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Pronto il Memorandum “strangola-Pigs”

La sentenza della Corte Suprema tedesca, due giorni fa, ha acceso i riflettori sulle gravissime incongruenze dell’architettura europea, piazzando cariche esplosive nei punti critici.

Il punto politico rilevante è piuttosto chiaro: le regole europee scritte nei Trattati e valide per tutti i Paesi, obbligati a tradurle all’interno delle rispettive legislazioni e Costituzioni, sono apertamente messe in discussione dal Paese economicamente più forte del Vecchio Continente.

Non era mai accaduto prima, anche se sono cronaca costante i mal di pancia e le “forti contrarietà” tedesche rispetto alle poche decisioni non perfettamente sagomate sui desiderata di Berlino. Prima fra tutte la scelta del Quantitative Easing varato da Mario Draghi, come presidente della Bce, nel 2015, oggetto ora della sentenza di Karlsruhe.

Di conseguenza, nella discussione che prosegue nell’Eurogruppo convocato per domani (i ministri delle finanze di tutti i Paesi membri), sugli strumenti per finanziare il contrasto sanitario alla pandemia e la “ricostruzione” di un’economia continentale data in caduta libera (-7,7% nel 2020), si può dare per scontata una accentuata “rigidità” da parte del “blocco del Nord” (Germania, Olanda, Austria, Finlandia).

La previsione pressoché unanime è che sul tavolo, per i Paesi in maggiore difficoltà – come l’Italia e la Spagna – ci sarà soltanto il famigerato Mes, sia pure a “condizionalità ridotte e/o posticipate”. Il lavoro preparatorio per l’Eurogruppo ha già partorito un pre-accordo che la dice lunga:

a) i Paesi richiedenti i fondi del Mes dovranno firmare comunque un “Memorandum of Understanding”. Ma siccome questo termine evoca immediatamente la tragedia della Grecia – anche quella nel 2015 – gli è stato cambianto il nome: ora si dice Template response plan. In pratica un “modulo” contenente un elenco di voci di spesa consentite e considerate “idonee”, da finanziare con i prestiti concessi dal Mes (ricordiamo che sono soldi messi a suo tempo dagli stessi Stati membri, quindi per il 17% anche dall’Italia, non dallo spirito santo).

b) le “condizionalità” e la sorveglianza saranno più light rispetto a quanto applicato nei confronti di Atene, ma in futuro la Commissione europea potrà usare la sua autorità per chiedere ad un paese di rientrare nei ranghi, ossia nelle regole del Patto di stabilità e crescita. Non c’era neanche bisogno di aggiungerlo, perché questa eventualità è prevista dai trattati europei che regolano il percorso della legge di stabilità annuale dei singoli Paesi (Six Pack e Two Pack). Ma ci hanno tenuto a precisarlo. In pratica, a chi chiede il ricorso al Mes verrà applicato un laccio al collo, e sarà la Commissione a decidere tempi, modi e intensità della stretta.

c) Il “fronte del Nord” preme comunque per la determinazione di tempi abbastanza stretti per pianificare la restituzione del prestito del Mes, mentre ovviamente i paesi Pigs (Portogallo, Italia, Grecia, Spagna, ma anche Francia) preferirebbero tempi molto più dilazionati. Diciamo che questo è l’ultimo spazio di finta contrattazione rimasto nella riunione di domani. In pratica una preghiera di “stringere piano” quel cappio…

E’ il caso di ricordare che questa follia sta avvenendo a fronte della più grave crisi verificatasi in Europa a partire dalla fine della Seconda Guerra mondiale (ricorre proprio domani il 75 anniversario), causata oltretutto da un evento “esogeno” rispetto alla sfera economica.

Una situazione, insomma, che richiede strumenti e idee “eccezionali”. E a cui si risponde con la robotizzata indifferenza di un algoritmo pensato per i tempi di vacche grasse, in altri millenni.

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