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Francia. Distribuite agli insegnanti mascherine ‘potenzialmente tossiche’

Sin dall’inizio dell’epidemia di Covid-19 in Francia, abbiamo in diversi articoli sottolineato le responsabilità del governo francese e del Presidente Macron per una gestione che, dove e quando c’è stata, è stata inefficace nel fronteggiare l’emergenza sanitaria in tutta la sua portata ed irresponsabile sul piano della salute pubblica collettiva.

Ebbene, oggi possiamo aggiungere tra gli aggettivi qualificanti anche “pericolosa”. Infatti, da inizio settembre, il governo ha distribuito agli insegnanti e ad un gran numero di funzionari pubblici mascherine in tessuto realizzate dalla società Dim, la quale dichiara sull’imballaggio stesso che le sue mascherine sono trattate con zeolite di argento e rame, un biocida potenzialmente tossico per gli essere umano in caso di prolungato e ripetuto contatto con la pelle.

Inoltre, scrive che le sue mascherine non sono “né un dispositivo medico ai sensi del regolamento (UE) 2017/745 (maschere chirurgiche), né un equipaggiamento di protezione personale ai sensi del regolamento (UE) 2016/425 (maschere filtranti tipo FFP2)”, ma che rimangono comunque utili in caso di distanziamento fisico.

La Dim, insieme alla Corèle, si è aggiudicata la gara d’appalto governativa; ma allora, perché il governo ha deciso di acquistare ugualmente questa tipologia di mascherine? Si trattava semplicemente di leggere le caratteristiche del prodotto riportate sulla confezione…

Lungi da noi – ci teniamo a precisarlo a scanso di equivoci – dare adito a teorie cospirazioniste e complottiste, né fare da sponda ai cosiddetti negazionisti o sostenitori della ‘dittatura sanitaria’ i quali vorrebbero bruciare le mascherine senza però riuscirci (sono ignifughe… anche in questo caso basta leggere le specifiche del prodotto).

Quello che vogliamo evidenziare è come, trovandosi sprovvisto di stock di Stato di mascherine ad inizio epidemia soprattutto per il personale sanitario in prima linea, la mancanza di anticipazione, organizzazione e capacità di azione abbia portato il governo francese ad emettere ordini di acquisto di milioni di mascherine, senza prestare la dovuta attenzione ai problemi di salute posti dai prodotti consegnati dai suoi fornitori, in questo caso la società Dim. Non c’è bisogno di scomodare Erodoto per poter affermare che “la fretta genera l’errore in ogni cosa”.

Ovviamente, anche la logica di mercato e la ricerca dei profitti – persino in un contesto di pandemia – hanno contribuito a creare questa situazione. Infatti, nonostante la decisione dell’Unione Europea di non approvare l’uso della zeolite di argento e rame “come principio attivo esistente ai fini del suo uso nei biocidi dei tipi di prodotto TP2 e TP7”, la società Dim, giocando su un’interpretazione giuridica e potendo stabilire da sé la classificazione dei propri prodotti, sostiene che questo uso è ancora possibile e che non vi sia alcuna pericolosità delle mascherine.

Grazie all’inchiesta elaborata dal quotidiano online Reporterre (tradotta e riportata di seguito) e dopo le pressioni dei sindacati degli insegnanti, in particolare il SNES-FSU, il Ministero dell’Educazione Nazionale francese ha deciso martedì 20 ottobre di sospendere la distribuzione delle mascherine incriminate del marchio Dim, applicando il principio di precauzione.

Inoltre, il Ministero della Transizione Ecologica ha interpellato l’ANSES (Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare, ambientale e della salute sul lavoro) per una valutazione dei potenziali rischi per la salute legati all’uso di queste mascherine.

Ora, ancora una volta, bisognerà valutare concretamente la capacità da parte del governo di rimediare quanto prima a questo suo ennesimo errore, fornendo mascherine appropriate, a norma e senza contro-indicazioni o potenziali rischi per la salute degli insegnanti e dei funzionari pubblici. Nel frattempo, viene sempre più da domandarsi se questi soggetti ce so’ o ce fanno

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Il Ministero dell’Educazione Nazionale ha distribuito mascherine tossiche agli insegnanti?

Lo scorso 8 settembre, Emmanuel Macron ha preso il microfono davanti agli studenti di un liceo professionale di Clermont-Ferrand (Puy-de-Dôme) nell’ambito di un’iniziativa sulle pari opportunità. Da dietro la sua mascherina, stava sciorinando il suo discorso quando, all’improvviso, è iniziato il dramma: “Scusate, sto soffocando”, ha detto tossendo.

Ha cercato di riprendere il discorso, ma la sua voce si è aggrovigliata e gli è tornata la tosse: “Datemi una mascherina, magari più leggera. Metterò una mascherina più leggera perché devo aver assorbito qualcosa dall’altra mascherina”.

La maschera che ha quasi soffocato il Presidente Macron era una di quelle distribuite agli insegnanti dal Ministero dell’Educazione Nazionale francese per il nuovo anno scolastico. Una manna dal cielo per il marchio Dim che le produce. La società Dim, nata in Francia nel 1953, è stata una filiale del fondo di investimento americano Sun Capital Partners – che possiede Playtex e Wonderbra – tra il 2005 e il 2014.

In seguito è diventata una filiale della società americana HanesBrands. Il fondo pensione BlackRock possiede il 2,66% di HanesBrands. Le mascherine sono anche prodotte in Romania, secondo l’etichetta di quelle che Reporterre si è procurata.

