Quasi tutti conoscono la storia del caporale Alfred Liskov, trentenne comunista della prussiana Kolberg (oggi Kołobrzeg, in Polonia) arruolato nella 15° divisione di fanteria della Wehrmacht, che nella tarda serata del 21 giugno 1941 attraversò a nuoto il Bug occidentale e si consegnò ai soldati sovietici, avvertendoli che il mattino seguente le truppe tedesche avrebbero attaccato l’Unione Sovietica. Qualcuno gli credette, qualcun altro no; insomma, fu poi internato, quindi rilasciato e, in definitiva, sembra che forse (!) sia morto a Novosibirsk, non si sa bene come e perché, nel 1943, dopo essere entrato in conflitto con la sezione tedesca del Comintern.
Oltre a Liskov, tra il 18 e il 21 giugno 1941, ci furono altri tre avvertimenti, da parte di altrettanti disertori della Wehrmacht: un mugnaio polacco, arruolato nell’esercito tedesco, un Oberfeldwebel (sergente maggiore), una dattilografa della Kommandantur tedesca a Terespol, nella Polonia occupata dai tedeschi, ad appena una decina di km a ovest della fortezza sovietica di Brest, su cui sarebbe gravato l’urto principale dell’attacco nazista, alle 4 del mattino del 22 giugno 1941.
E, comunque, sicuramente tutti conoscono la storia del Generalfeldmarschall Friedrich Paulus, accerchiato a Stalingrado con la VI Armata tedesca, divenuto in prigionia una delle voci più famose del Nationalkomitee Freies Deutschland, e vissuto quindi dopo la guerra nella DDR, sino alla morte, a Dresda, nel 1957. Per non parlare poi dei famosi avvertimenti di Richard Sorge da Tokyo, punto di forza della storiografia antisovietica: i messaggi del più celebre agente del Comintern sarebbero stati volutamente ignorati da Stalin, col risultato che tutti conoscono.
In realtà, da Mosca erano partiti, sin dalla metà di giugno, gli ordini di messa in stato d’allerta alle frontiere occidentali; lo storico Arsen Martirosjan accusa quella che lui definisce “la mafia di Kiev” (i comandi che ancora nel 1941 seguivano il cosiddetto “piano della disfatta” di Mikhail Tukhčevskij) di aver rafforzato il fronte ucraino, a scapito di quello bielorusso, da cui i tedeschi avrebbero poi realmente attaccato. Ma questa è un’altra questione, non direttamente legata alla storia di cui qui si parla.
Storia che racconta una vicenda di cui si parla molto meno e che riguarda un altro soldato tedesco, che aveva volontariamente disertato la Wehrmacht già nei primissimi giorni dell’aggressione nazista ed era passato all’Esercito Rosso.
Se ne parla meno, forse perché, nel caso degli altri “transfughi”, si può, tanto per non perder l’abitudine, addossare il mistero della fine di alcuni di essi al malvagio NKVD (Narodnyj komissariat vnutrennikh del: Commissariato del popolo agli affari interni) sovietico, la qual cosa non passa mai di moda; mentre in questo caso, si dovrebbe parlare delle carceri della “democratica” Germania “unita” e di quanti funzionari, personaggi politici, semplici dipendenti statali della DDR, “colpevoli” di non aver rinunciato alle proprie convinzioni, abbiano vissuto l’annessione nelle galere del vicino occidentale. E allora, meglio tacere.
Dunque, ecco Heinz Keßler, mitragliere della Wehrmacht, che disertò il 15 luglio 1941 a Bobrujsk, a est del Berezina; prigioniero dell’Esercito Rosso, già dal 1942 prende parte all’attività di propaganda antifascista al fronte, nelle file del 7° dipartimento della Direzione politica principale dell’Esercito Rosso, invitando alla resa le unità tedesche; dal 1943 al 1945 anch’egli membro del Comitato Nazionale Germania Libera. Dopo la guerra, vissuto nella Repubblica democratica tedesca sino all’annessione occidentale.
Nato nel 1920 a Lauban, Keßler fu a lungo vice Ministro della difesa e capo di Stato maggiore della Nationale Volksarmee e poi, dal 1985 al 1989, fu l’ultimo Ministro della difesa della DDR.
Il giornalista Georgij Zotov ha ricostruito sul sito Fitzroymag.com le tappe principali della vita di Keßler. Con il titolo “Hitler è uno stupido; io amo i russi”, Zotov parla di “Heinz Keßler, che combatté per la patria sovietica”.
Per parte nostra, aggiungiamo solo di non condividere la non condivisione di Zotov per “alcuni punti di vista di Heinz Keßler” a proposito del comunismo.
Così inizia l’articolo pubblicato il 12 agosto 2020.
