di Cleon, comune nei pressi di Rouen, risultato positivo al Coronavirus; nel sito 83 lavoratori sono entrati in contatto con persone potenzialmente infette e 9 di questi presentano sintomi compatibili con il Coronavirus.

Inoltre, si fanno ricadere sui lavoratori i rischi per la salute derivanti dal Covid-19, come accaduto alla SARL, società di costruzioni, che ha inviato ai suoi dipendenti una lettera da firmare in cui dichiara l’esonero di responsabilità e la rinuncia da parte del lavoratore di fare ricorso contro l’azienda in caso di contagio.

Il segretario della CGT, Philippe Martinez, ha pubblicato questa lettera diretta al Presidente Macron per richiedere la cessazione immediata delle attività non essenziali, l’abrogazione dell’ordinanza scandalosa che autorizza le deroghe all’orario di lavoro settimanale in diversi settori, il blocco della distribuzione dei dividendi azionari e la copertura al 100% del salario in caso di chômage partiel (equivalente della cassa integrazione).

Inoltre, il segretario della CGT ha rivendicato il divieto di licenziamento per qualsiasi motivo e l’esercizio del “droit de retrait”, che, secondo il Code de Travail francese, permette ai lavoratori dipendenti di interrompere le attività in situazioni di pericolo grave e imminente per la loro vita o la loro salute.

Una serie di rivendicazioni che mirano ad invertire nettamente le politiche neoliberiste di attacco ai diritti dei lavoratori e allo Stato sociale che hanno determinato il contesto attuale dell’emergenza sanitaria e della crisi sociale e che l’esplosione della pandemia ha mostrato in tutta loro scelleratezza e dannosità, con l’obiettivo di cominciare a costruire oggi un’alternativa economica e sociale a questo sistema capitalista: “non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema!”.

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Al Presidente della Repubblica Emmanuel MACRON

Montreuil, 06 aprile 2020

La crisi sanitaria del Covid-19 non sta diminuendo. La pandemia del nuovo coronavirus ha già mietuto decine di migliaia di vittime in tutto il mondo dalla sua comparsa in dicembre in Cina. Quasi 800.000 casi di contagio sono stati ufficialmente diagnosticati in 188 paesi e territori dall’inizio dell’epidemia. L’epicentro si è concentrato in Europa.

Il nostro Paese è particolarmente colpito ed il numero di persone contagiate è in costante crescita. Molti ospedali sono ormai sommersi dall’arrivo di nuovi pazienti che richiedono cure intensive e a lungo termine.

Tutto il personale sanitario, così come quelli che lavorano nel settore dell’assistenza domiciliare e delle case di riposo, si trovano ad affrontare questa situazione, impegnati nella loro missione di servizio pubblico, ma va detto che le loro condizioni di lavoro sollevano interrogativi. In effetti, gli ordini di maschere, attrezzature mediche, persino medicinali o test annunciati dal vostro governo sono lenti a materializzarsi.

Di fronte a questa situazione di emergenza, desideriamo ricordarvi le misure essenziali da adottare al più presto.

La priorità del vostro governo deve essere, innanzitutto, quella di garantire la rigorosa tutela di tutti i lavoratori che, svolgendo attività essenziali nel settore pubblico e privato, devono continuare a lavorare. Pertanto, è vostra responsabilità assicurarvi che ogni lavoratore possa esercitare il proprio diritto di interrompere unilateralmente lo svolgimento dell’attività lavorativa in assenza di protezione o di fronte a un pericolo grave e imminente.

Questo è lo scopo del preavviso di sciopero nei servizi pubblici, per proteggere i lavoratori nei luoghi pubblici dove le regole non sono applicate, proprio come in altri settori. D’altra parte, anche i regolamenti di buona pratica unanimi sono messi in discussione o limitati dai dipartimenti, come avviene nel settore delle costruzioni.

Molti dipendenti sono già infetti, malati o addirittura morti perché sono stati esposti al virus sul posto di lavoro. Ciò solleva la questione della compensazione e quindi della classificazione automatica come malattia professionale per chi si occupa di assistenza, naturalmente, ma anche per tutti i lavoratori.

