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“Non ci siamo mai arresi”: inizia la festa dell’Avante! In Portogallo

Da oggi venerdì 4 settembre fino a domenica si svolgerà la festa dell’«Avante!», dal nome della storica testata del Partito Comunista Portoghese.

Questo appuntamento si tiene regolarmente ogni anno dal 1976, cioè dalla vittoriosa “Rivoluzione dei Garofani” del 25 aprile 1974, che ha fatto voltare pagina al Paese dopo circa quaranta anni di dittatura fascista in patria e di dominio coloniale in Africa.

Questa svolta ha ripristinato l’agibilità di una formazione politica fino ad allora clandestina, dagli Anni Trenta, come il PCP: la sua festa è la memoria vivente del ripristino delle libertà politiche nel Paese ed uno degli avvenimenti politico-culturali più importanti.

Anche quest’anno, nonostante la situazione sanitaria ed i tentativi strumentali di non far svolgere la festa, la manifestazione – nel pieno rispetto dei protocolli – si terrà.

Come ha detto il segretario generale del Partito – Jerónimo de Sousa – venerdì 28 maggio: “Sì, avremo la festa dell’Avante! Non solo perché questa è una conquista del PCP, ma perché presuppone, nell’eccezionale contesto politico in cui viviamo, un valore aggiunto nell’affermazione della nostra vita democratica”.

In effetti c’era chi, nel centro-destra portoghese (il PSD), voleva sfruttare l’emergenza sanitaria per imporre una cappa autoritaria ed un restringimento dei margini d’azione politica.

Nonostante il maggiore sforzo organizzativo che si è dovuto dispiegare per il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie, la formazione comunista portoghese ha voluto dare continuità alla sua azione.

Non ci siamo mai arresi” – ha affermato sempre il segretario – “non abbiamo mai abbandonato la lotta contro tutti coloro che, senza scrupoli, trovano sempre una scusa per inasprire il loro sfruttamento e arricchirsi a spese dei lavoratori e delle difficoltà delle persone”.

È chiaro come vi sia una riconfigurazione degli interessi reazionari pronti a sfruttare l’emergenza sanitaria – che comunque il Paese ha affrontato al meglio rispetto agli altri Paesi europei – e la relativa crisi economica che si profila all’orizzonte.

Come denuncia l’editoriale del giornale di questo giovedì: «vogliono silenziare la voce di chi critica la situazione di un Paese dominato dai grandi capitali e dalle imposizioni dell’Unione Europea, di chi denuncia la situazione creata a lavoratori, pensionati, giovani, micro, piccoli e medi imprenditori, operatori culturali, coloro che sono impegnati nella lotta per una vita migliore, per una società più giusta».

Sarebbe quindi suicida lasciare il campo all’avversario di classe.

Così con una superficie ampliata a 30 ettari e 3 palchi principali, con 6 mila metri quadrati di capienza, auditorium scoperti, cinema all’aperto, esposizioni con un percorso obbligato ed uno spazio del libro all’aperto e il rigido rispetto delle norme sanitarie di distanziamento e la sanificazione permanente la festa è pronta a svolgersi.

Il vasto programma di questi tre giorni prevede incontri, dibattiti, momenti di socialità e  spettacoli; il panorama musicale è bello ampio e rappresenta di per sé un festival di tutto rispetto.

Particolarmente rilevante, all’interno dei dibattiti, oltre alle numerose questioni politico-sociali del Paese, è lo spazio dedicato alla politica internazionale dal Medio Oriente all’America Latina, passando per l’Europa, tra cui la guerra in Ucraina, fino ad un bilancio dell’indipendenza dei Paesi Africani insieme alle organizzazioni che guidarono tale processo nelle colonie portoghesi.

La formazione si caratterizza per una critica serrata e risoluta alla UE e anche recentemente ha ribadito la sua critica all’agenda politica decisa a Bruxelles a favore delle oligarchie europee ed dei grandi gruppi continentali.

Una caratteristica importante di coerenza che permette di mantenere la “barra dritta” rispetto alla UE e alla NATO a differenze di altre forze ben più benigne o ambigue con queste due istituzioni del dominio borghese.

Un segnale importante di vitalità politica quindi, per un formazione che ha sempre posto la questione organizzativa come presupposto necessario per il movimento di classe nel suo complesso e strumento indispensabile del processo rivoluzionario.

Dopo le elezioni dello scorso ottobre il Partito ha rinnovato l’appoggio – senza partecipazione diretta – ad un governo presieduto da un primo ministro socialista, Antonio Costa (in carica dal 2015), supportato anche dall’altra formazione della sinistra parlamentare: il Bloco de Equerda. Una scelta che comunque aveva portato ad una perdita di consensi elettorali nella cornice di una tornata caratterizzata da una alta astensione.

Il governo socialista “di minoranza” puntellato dalle due formazioni politiche alla sua sinistra – seppur all’interno delle compatibilità della UE e di un modello di sviluppo basato sull’attrattività per gli investimenti esteri e sul turismo – aveva permesso una parziale inversione delle politiche di austerity precedenti.

Il Portogallo è stato poi uno degli Stati più reattivi nell’affrontare la crisi pandemica – a differenza per esempio del suo vicino spagnolo – iniziando il “lockdown” il 17 marzo con un numero di contagi molto più basso rispetto agli altri Paesi dopo che i primi casi di malati si erano registrati il 2 marzo; un mese dopo l’Italia e la Spagna.

Ha seguito pedissequamente i consigli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – soprattutto per il testing per cui ha sviluppato una sinergia efficace a livello nazionale – e ha avuto una popolazione più ligia e prudente a livello preventivo delle stesse indicazioni governative.

Tutto questo in un clima di “unità nazionale” trans-partitica ed una prudente e graduale strategia di “de-confinamento” in tre fasi dal 2 maggio scorso accompagnata ad una rigida politica di distanziamento sociale.

Ad inizio maggio, mentre la Spagna registrava 25 mila decessi per Covid-19, il Portogallo – con un quarto della popolazione del Paese iberico – solo 1.000, a metà luglio si era superato il milione di test effettuati.

Una serie di misure per alleviare gli effetti economici della crisi pandemica ha caratterizzato la gestione: i lavoratori “in esubero” hanno ricevuto i due/terzi dello stipendio con il 70% erogato dalla Stato, mentre tutti gli immigrati “irregolari” e richiedenti asilo sono stati regolarizzati per il periodo dell’emergenza sanitaria, scelta a cui non si è opposta la neonata formazione dell’estrema destra Chega.

Per quanto ci è dato sapere, non sono attecchite teorie tese a relativizzare il pericolo del contagio ed offrire un orientamento “cospirazionista” a ciò che stava avvenendo.

Il Portogallo è un paese dove il 18% della popolazione vive sotto la soglia della povertà e dove un altro 20% potrebbe cadere in questa condizione, se non fosse supportato da misure di welfare minime, e dove la distribuzione di pasti è richiesta da una fetta sempre più ampia della popolazione in difficoltà.

Le previsioni di contrazione del PIL tra il 9,5% e il 13,5%, secondo i dati forniti dalla Banca del Portogallo, danno la cifra di una inversione di tendenza per un Paese che per la prima volta nel 2019 aveva conosciuto un avanzo di bilancio e che aveva portato il salario minimo a 650 euro.

Di fronte a questa situazione è chiaro quanto sia vitale dare continuità alla propria azione politica e la tenuta della festa dell’“Avante!” è un ottima notizia anche i comunisti in questo Paese.

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