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“Questo soldato della Germania nazista, passò dalla nostra parte nell’immediato inizio della guerra, per “combattere per la patria sovietica”. Condannato a morte nel Reich e, dopo, recluso nella RFT, non tradì le proprie convinzioni. Nel 2017 il suo ritratto fu portato sulla Piazza Rossa insieme a tutti quelli del Reggimento immortale.
“E se fosse una spia?”77
Heinz Keßler era nato il 26 gennaio 1920 a Lauban (oggi Lubań, in Polonia) nella Bassa Slesia ed era cresciuto in un famiglia di convinti comunisti. Già da ragazzo leggeva le opere di Lenin, Marx, Engels; in strada, si batteva duramente con i ragazzotti dell’organizzazione hitleriana “Jungvolk”. Dopo la presa del potere da parte di Hitler, il Partito comunista fu messo fuori legge, molti suoi membri giustiziati o gettati nei lager. Heinz dovette nascondere il proprio passato, studiò come meccanico di auto, racimolando qualche soldo con piccole riparazioni.
Il 15 novembre 1940 fu chiamato sotto le armi, ma appena 3 settimane dopo l’attacco tedesco all’URSS, Heinz passò (come dichiarato da lui stesso) “dalla parte della verità”. A lungo non gli credettero. Per i funzionari del NKVD, per gli ufficiali superiori, era difficile da comprendere: ma davvero è sincero questo giovane? Non è che la ricognizione del führer lo avrà mandato in missione segreta!
In effetti, massicce diserzioni tedesche si verificarono al fronte solo quando la sesta armata di Paulus rimase accerchiata a Stalingrado, mentre nel primo mese di guerra ce ne furono soltanto due. Per di più, il primo – ancor prima dell’inizio effettivo delle ostilità: alle 9 di sera del 21 giugno 1941 – il caporale della Wehrmacht Alfred Liskov, passato a nuoto il Bug (non lontano da L’vov), si era consegnato prigioniero ai reparti di frontiera sovietici, avvisandoli che al mattino la Germania nazista avrebbe attaccato l’URSS. Purtroppo non fu prestata fede alle sue parole…
All’inizio, si tenne lo stesso atteggiamento anche nei confronti di Keßler, nonostante che, nel Reich, Heinz fosse stato condannato alla fucilazione in contumacia per “tradimento del Grande Führer”.
“Morirete congelati”
Ciononostante, il tenace Keßler non si dette per vinto. Internato al lager di Spaso-Zavodskij per i prigionieri di guerra tedeschi (nella RSS del Kazakhstan, non lontano da Karaganda), continuò a inviare senza posa lettere del tipo “villaggio; al nonno” (“Mosca, Cremlino; a Stalin”), ribadendo che voleva combattere contro Hitler, battersi per nuova Germania socialista.
Tra i prigionieri tedeschi, molti odiavano il “traditore”, ma Heinz non rimase isolato: si avvicinò all’antifascista il mitragliere Franz Gold, anche lui comunista, passato all’Esercito Rosso nel settembre 1941, nell’area di Velikie Luki, portando con sé le proprie armi. Questa coppia testarda sorprese così tanto la direzione sovietica, che alla fine fu consentito di inviare Keßler e Gold a corsi di cinque mesi presso la Scuola Antifascista, in cui si addestravano i soldati della Wehrmacht desiderosi di voltare le spalle a Hitler, illustrando il pericolo del nazismo e la superiorità del socialismo.
Nel dicembre 1942, Keßler fu inviato al fronte, e qui si rivolse con l’altoparlante alle unità tedesche, attestate sulla difensiva nell’area di Velikie Luki: “Ragazzi, sono tedesco e vi giuro che i russi si comportano bene con i prigionieri. Riflettete: al diavolo Hitler, morirete congelati nelle trincee, mentre i vostri ufficiali bevono champagne e mangiano salmone”. I nazisti furiosi fecero fuoco sul “traditore”; Keßler chiese un fucile e iniziò a rispondere al fuoco. Non era certo timoroso, il ragazzo.
Dal 1943, Heinz Keßler è già responsabile al fronte del Comitato nazionale “Germania libera”, organizzazione di prigionieri di guerra tedeschi in URSS. Si occupa di attiva agitazione nella zona di Brjansk e ottiene non pochi successi coi suoi appelli: nel settore del suo “show”, i tedeschi si danno volentieri prigionieri. Rivolgendosi ai soldati di linea, parlava in modo semplice: “poveri miei amici traviati”; mentre infamava a più non posso gli ufficiali hitleriani.
Anche il suo amico Franz Gold rivolgeva appelli alla Wehrmacht nel settore di Velikie Luki e, primo tra i prigionieri tedeschi, portò al sicuro, fuori del campo di battaglia, un soldato sovietico ferito, tanto da meritare come riconoscimento l’Ordine della Stella Rossa. Keßler fu promosso e iniziò a lavorare alla stazione radio di Lunëvo: da allora venne considerato un propagandista “professionale”.