Allo stesso tempo, è ora assolutamente urgente procedere alla definizione delle attività essenziali e alla chiusura immediata di quelle che non contribuiscono ai bisogni vitali.

Noi vogliamo anche riaffermare la nostra opposizione alle misure derogatorie al Codice del lavoro in materia di orario di lavoro. L’ordinanza prevedeva che un decreto specificasse i settori in cui si sarebbe applicato.

Ad oggi non è stato emanato alcun decreto, per cui riteniamo che non possa essere applicata alcuna deroga. L’abrogazione immediata di queste ordinanze, che organizzano scandalosamente la deregolamentazione del lavoro, è quindi all’ordine del giorno.

Secondo gli esperti scientifici e i medici, il contenimento rimane il mezzo più efficace per combattere il Covid-19. L’interruzione delle attività non essenziali, come è stato appena fatto in Italia e in Spagna, permetterebbe anche di liberare protezioni come maschere e guanti per chi ne ha bisogno. Si noti il comunicato dell’AMUF (medici di emergenza) che va in questa direzione.

D’altra parte, l’evoluzione della produzione per produrre protezioni e la ripresa dell’attività per le aziende chiuse, come Luxfer per la produzione di bombole di ossigeno, o per le aziende minacciate, come la cartiera della Chapelle Darblay per la produzione di maschere, attraverso finanziamenti pubblici è essenziale. Il vostro Ministro dell’Economia ha parlato bene di possibili nazionalizzazioni.

Abbiamo definito una lista di attività essenziali e siamo disponibili a discuterne con il governo.

Di fronte a questa pandemia globale, ribadiamo la nostra richiesta di dichiarare lo Stato di catastrofe sanitaria per potersi avvalere, ad esempio, di un’assicurazione e consentire il pagamento di una cassa integrazione al 100%.

La situazione che stiamo vivendo esige che tutte le aziende contribuiscano alla solidarietà della Nazione, per questo bisogna imporre per tutti, la soppressione dei dividendi agli azionisti. Per il momento, il vostro Ministro dell’Economia ha fatto una semplice dichiarazione chiedendo alle aziende che ricevono aiuti pubblici di non pagare dividendi.

Abbiamo l’esperienza della crisi finanziaria del 2008 e non ha funzionato, è del tutto insufficiente! Non c’è bisogno di ricordare che, fino a poco tempo fa, le società CAC 40 si preparavano a pagare ai propri azionisti 54,3 miliardi di euro, ovvero il 5,9% in più rispetto al 2019. Concorderete che si tratta di un record di tutti i tempi. È soprattutto una questione di decenza, giustizia e solidarietà nazionale!

Va da sé che il controllo degli aiuti pubblici alle imprese deve essere garantito e che occorre prestare particolare attenzione alle conseguenze in termini di occupazione che potrebbero colpire i lavoratori, in particolare nelle piccole e medie imprese, nei settori dell’economia sociale e solidale e più in generale in tutti i settori di attività, in collaborazione con le organizzazioni sindacali rappresentative.

È necessario adottare, entro il termine, un provvedimento che vieti tutti i licenziamenti per qualsiasi motivo e l’immediata sospensione di tutti i piani di salvaguardia dell’occupazione (ricollocamento dei dipendenti il cui licenziamento economico è inevitabile, ndt) o dei piani di ristrutturazione delle imprese.

È necessario prestare particolare attenzione alla situazione dei più vulnerabili e quindi prendere decisioni immediate a favore dei disoccupati, dei lavoratori precari, dei lavoratori temporanei o stagionali, dei lavoratori delle piattaforme digitali ed adottare misure di protezione sociale estese.

In questo periodo i dipendenti hanno più che mai bisogno del loro sindacato al loro fianco, ed è per questo che vi ricordiamo l’impegno assunto dal vostro Ministro dell’Interno di redigere una specifica autorizzazione nazionale per consentire a tutti i funzionari eletti e incaricati di circolare liberamente e di intervenire nelle aziende o nei servizi. Fino ad oggi, questa promessa non è stata ancora una volta mantenuta.

