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Come combattere i volti del fascismo americano

Gli ultimi due mesi della campagna elettorale americana si stanno caratterizzando per un inedito innalzamento del livello di scontro di piazza.

Trump cerca di fare di tutto per rimuovere dal discorso politico la disastrosa gestione della Pandemia, con più di 183.000 morti e un incremento giornaliero dei contagi solitamente superiore ai 36.639 registrati l’ultimo giorno d’agosto.

Il numero di casi confermati di COVID-19 negli Stati Uniti ha superato i 6 milioni, con un bilancio delle vittime di oltre 183.000” Riporta il canale d’informazione indipendente statunitense «Democracy now!».

Più di un milione di persone sono risultate positive nelle ultime tre settimane negli Stati Uniti e oltre 4.000 americani sono morti di COVID-19 solo durante la Convention Nazionale Repubblicana della scorsa settimana. Questo è più del numero totale di persone uccise negli attacchi dell’11 settembre.”

Un quadro clinico disastroso aggravato dalle ultime scelte dell’amministrazione, tra cui la nomina alla task force preposta alla gestione della situazione del dottor Scott Atlas, un collaboratore dell’emittente filo-repubblicana Fox News e neuro-radiologo della conservatrice Hoover Institution di Stanford, senza alcuna esperienza in epidemiologia o malattie infettive.

Atlas è al centro di un nuovo, schiacciante, rapporto del «Washington Post» intitolato: “Il nuovo consigliere pandemico di Trump promuove la controversa strategia di ‘immunità del gregge’, preoccupando i funzionari della sanità pubblica“.

Non viene usato espressamente questo termine dal consulente, ma la sostanza è quella.

Un chiaro riflesso della politica razzista dell’attuale amministrazione date le alte percentuali di decessi tra le “minoranze etniche” tra cui gli afro-americani, l’altra faccia della strutturale violenza poliziesca, dell’incarcerazione di massa.

Come abbiamo costantemente documentato, crisi sanitaria ed economica vanno a braccetto con conseguenze drammatiche sulle fasce più vulnerabili della popolazione.

Di fronte a questa politica tout court fallimentare, ad Orange Man non è rimasto che legittimare la violenza della polizia, aizzare i propri supporter contro i manifestanti – com’è avvenuto il fine settimana scorso a Portland nell’Oregon – e giustificare l’operato delle milizie dell’alt-right; non condannando tra l’altro il duplice omicidio avvenuto all’inizio della scorsa settimana da per di un 17enne di una milizia a Kenosha, nel Wisconsin, dove tra l’altro si è recato provocatoriamente questo primo settembre.

È l’ennesimo passaggio, dopo avere fatto balenare l’ipotesi dell’intervento dell’esercito all’inizio delle proteste dopo la morte di George Floyd avvenuta a maggio – avrebbe potuto farlo grazie ad una legge del 1807, ma il Pentagono si è messo di mezzo -, minacciato di dichiarare gli “Antifa” un’organizzazione terroristica (non avrebbe neanche potuto farlo, anche perché smentito da una relazione della stessa FBI “giunta” a «The Nation», che non contemplava alcuna correlazione tra disordini ed antifa a Washington) ed inviato agenti para-militari federali sullo stampo degli squadroni della morte. In primis proprio a Portland.

Una escalation del livello repressivo dettata più dalla necessità di costruire una narrazione efficace che dai bisogni di gestione di piazza – i dipartimenti di polizia sono “militarizzati” per addestramento ed equipaggiamento e la National Guard che è un corpo militare tout court è intervenuta in varie città – proponendosi come unico antidoto “law and order” al chaos dovuto alla mollezza di sindaci e governatori democratici e strenuo difensore della classe media “sub-urbana”.

Trump ha necessità di mantenere questo regime discorsivo che Biden non è in grado di ribaltare, men che meno con la sua condanna bipartisan delle “violenze”, come se potessero essere equiparate l’offensiva delle milizia dell’estrema destra e le necessità di autodifesa dei manifestanti e porsi equidistante tra i due.

L’attuale Presidente ha buon gioco quindi ad usare contro i manifestanti i suoi “pretoriani”, in divisa o meno, tra l’altro non prendendo le distanze dalle diffuse teorie “cospirazioniste” che sono l’humus intellettuale ideale per far passare la visione del mondo trumpiana.

