Abituati allo scetticismo con il quale molti intellettuali della “sinistra” spagnola (più o meno ortodossa, più o meno radicale) hanno guardato alla lotta del popolo catalano, colpisce l’interesse mostrato invece per le stesse vicende da uno studioso della decolonizzazione quale il portoricano Ramón Grosfoguel, attivista e docente di Studi latini alla Università di Berkely, le cui interviste e conferenze tenute in Catalunya hanno lasciato sul terreno molti spunti di riflessione.
Dal Dipartimento di Studi Etnici, istituito in seguito alle occupazioni che nella seconda metà degli anni ’60 contrapposero a lungo il movimento studentesco alla Guardia Nazionale, e difeso con la lotta nel corso dei decenni seguenti, Grosfoguel si dedica allo studio delle minoranze (afroamericani, latini, nativi…) e dei processi di decolonizzazione.
Secondo questa prospettiva, Catalunya si trova in una vera e propria situazione coloniale, la cui peculiarità non ne inficia la natura. Per parlare di colonia infatti “non è necessaria una amministrazione coloniale classica. La colonia si definisce per una relazione di dominio di uno stato imperiale su altri popoli“.
Per il sociologo portoricano la gestione della pandemia ne ha fornito un chiaro esempio: “Madrid ha deciso di liquidare l’autonomia di Catalunya e delle altre comunità e dalla capitale hanno gestito le autonomie locali, privandole della loro sovranità. Perciò parlo di colonia. Alla mercé dei voleri dell’impero“.
A scanso di equivoci, l’impero al quale allude Grosfoguel non ha niente a che vedere con quello di Toni Negri e si riferisce invece al progetto di dominio sui differenti popoli della penisola (baschi, catalani, galiziani…) alla base dello stato spagnolo. “La Spagna continua a essere un progetto imperiale. È una grande invenzione. La Spagna come nazione non è mai esistita. Ci sono castigliani, catalani, baschi, andalusi. Ma la Spagna? Ha una origine imperiale nella concquista di Al-Andalus e delle Americhe“.
Un progetto imperiale ribadito da Franco nel cuore dell’Europa: “per molti versi la guerra civile spagnola non è che il ritorno nella penisola iberica dei metodi di colonizzazione impiegati nel nord Africa. Erano dieci anni che Franco compiva atti barbarici in Marocco. E porta lo stesso esercito sulla penisola“.
Per Grosfoguel, la lotta dei catalani è di straordinaria importanza proprio per lo Stato spagnolo, per completarne la decolonizzazione e per aprire un processo di rigenerazione democratica, nella convinzione che “purtroppo non ci sarà trasformazione se non proveniente dalla periferia di questo Stato“.
Risuonano le parole del leader della sinistra abertzale Arnaldo Otegi: “se vuoi democratizzare lo Stato devi cominciare per sostenere i processi costituenti delle nazioni senza Stato“, processi di rottura che darebbero il via a una profonda trasformazione della Spagna.
Parole rimaste ampiamente inascoltate nell’ambito della “sinistra” statale, anche quella radicale, spesso trincerata in un dogmatismo paradossale. Per molta sinistra spagnola, i catalani sarebbero dei “borghesi egoisti” e il loro movimento estraneo alla lotta di classe.
Un discorso che Grosfoguel smonta radicalmente con gli argomenti propri della decolonizzazione: “é il discorso classico della sinistra eurocentrica. La sinistra imperialista e colonialista. Quella che in ogni conflitto nazionale vede solo la borghesia. E in pratica sapete che fa? Si schiera con lo Stato imperialista, il nazionalismo sciovinista e la borghesia. Questo fa. E questo è il grande paradosso. In nome di una critica suppostamente anticapitalista e in nome della lotta di classe riaffermano la borghesia imperialista. È un vero e proprio classico: in Francia, durante la guerra d’Algeria, il partito comunista si schierò con lo stato francese contro il movimento di liberazione algerino. Per il PCF erano nazionalisti borghesi, Retrogradi perché la civiltà francese era ‘superiore’. E la sinistra spagnolista di oggi vede il nazionalismo dei popoli oppressi, ma non vede il proprio nazionalismo, quello del popolo oppressore. Ciò che oggi caratterizza lo spagnolismo è la cecità davanti al proprio nazionalismo. Un nazionalismo che in nome del suo contrario afferma un nazionalismo imperialista. E questo fa la sinistra spagnolista: si schiera al fianco dello Stato spagnolo e della borghesia imperialista spagnola. E non se ne accorgono. Lo fanno candidamente. La sinistra spagnola non vede fino a che punto è nazionalista“.
Per quel che riguarda la sinistra catalana, secondo il professore portoricano “deve continuare a svolgere un ruolo importante in questa lotta. Ma senza settarismi. Se pensi di portare a termine una lotta di liberazione nazionale con una sola classe sociale, soltanto con i lavoratori, sei un illuso. Non esiste in nessun caso al mondo. I movimenti di liberazione si avvalgono di più classi, sono plurali. Devi unire tutta la forza possibile del tuo popolo“.
Grosfoguel non parla di egemonia, ma il compito che assegna alla esquerra independentista sembra proprio quello di assumere la direzione del movimento per la costruzione della Repubblica. Nella prospettiva dell’accademico portoricano, il settore liberaldemocratico di Puigdemont fa parte dell’ampio schieramento che ha messo all’ordine del giorno la fine della continuità col franchismo (ben rappresentata dalla monarchia), la rottura dello stato spagnolo e la costruzione di una repubblica più avanzata sul terreno sociale.