Pochi mesi dopo la capitolazione del Reich, Heinz arrivò a Berlino. Entrato a far parte del Partito comunista tedesco, l’antifascista scelse la carriera militare: nel 1950 (all’età di 30 anni, e col grado di generale), fu nominato capo del dipartimento di polizia aerea della DDR. Franz Gold, col grado di tenente generale del Ministero per la sicurezza nazionale della DDR, si occupava della sicurezza delle prime personalità dello stato; morì nel 1977, poco dopo essere andato in pensione. Successivamente, Keßler avrebbe detto: “Oggi invidio il mio amico, perché non ha visto la fine della causa di tutta la nostra vita”.
Un’aquila senza la svastica
… Mi sono incontrato con Heinz Keßler a Berlino nel 2009, quando stava per compiere novant’anni. Nel 1971 il generale aveva avuto un incidente ed era rimasto 8 mesi in ospedale con svariate fratture: si era rimesso in piedi, ma non si era mai ripreso completamente. Di fatto, era invalido. Ciononostante, mi aveva stupito con il suo spirito e il suo umorismo. Nel corso del breve colloquio, Heinz era passato alla lingua russa e mi aveva detto orgogliosamente di essere stato decorato con Ordini sovietici: quello della Grande guerra patriottica di 1° grado e quello della Stella rossa.
“È difficile al fronte fare agitazione contro la tua stessa gente?”, buttai là senza pensare. L’espressione di Keßler cambiò. “Non erano i miei, figliolo” rispose brusco; “Chi è con Hitler, è uno psicopatico, una canaglia. Ho combattuto per la nostra patria sovietica … (e qui un sorriso gli illuminò il viso). E ti dico sinceramente: io sono del tutto un ragazzo russo!”
Un uomo anziano e storpiato, dopo la caduta del muro di Berlino e l’unificazione delle due Germanie, è rimasto rinchiuso 6 anni in una prigione della RFT. Era stato condannato nel 1993, col pretesto che avrebbe dato ordine alle guardie di frontiera di uccidere i fuggitivi che scappavano a Berlino Ovest. Il generale aveva rigettato l’accusa, dichiarando di aver ordinato di fermare i violatori della frontiera, ma non si era mai trattato di sparare.
“Ecco, è divertente” sospirò Keßler; “Sotto Hitler, non ero finito in prigione, ma sotto un governo democratico, subito in gattabuia. Bella cosa la vostra democrazia: tutta la differenza sta in un’aquila senza la svastica“.
Non andava bene a tutti
Negli anni 1985-1989, da Ministro della difesa della DDR, Keßler era entrato in conflitto con il leader della Germania orientale Erich Honecker, sulla questione della necessità di avviare riforme economiche sul modello cinese, altrimenti tutto sarebbe crollato. Honecker non lo ascoltò: “se sarà necessario, l’URSS ci darà ancora soldi”.
Evidentemente, quest’uomo non andava bene a tutti. Chiuso in prigione, non si piegò, dichiarando alla stampa di non aver alcuna intenzione di cambiare le proprie convinzioni. Il governo della RFT si sentiva a disagio: del resto, aveva gettato dietro le sbarre un vecchio che si era rifiutato di obbedire agli ordini di Hitler. Heinz non scontò completamente il termine di reclusione: venne rilasciato per “motivi di salute”.
Tornato in libertà, Heinz Keßler si mise a scrivere memorie: in uno dei suoi libri scrisse che, se non fosse stato costruito il muro di Berlino, sarebbe scoppiata la guerra. Nel 2015, il generale (tra cento alti ufficiali della DDR) sottoscrisse un appello aperto alla NATO, in cui tra l’altro si diceva: “L’Esercito nazionale del popolo della DDR non ha mai partecipato a conflitti, la nostra priorità è sempre stata la pace. Siamo contrari a che la guerra divenga strumento della politica!“.
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Georgij Zotov conclude così: “Io non condivido alcuni punti di vista di Heinz Keßler: in particolare la sacra (e addirittura cieca) fede nel comunismo quale migliore ideologia per gli abitanti della Terra. Ma l’operaio di Lauban che, nel periodo più terribile, aveva offerto il proprio aiuto all’Esercito Rosso, che era stato condannato a morte in contumacia dal tribunale nazista, che non ha cambiato le proprie convinzioni né sotto Hitler, né nelle galere della RFT, è degno di sincero rispetto.
Heinz Keßler è morto il 2 maggio 2017, all’età di 98 anni. Esattamente una settimana dopo, alla marcia del “Battaglione immortale”, nel Giorno della vittoria, una delegazione tedesca portava il suo ritratto sulla Piazza Rossa, a Mosca, onorandolo quale implacabile combattente contro il fascismo.
(traduzione e premessa di Fabrizio Poggi)
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