Qualcosa però sembra prendere una piega inaspettata.

In una interessante inchiesta del New York Times su Portland, il quotidiano statunitense riporta (tramite uno dei responsabili della sicurezza dei manifetsanti, Reese Monson) che parte dei protagonisti delle mobilitazioni, da tre mesi consecutivi in piedi nella capitale dell’Oregon, sta considerando di adottare un giubbotto anti-proiettile come “abbigliamento protettivo”. Molti ormai vanno armati, cosa che viene sconsigliata ma non condannata da Monson, che però porta lui stesso un taser.

Nel mentre la necessità di tenere la piazza ha fatto adottare ai dimostranti tecniche di “guerriglia di strada”: uso dei veicoli come barriera per gli attacchi, un codice per la comunicazione, ecc.

Come scrive il NYT: “la polizia a Portland ha riportato che due dei 29 manifestanti arrestati alla dimostrazione di sabato notte avevano con sé delle pistole”.

A fare le spese dell’innalzamento del livello di scontro stavolta è stato Aaron J. Danielson, un membro della milizia integralista cristiana “Patriot Prayer”, residente a Portland, rimasto ucciso da colpi di arma da fuoco nella notte dell’assalto compiuto dai sostenitori di Trump contro i dimostranti, in continuità con i vari attacchi compiuti nei giorni precedenti.

Nel mentre anche l’ala progressista del Partito Democratico ed i suoi apparati culturali sembrano essere teoricamente, strategicamente e materialmente “disarmati” per reggere questo livello di scontro, abbiamo ritenuto tradurre questa intervista all’esperienza delle Pantere Nere, L’antifascismo multirazziale del Black Panther Parthy”, pubblicata da Roar Magazine e curata da Yoav Litvin.

In questo scambio a “tre voci” emerge come in maniera organizzata le Panthers abbiano affrontato il “fascismo americano” in tutte le sue declinazioni, promuovendo un ampio fronte “multi-razziale” – “inter-comunitario” secondo la loro definizione – che coinvolgesse altre soggettività politiche, oltre all’autodifesa armata ed al soddisfacimento delle necessità di base della comunità, tra cui quelle sanitarie.

Gli intervistati che si occupavano dei progetti ambulatoriali sono poi divenuti medici. Una realtà molto diversa dalla rappresentazione caricaturale che la cultura mainstream – anche quella liberal – ha dato a questa fase e a quest’esperienza della militanza afro-americana, oggi come all’ora avanguardia del movimento.

Oggi la situazione sociale è esplosiva, la classe dirigente repubblicana rivendica senza problemi il suo carattere apertamente razzista e violento, ed i democratici sono una pallida opposizione – impenetrabili nel loro establishment ad istanze un poco meno centriste e moderate  – all’affermazione del fascismo americano, la storia delle Pantere è una fonte d’ispirazione o come dice uno dei due intervistati:

Vorrei incoraggiare le persone più giovani, che sono giustamente arrabbiate, a guardare al BPP. Non necessariamente come un modello da replicare o un’organizzazione perfetta, ma come un pezzo di storia che potrebbe avere qualcosa da offrire, un’organizzazione con un programma e una piattaforma, con l’intenzione di trasformare la società attraverso l’organizzazione e le azioni concrete. Vorrei anche incoraggiare le persone la necessità oggi di un fronte unito contro il fascismo. Non penso che il rischio di precipitare nel baratro del fascismo sia mai stato così vicino come oggi in questo paese, sotto l’amministrazione Trump..

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Nei tardi anni sessanta-settanta, Il Black Panther Parthy (BPP) rappresentò l’avanguardia rivoluzionaria, antifascista e antirazzista negli Stati Uniti. Il BPP stilò un manifesto inclusivo e di classe, promosse l’uso delle armi come autodifesa e creò una grande varietà di programmi per la resistenza popolare (community survival programs), che includevano un sofisticato programma di educazione, cliniche sanitarie gratuite, la colazione per i bambini delle scuole, dibattiti e molto altro.

Inoltre il BPP utilizzò l’arte e la musica, attraverso i suoi giornali e i suoi gruppi musicali, per diffondere la sua agenda rivoluzionaria.