I lavoratori stanno pagando un prezzo pesante, anche finanziariamente, in questa crisi sanitaria. Molte voci si levano fortemente per affermare che molti lavoratori in prima linea, sia nell’industria alimentare, nel commercio, nell’assistenza personale, nella sanità o nei servizi medico-sociali, nei servizi di raccolta dei rifiuti, non sono adeguatamente retribuiti e riconosciuti nel loro lavoro, anche se sono “in prima fila”.

Molti scoprono la loro busta paga con notevoli perdite di retribuzione, legate in particolare alla scomparsa di parti variabili della retribuzione (bonus vari, calcolo basato su forfait giornalieri, ecc.).

È quindi vostra responsabilità chiedere al vostro Ministro del Lavoro di procedere ad un immediato aumento del salario minimo che dovrà riflettersi nella scala salariale. Un aumento significativo del punto indice nell’impiego pubblico deve essere un impegno da parte del vostro governo.

Chiediamo anche, oltre al pagamento del 100% della disoccupazione parziale, il mantenimento dei contributi sociali, consentendo a tutti l’accesso alla protezione sociale complementare (salute e previdenza).

Infine, il mondo è totalmente scosso da questa crisi e nulla sarà più lo stesso quando ne usciremo. Governare vuole dire prevedere e la vostra gestione della pandemia non l’ha dimostrato in modo convincente. É quindi urgente fare un bilancio, insieme ai sindacati, dei radicali cambiamenti politici che devono essere fatti in molti settori economici e sociali.

La CGT avanza proposte per trasformare questa società intorno ai valori del progresso sociale, della solidarietà e della sicurezza, sia lavorativa che ambientale.

La CGT chiede quindi l’istituzione di una “previdenza sociale professionale” per tutti, in modo che nessun lavoratore, indipendentemente dal suo status, subisca ulteriori sospensioni dei suoi diritti, nel riconoscimento delle sue qualifiche e della sua esperienza.

È necessario istituire una previdenza sociale integrale, una previdenza sociale al 100% basata sul salario sociale, fondata sui principi fondanti della previdenza sociale, che sono la solidarietà e l’universalità, integrando i nuovi bisogni non ancora soddisfatti e adattandoli alle nuove forme del lavoro.

L’obiettivo è quello di rispondere a bisogni fondamentali, basati sul principio del “bene comune universale”, sulla rivalutazione del lavoro, sulla conservazione dell’ambiente e sull’anticipazione delle transizioni necessarie affinché l’attività umana non danneggi il futuro del pianeta. Ciò implica anche l’emergere di un’altra economia e di un altro modo di consumare.

Diciotto organizzazioni sindacali e associative hanno pubblicato un comunicato congiunto per anticipare e costruire il “giorno dopo”. Ecco alcune delle idee che hanno proposto:

Rilocalizzazione delle attività, nell’industria, nell’agricoltura e nei servizi, consentendo una maggiore autonomia di fronte ai mercati internazionali, riacquistando il controllo dei metodi di produzione e avviando una transizione ecologica e sociale delle attività.

Riorientamento dei sistemi produttivi, agricoli, industriali e dei servizi per renderli socialmente più giusti, in grado di soddisfare i bisogni primari della popolazione e focalizzati sul ripristino dei principali equilibri ecologici.

Istituzione dei mezzi finanziari per i servizi pubblici, il cui stato disastroso è crudelmente rivelato dalla crisi del coronavirus: sanità pubblica, istruzione e ricerca pubblica, servizi per le persone anziane, ecc.

Revisione totale delle normative fiscali internazionali per combattere efficacemente l’evasione fiscale e affinchè i più ricchi siano chiamati a contribuire maggiormente, attraverso un’ambiziosa e progressiva tassazione del patrimonio e del reddito.

Siamo convinti che questi importanti riorientamenti siano indispensabili per costruire una società equa, solidale e sostenibile in campo economico, sociale ed ecologico.

La prego di accettare, signor Presidente della Repubblica, l’espressione dei miei rispettosi saluti.

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