Perciò nel contesto catalano “Puigdemont è più a sinistra di Ada Colau. Nel contesto catalano Ada Colau è di destra. Cosa ha fatto per essere riconfermata sindaco? Si è messa daccordo con Manuel Valls e Ciutadans! Tutto per evitare che ERC, un partito indipendentista, governasse Barcellona. Più di destra impossibile“.
La pungente riflessione di Grosfoguel non cancella la critica al radicalismo borghese di Puigdemont, i cui limiti sono risultati evidenti: a parte la concezione liberale dell’economia, la fiducia nell’intervento degli stati europei e l’indecisione che non ha permesso di portare fino alle ultime conseguenze la sfida del referendum del primo ottobre, sono state pagate con l’esilio, il carcere e la repressione di centinaia di militanti (solo questa settimana il tribunale di Figueres ha citato a processo 197 persone indagate per il blocco stradale organizzato da Tsunami Democratic, alla frontiera de La Jonquera).
Tutto ciò conferma il fatto che oggi sia necessario mettere in discussione lo Stato spagnolo. Per farlo Grosfoguel auspica un ampio e plurale fronte indipendentista in grado di superare la tentazione autonomista e riprendere il cammino della lotta, interrotto con il tavolo di dialogo e il via libera di ERC al governo PSOE – Podemos.
L’opinione di Grosfoguel è che per un simile schieramento ci sarebbero discreti margini di crescita, dettati anche dalla congiuntura che viene: “è chiaro che, come nel 2008, il PSOE amministrerà i tagli che verranno. Torneremo a una situazione di asfissia economica imposta dalla Germania e dalla BCE allo Stato spagnolo, che si riverbererà su Catalunya“.
Perciò è necessaria la ripresa della lotta, congelata dal binomio trattative-coronavirus, ma di cui si intravedono alcuni segnali: gli scioperi degli operai dello stabilimento catalano della Nissan (che ha annunciato la chiusura) e per il quale l’esquerra indipendentista reclama la nazionalizzazione, il ritorno del blocco stradale alla Meridiana di Barcelona e la recente contestazione al re Felip VI in visita in Catalunya, con il sabotaggio ferroviario che ha causato l’interruzione dell’alta velocità con Madrid e con la Francia.
Un auspicio di lotta, quello di Grosfoguel, che si sposa bene con la sua più generale proposta di alleanza tra le classi subalterne dell’emisfero nord e i dannati della terra, abituale materia di studio del sociologo portoricano. Che osservando Catalunya con la lente della decolonizzazione, assegna al movimento indipendentista un ulteriore compito, dalla portata per così dire storica: rifiutare la mera riproposizione del modello di Stato-nazione su scala catalana per elaborare invece “forme plurinazionali d’autorità politica (così come i popoli indigeni dell”America Latina) o una confederazione di popoli sovrani cone nel caso dei Kurdi“.
Una lente eterodossa quella di Grosfoguel, ma assai interessante per la sinistra-sinistra di ogni latitudine.
Andrea Quaranta
*****
Le interviste a Grosfoguel si trovano in: https://www.vilaweb.cat/noticies/grosfoguel-catalans-situacio-colonial/
https://www.vilaweb.cat/noticies/grosfoguel-junquerisme-rendicio/
In rete si trovano anche molti interventi di Grosfoguel (in castigliano), tra cui la conferenza tenuta all’Ateneu Popular Salvadora Catà di Girona nel luglio 2018 (su razzismo e decolonizzazione) all’indirizzo https://www.youtube.com/watch?v=D9Xp7SxzHBk e la video risposta a Juan Carlos Monedero (sulla sinistra spagnolista) all’indirizzo http://www.royofraguas.net/la-critica-grosfoguel-monedero/
La citazione di Otegi è tratta dal libro di Lluc Salellas La rebellió catalana, Pagès editors, 2017.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa
mario pansera
Caro Andrea
la narrativa della Catalunya nazione colonizzata mi pare una prospettiva alquanto bizzarra, se non del tutto fuorviante. Le elite catalane sono state. da sempre parte centrale nelle colonizzazioni delle americhe e persino del Regno di Napoli. Per quanto riguarda poi la perla di Puigdemont piu di sinistra di Colau… beh basterebbe dare un’occhiata agli ultimi 20 anni di politiche liberiste della destra nazionalista catalana per farsi un’idea di cos’e’ oggi il catalanismo. Nel progetto ‘liberal democratico’ della destra catalana come lo definisci non c’e’ traccia alcuna di un nuova politica sociale.
Come dice Vincent Navarro, le classi popolari catalane non sono indipendentiste perche lo zoccolo duro del indipendentismo catalano e’ un progetto reazionario.
Stiamo attenti ad usare parole come coloniamismo!
un caro saluto
Mario Galati
Un Lenin-Puigdemont è ciò che occorre ai dannati della terra catalani e del terzo mondo accomunati dall’oppressione coloniale.
Meno male che si è rivelato.
giancarlo staffolani
non si può riproporre impunemente come esempio il fallimentare “conferderalismo kurdo senza stato”(?!?) dopo il disastro in Siria, con gli abboccamenti a Israele, la concessione di basi militare e pozzi di petrolio siriano agli Usa, senza dimenticare che poi a salvare l imiliziani curdi dall’annientamento da parte dei turchi è stato l’intervento decisivo dell’Esercito della Repubblica Araba Siriana del “famigerato” Assad”. I Compagni Palestinesi del FPLP lo hanno capito ed condannato senza equivoci.
La Catalogna nazione deve conquistare l’indipendenza ed instaurare uno “stato ad economia pianificata” fuori dalla UE e dalla Nato, in solidarietà con tutti i popoli, nazioni e stati indipendenti. Per le illusioni pre-marxiste non c’è più spazio, se non per qualche “isoletta felice” elitaria e compatibile gentilmente concessa dallo stato imperialista.