Nel 1969 il BPP riconobbe l’impellente necessità di un’alleanza fra i gruppi rivoluzionari per fronteggiare la forza pervasiva del capitalismo e dell’imperialismo statunitense. Nel numero del 31 maggio di The Black Panther newspaper pubblicò un appello: “…un fronte che abbia una comune ideologia rivoluzionaria e un programma politico condiviso che risponda alle necessità di base e ai bisogni di tutte le persone nella fascista, capitalista e razzista America.”

Tra il 18 e il 21 luglio del 1969, il BPP sponsorizzò una conferenza, facendo la chiamata ad un United Front Against Fascism” (UFAF – Fronte Unito Contro il Fascismo), una rete inclusiva e multirazziale contro il capitalismo, l’imperialismo e il razzismo statunitense.

La conferenza coinvolse circa 5000 persone provenienti da centinaia di organizzazioni radicali che rappresentavano i neri, Brown, i Latini, gli asiatico-americani e altre comunità marginalizzate, con l’aggiunta di diversi partecipanti bianchi.

L’assemblea dell’UFAF portò alla fondazione dei National Committees to Combat Fascism (NCCF – Comitati Nazionali per Combattere il Fascismo); una rete multirazziale con diverse diramazioni sotto la guida del BPP con l’obiettivo di promuovere il Programma per la Resistenza popolare (sempre del BPP), incluso il Controllo Popolare sulla Polizia (Community Control of Police).

Nel 1970, il ministro della difesa del BPP, Huey Newton, cambiò il nome del NCCF in Intercommunal Survival Committees to Combat Fascism (ISCCF (Comitato per la Resistenza Intercomunitaria per Combattere il Fascismo), in linea con la sua teoria sull’”inter-comunitarismo”.

Nella seguente intervista, ho parlato con i medici Dott. David Levinson e Dott. Gail Shaw, veterani del primo NCCF/ISCCF bianco di Berkeley, California. Levinson, figlio dei fondatori del NCCF Saul e CEC Levinson, ha fatto un tour suonando come membro del gruppo musicale del BPP chiamato The Lumpen, in un perfetto esempio della natura antirazziale del BPP. Shaw è capo archivista presso il Its About Time – l’archivio ufficiale del BPP – insieme al veterano del BPP Billy X Jennings.

Shaw e Levinson ci raccontano dell’inesplorato e rilevante portato della storia della cooperazione multirazziale e dell’alleanza antirazzista fra il BPP e i lavoratori di tutte le etnie; delle attività quotidiane dei NCCF/ISCCF di Berkeley e delle sue relazioni con il BPP, delle vere e proprie lezioni per le lotte di oggi contro il capitalismo e il suprematismo bianco, inclusa la spietata repressione sul BPP da parte dello stato; dei primi contributi nel campo della medicina da parte del BPP, che ha ispirato sia Shaw sia Levinson nel loro lavoro di medici.

Yoav Litvin: Qual è la tua esperienza dell’oppressione, ti è familiare?

Gail Show: Entrambi i miei genitori erano di prima generazione in questo Paese. Nella famiglia di mia madre erano ebrei polacchi e la maggior parte di loro fu uccisa ad Auschwitz. Mio nonno venne negli Stati Uniti da giovane, prima della guerra. La famiglia di mio padre emigrò da Kiev fino a qui, negli Stati Uniti, durante i pogrom precedenti alla rivoluzione bolscevica.

Sono stato cresciuto e tirato su con la cultura ebraica e mi è sempre stato insegnato di ribellarmi alle ingiustizie. I miei genitori mi hanno insegnato a fare quello in cui credevo, anche se erano cose che mi spaventavano. Sono cresciuta nella Miami che applicava la segregazione.

Mi ricordo che all’età di 6 anni venne a trovarci a New York il mio nonno russo. Parlava solo Yiddish e non leggeva nemmeno l’inglese. Era un uomo socievole ed estroverso. Stavamo andando all’alimentari del quartiere ed io ero assetata. C’erano due fontane d’acqua, marchiate con la scritta “bianchi” e “di colore”, e lui mi sollevò e mi fece bere da quella “di colore”. Lui non conosceva la differenza.

A quel punto uno sconosciuto si avvicinò e iniziò ad urlargli contro. Lui non capiva quello che stava succedendo – ma questa fu la mia prima consapevole esperienza con il razzismo.

David Levinson: Io sono nato a Brooklyn, New York e sono cresciuto a Berkeley, California. Entrambi i miei genitori erano progressisti e molto attivi politicamente. Parteciparono a diversi movimenti progressisti negli Stati Uniti – le lotte sui posti di lavoro degli anni quaranta, le lotte antifasciste durante il periodo della guerra, il movimento per i diritti civili incluso il Mississippi Summer Project, le lotte dei lavoratori nel settore agricolo per sindacalizzarsi in California e nel boicottaggio e nello sciopero dell’uva di Delano, e anche dell’attivismo contro la guerra in Vietnam.

Il mio attivismo è stato una naturale conseguenza dell’attivismo dei miei genitori. Loro erano entrambi ebrei. Mio padre crebbe a Spring Valley, New York, che all’epoca era principalmente un quartiere povero formato dalla classe operaia ebrea e nera.

I miei genitori hanno sempre cercato di inculcare ai loro figli la prospettiva per cui il popolo ebraico era storicamente un popolo oppresso e che noi ebrei dovevamo sempre agire come se ci fossimo appena liberati dalla schiavitù, che avremmo sempre dovuto combattere l’ingiustizia e l’oppressione. Mio padre si oppose con veemenza alle politiche israeliane contro i palestinesi, viste come delle politiche oppressive e in quanto tali contrarie alla nostra storia di ebrei.

Yoav Litvin: Parlateci del vostro attivismo nei NCCF/ISCFF.

Levinson: collaborare con il BPP è stato un progetto di famiglia. Il coinvolgimento della mia famiglia è iniziato quando mia madre ha conosciuto il Huey Newton Defense Committee, che organizzava e supportava la difesa di Huey, che cercava di far conoscere il suo caso e che lottava per il suo rilascio. Attraverso queste attività ci siamo avvicinati alla leadership del BPP.

La Conferenza del Fronte Unito Contro il Fascismo (UFAF) ha fatto una appello per fondare i NCCCF, “Comitati Nazionali per Combattere il Fascismo”, in modo da organizzare programmi concreti per opporsi al fascismo incipiente.

La mia famiglia ha fondato il primo gruppo di bianchi del NCCF a Berkeley. Eravamo lavoratori bianchi in un vicinato prevalentemente composto da bianchi poveri e dalla classe operaia. Abbiamo funzionato come una diramazione del BPP; in particolare partecipando e aiutando ad organizzare le azioni del BPP, frequentando le classi di formazione politica del BPP, vendendo il giornale del BPP e stando fianco a fianco con i membri del BPP.

Allo stesso tempo cercavamo di sviluppare alcuni programmi che rispondessero specificatamente ai bisogni del nostro quartiere. Avevamo un centro di quartiere aperto 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 dove lavoravamo e vivevamo insieme e dal quale abbiamo fatto partire un certo numero di “programmi di resistenza” (survival) nello spirito del BPP.

Questi programmi erano progettati per soddisfare bisogni specifici del quartiere e per fare un avanzamento a livello organizzativo in un’ottica trasformativa della società; una società basata sulla giustizia sociale e ambientale.

Uno dei programmi chiave era il “Controllo popolare sulla polizia”; col mettere i dipartimenti di polizia sotto il controllo popolare si intendeva di metterli nella situazione di combattere la violenza della polizia e di prevenire che i dipartimenti della polizia diventassero uno strumento della violenza di stato.

Nel nostro centro avevamo anche una clinica medica d’emergenza, un’ambulanza in servizio, servizi di ricambio delle finestre e di idraulica, dopo scuola per i bambini e assemblee di quartiere. Tutti questi programmi erano gratuiti e coinvolgevano molti membri del quartiere.

Yoav Litvin: Come veniva rappresentato il BPP dai media statunitensi? Qual era la vostra funzione come alleati bianchi?

Shaw: I media dipingevano il BPP come un gruppo d’odio, un gruppo nazionalista nero che promulgava odio, un pericolo per le persone bianche. L’esistenza di gruppi di bianchi del NCCF sotto la guida del BPP fungeva da contro narrazione. In più, il BPP aveva delle coalizioni con gruppi diversi dai gruppi di colore, per esempio col Partito per la Pace e per la Libertà, I Berretti Marroni, il gruppo per la Moratoria sul Vietnam e altri.

Il BPP ha organizzato, difeso e innalzato le comunità nere con un’analisi di classe e di sinistra, che riconosceva le comuni istanze affrontate dai poveri e dalle comunità oppresse.

Le persone poi non capiscono che è stato Fred Hampton ad iniziare La Coalizione Arcobaleno a Chicago e che Jesse Jackson più tardi ha cooptato quel gruppo. Hampton ha messo insieme la comunità degli Appalachi, la comunità nera, la comunità portoricana e altre. I NCCF/ISCCF a Chicago sono rimasti attivi fino al 1980. In aggiunta al programma di resistenza, inoltre, aveva un programma di visite nei penitenziari e un loro giornale – Keep Strong.

Come alleati bianchi, cìerano posti in cui potevamo andare e cose che potevamo fare che scatenavano non poca diffidenza – come ad esempio il trasporto di equipaggiamento tecnico per scopi difensivi.

Yoav Litvin: In che modo la tua partecipazione ai Lumpen, il gruppo musicale del BPP, ha permesso di trasmettere l’ideologia antirazzista del partito?

Levinson: Il ministro della cultura delle BPP Emory Douglas era il visionario dietro i Lumpen e il nostro mentore. Lui ha visto oltre i Lumpen ed è stato l’ingegnere dietro l’utilizzo dell’arte e della musica come un mezzo per diffondere i messaggi antirazzisti e di classe delle BPP.

Tutti noi, membri dei Lumpen, vedevamo il nostro lavoro culturale come un modo di diffondere il messaggio e il lavoro del BPP. Non è mai stata una questione di fama o di avidità personale. La performance era uno dei tanti compiti che ci assumiamo come quadri del comitato. Ho partecipato ai Lumpen per tutta l’esistenza del gruppo.

Avevano un sound ben stretto e un messaggio tempestivo – che parlava direttamente delle lotte delle persone normali. Ci siamo esibiti in diversi luoghi d’incontro; palestre dei campus dei college, cantine delle chiese nei quartieri poveri neri, centri di quartiere, club professionali e sale da concerto. I Lumpen hanno dato un eccellente contributo ai gruppi rythm and blues dell’epoca – come i Temptation, Smokey Robinson e i Miracles.

Durante un tour con i Lumpen siamo stati invitati a suonare dal sindacato degli studenti neri in un’università del Minnesota. C’erano due ragazzi bianchi nella band di quel tour, io al sassofono e un chitarrista che era stato assunto per la serata. Ci siamo esibiti nella palestra della scuola prima di un considerevole pubblico.

Durante l’esibizione è scoppiata una tempesta di neve. Siamo stati alloggiati lontani dal luogo dell’esibizione e il ritornare quella notte voleva guidare sotto la tempesta in condizioni pericolose. Il sindacato degli studenti neri, che era influenzato da tendenze nazionaliste all’epoca, ha offerto ai Lumpen e ai membri neri del gruppo alloggio in attesa che passasse la tempesta, ma non avrebbe ospitato i due che fra di noi erano bianchi; avremmo dovuto trovare qualcos’altro.

I membri dei Lumpen hanno rifiutato l’offerta, dicendo “non è quello che facciamo nel BPP. Se loro non rimangono, nessuno di noi lo farà”. Siamo allora tornati indietro fino a dove avevamo l’alloggio tutti insieme.

Yoav Litvin: Che cosa possono imparare i leader di oggi dalla fine del BPP? Come ha fatto lo Stato a sabotare la vostra organizzazione?

Shaw: Il BPP ha sottovalutato l’opposizione del nemico e quanta forza avrebbe usato contro un gruppo pacifico che cercava di migliorare la condizione della sua gente; organizzare le comunità per avere più fiducia, procurare una copertura sanitaria in centri dedicati, un educazione nelle scuole e dibattiti, e aiutare nella crescita reciproca.

Credo che alcuni degli elementi che all’epoca hanno portato alla sconfitta del BPP e del movimento siano stati sicuramente Il programma di contro intelligence dell’FBI (COINTELPRO) e la crescita della sfiducia fra le persone. La mancanza di fiducia è uno dei modi più semplici per distruggere un gruppo.

C’era una costante sorveglianza e molestia dell’FBI su tutti quanti. Ci potevano essere 30 gradi fuori, ma ci sarebbero stati sempre due uomini in completo e occhiali da sole parcheggiati fuori di casa, che giravano, che ti sfottevano. Tutti quanti venivano intercettati telefonicamente in quel tempo.

Le droghe hanno portato a fondo le nostre comunità. L’influsso delle droghe era organizzato dai livelli superiori del governo, come viene descritto nel libro di Gary Webb Dark Alliance, trasposto nel film Killing the Messenger. Ha descritto minuziosamente come la CIA stesse finanziando la sua guerra in Nicaragua vendendo armi per la droga, che ha praticamente condotto alla devastazione delle comunità di colore qua negli Stati uniti a causa del crack e della cocaina. Le droghe erano un enorme problema e hanno contribuito alla sconfitta del BPP.

Yoav Litvin: In che modo il vostro impegno vi mette al corrente delle proteste di oggi?

Levinson: Prima c’era una realtà completamente diversa, anche se le problematiche che si affrontano oggi sono praticamente quelle che affrontavamo al tempo. Il BPP era un’organizzazione disciplinata con un programma, una piattaforma e un comitato di quadri di persone che ci chiamavano. Ci sentivamo guidati da un fine, con un programma.

Non stavamo semplicemente reagendo agli eventi; le realtà immediate dell’oppressione quotidiana, la brutalità della polizia, lo sfruttamento e il razzismo istituzionalizzato, ma noi usavamo la nostra azione per un obbiettivo più grande, per trasformare la società e avevamo una struttura dentro la quale farlo.

Le realtà che affrontano le persone povere e le pershttps://roarmag.org/essays/black-panther-multiracial-antifascism/one di colore oggi sono più intense. Un forte fermento di reazione energica si è unito subito dopo la brutale uccisione di George Floyd e ha catapultato il problema del razzismo istituzionalizzato e della brutalità della polizia a livello nazionale. Queste proteste hanno portato ad un fenomenale dibattito nazionale.

Vorrei incoraggiare le persone più giovani che sono giustamente arrabbiate a guardare al BPP – non necessariamente come un modello da replicare o un’organizzazione perfetta, ma come un pezzo di storia che potrebbe avere qualcosa da offrire, un’organizzazione con un programma e una piattaforma, con l’intenzione di trasformare la società attraverso l’organizzazione e le azioni concrete.

Vorrei anche incoraggiare le persone la necessità oggi di un fronte unito contro il fascismo. Non penso che il rischio di precipitare nel baratro del fascismo sia mai stato così vicino come oggi in questo paese, sotto l’amministrazione Trump.

Yoav Litvin: Come hanno contribuito nella medicina il BPP negli U.S.A e nel mondo?

Shaw: Il BPP ha portato il mondo a conoscenza dell’anemia falciforme attraverso il giornale e poi ha diffuso in tutto il mondo i test. Diverse persone, inclusi i fornitori di assistenza sanitaria, non conoscevano questa condizione. Il programma di testing e la crescita della consapevolezza dell’opinione pubblica ha portato il governo ad investire in ricerca e trattamenti, educando i medici a questo tipo di malattia.

Le cliniche sanitarie hanno procurato gli screening clinici per i casi di cui più si aveva bisogno e l’assistenza di primo soccorso nelle zone dove non arrivava il servizio. Due di queste, Seattle e Portland, sono state poi prese dallo stato e sono in piedi ancora oggi. Il North Carolina aveva un servizio gratuito di trasporto in ambulanza perché le compagnie di ambulanze non andavano in certe parti della città. Ricevevano un certificato medico e venivano lasciati da parte.

Levinson: Il BPP vedeva la sanità come un diritto e non un privilegio. Il BPP era perfettamente a conoscenza delle enormi discrepanze e disuguaglianze che vivevano le persone povere, e le persone di colore in particolare, nei termini di accesso alla qualità sanitaria. Così molte diramazioni hanno creato delle cliniche sanitarie dove erano a disposizione servizi per il trattamento di situazioni critiche.

È stata la visione del dott. Small che ha permesso al partito di creare la Sickle Cell Anemia Foundation (la Fondazione Anemia Falciforme), che ha provato ad aumentare la consapevolezza sull’anemia falciforme; una malattia che colpisce primariamente le persone di colore e che a lungo è stata negata dall’establishment medico.

Il BPP ha procurato test gratuiti per diagnosticare l’anemia falciforme e ha organizzato un modo per diffondere le informazioni riguardanti la malattia. Questo lavoro ha aiutato a far focalizzare l’attenzione nazionale ed è stato in buona parte responsabile del fatto che il governo federale ha allocato delle risorse per la ricerca sull’anemia falciforme.

Il Dott. Small ha assistito all0uso dell’agopuntura quando ha viaggiato in Cina come membro della delegazione del BPP nel 1972 (ne facevo parte anche io). Ha successivamente studiato agopuntura da solo e l’ha utilizzata ampiamente come parte del suo personale trattamento medico.

I membri del BPP insieme ai membri del Young Lords Party di New York hanno creato il primo centro di disintossicazione dalle droghe che utilizzava l’agopuntura all’ospedale di Lincoln, nel 1970. Questo lavoro ha condotto la fondazione a dei protocolli sviluppati più tardi per il trattamento di dipendenza da narcotici e dell’astinenza attraverso l’agopuntura nell’orecchio.

Su una nota personale, il nostro quadro ha impostato un programma gratuito di assistenza medica in caso di emergenza nel nostro centro di quartiere a Berkeley. Avevamo anche un servizio gratuito di ambulanze come uno dei nostri punti del programma di resistenza di quartiere. Io ho fatto il volontario alla clinica di George Jackson. È stata questa esperienza a convincermi a tornare al college per frequentare la facoltà di medicina, per la quale sono stato incoraggiato e ho ricevuto il permesso dal comitato centrale del BPP.

Yoav Litvin: Come può una persona mantenere lo spirito rivoluzionario fuori da organizzazioni come il BPP? In che modo il BPP ha influenzato il tuo percorso personale?

Shaw: Molte persone che partecipavano al BPP sono entrate in professioni cruciali per la comunità, come i lavori sociali, la legge o l’insegnamento. Io e Levinson siamo diventati medici. Ci sono stati molti che hanno continuato a servire la comunità e hanno continuato la lotta per supportare e chiedere il rilascio dei prigionieri politici. Anche se c’è stata molta repressione, molte persone sono cresciute e hanno imparato molte cose sull’organizzazione e sul coraggio di cui c’è bisogno per raggiungere tutto quello che ci si mette in testa. Quest’esperienza ha avuto un impatto durevole nelle nostre vite.

Anche solamente far uscire tutte le settimane il giornale delle Pantere Nere – notizie nazionali ed internazionali con una circolazione di più di 200 mila copie era fenomenale. Ricordati che la maggior parte di noi avevano 19-20 anni. Si può ottenere così tanto se si è un gruppo ben organizzato di giovani ragazzi con un po’ di risorse, il BPP continua ad essere un’ispirazione nella lotta per il cambiamento sociale e per la giustizia sociale.

Levinson: In tutto quello che fai – musica, arte, medicina, giornalismo, educazione – puoi essere parte di un disegno più grande di cambiamento della società.

Ho finito per fare una scuola di medicina perché sono stato fortemente ispirato dal programma di sanità gratuita del BPP. Mi ricordo che andavo dal comitato centrale del BPP a chiedere se potevo ritornare al college nel quale avrei smesso di fare attività politica per poter percorrere la carriera da medico. Sono stato incoraggiato e supportato dal comitato centrale. Bobby Seale, presidente del BPP, mi ha detto “abbiamo bisogno di dottori”.

La mia esperienza con il BPP in particolare e il mio attivismo in generale mi hanno procurato la certezza da cui ho poi preso le mie decisioni sulla mia vita e sulla mia carriera come medico – per cercare di rendere quello che faccio parte di un qualcosa più grande e vasto. C’è della potenza, della bellezza e dell’umiltà nel lavorare con una direzione sottostante verso la trasformazione in positivo della società.

L’autore vorrebbe esprimere la sua gratitudine al movimento di Malcolm X

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Intervista originale si trova: https://roarmag.org/essays/black-panther-multiracial-antifascism/

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