La Dim non nasconde – è scritto sulla confezione, come riportato dalla foto – che le sue mascherine non sono “né un dispositivo medico ai sensi del regolamento (UE) 2017/745 (maschere chirurgiche), né un equipaggiamento di protezione personale ai sensi del regolamento (UE) 2016/425 (maschere filtranti tipo FFP2)”.

Tuttavia, rimangono utili se le misure di distanziamento vengono scrupolosamente rispettate. Ma, in un asilo, il distanziamento è impossibile da mantenere. “Il protocollo sanitario cambia continuamente, diventa sempre più leggero. La mescolanza degli alunni è di nuovo consentita, ad esempio, da giovedì 8 ottobre”, dice Chloé, insegnante di scuola a Parigi. Pertanto, le scuole sono tra i primi focolai del paese. Secondo i dati della Santé publique France, il 35,9% dei 1.001 focolai oggetto di indagine si trovava nelle scuole a partire da lunedì 28 settembre.

Inoltre, le mascherine di stoffa non sono state distribuite in numero sufficiente alle scuole. “Abbiamo solo cinque maschere a persona per l’intero anno scolastico”, dice Chloe, “Dal momento che è indicato di indossarle per un massimo di quattro ore, ciò significherebbe avere un minimo di nove maschere per settimana”. Inoltre, le mascherine possono essere lavate al massimo 30 volte. In due mesi, quindi, non sono più ufficialmente utilizzabili.

Al di là della loro rarità e della loro relativa efficacia, è una molecola che risveglia le menti dei più recalcitranti. Claire, insegnante nelle scuole della regione dell’Île-de-France, spiega non senza sarcasmo: “Siccome mi piacciono le mascherine, ho notato che sono fatte di tessuti trattati con zeolite di argento e rame. Incuriosita per questa novità, ho chiesto in giro e mi sono reso conto che questi atomi non sono molto salutari per l’ambiente”.

Sulla confezione c’è scritto “trattato con zeolite di argento-rame e zeolite di argento”. Pierre Bauduin, ricercatore in fisica chimica dell’Università di Montpellier, ci dà una definizione delle zeoliti: “Le zeoliti sono strutture minerali di origine naturale o artificiale, sintetizzate dall’uomo, che permettono di catturare e intrappolare le molecole nella loro struttura. Uno degli esempi più noti è quello della lettiera per gatti. In questo caso le zeoliti vengono trattate con un sale d’argento per conferire loro una proprietà biocida e quindi aumentare la durata di utilizzo”.

Ma la presenza di questo argento intriga. Abbiamo contattato la società Dim via e-mail, che per prima cosa ha spiegato che non c’era niente di scritto sul loro sito web e ha concluso con “Noi possiamo quindi concludere che non c’è [zeolite d’argento] sulle nostre mascherine”.

Dopo aver inviato una foto dell’imballaggio al servizio clienti, il servizio clienti ha invertito la precedente dichiarazione e ha ipotizzato che le maschere siano effettivamente trattate con zeolite di argento e rame, affermando che “non si tratta di nanoparticelle ma di un trattamento antimicrobico applicato al tessuto”, cioè sotto forma di argento ionico.

Quali sono gli effetti sulla salute, allora? “Il rischio di indossare queste mascherine non è del tutto inesistente”, dice a Reporterre un ricercatore di nanotecnologie dell’Università di Aveiro, Portogallo. “Gli ioni d’argento sono generalmente più tossici delle nanoparticelle equivalenti di argento metallico. Inoltre, qui c’è un alto livello di esposizione, molto ‘intimo’ con un lungo tempo di contatto e di inalazione (8 ore al giorno) e cronico (quasi tutti i giorni della settimana)”.

Uno studio dell’Università di Rouen condotto nel 2012 indica che “quando l’argento ionico viene applicato su una lesione del corpo sotto forma di crema o medicazione, si lega al sudore, al sebo e alle proteine presenti. Può poi passare nel flusso sanguigno, con conseguente aumento della concentrazione di argento nel siero. Secondo alcuni autori, viene poi escreto nelle urine in due-cinque giorni, mentre altri ricercatori hanno dimostrato un bio-accumulo di granuli metallici in diversi organi: il fegato, i reni, l’intestino, le ghiandole surrenali e, in rari casi, il midollo spinale”.

Il Comitato sui prodotti biocidi dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) ha pubblicato a tal proposito un’analisi nel 2018, in cui stimava che la zeolite d’argento è “suscettibile di nuocere alla riproduzione” che è anche “altamente tossica per gli organismi acquatici, causando effetti negativi a lungo termine”.

Questo perché, al di là dei potenziali pericoli per il corpo umano, le particelle d’argento sono anche dannose per l’ambiente. Si stima che il 60% delle particelle d’argento vengano rilasciate dopo dieci lavaggi della mascherina.

Quest’estate, tre organizzazioni tessili belghe hanno lanciato l’allarme sulla presenza di ioni d’argento nei 15 milioni di mascherine distribuite in Belgio dal marchio Avrox. Hanno denunciato il fatto che “dei superbatteri (resistenti alla maggior parte degli antibiotici) potrebbero essere creati in caso di uso improprio eccessivo” e che “gli impianti di trattamento delle acque reflue potrebbero non funzionare più” perché i biocidi non distinguono tra batteri buoni e cattivi. I

l Ministero della Difesa belga ha risposto che “la tecnica utilizzata, meglio conosciuta come trattamento antimicrobico Silvadur 930 o trattamento al nitrato d’argento, è una tecnologia riconosciuta, ben documentata, perfettamente sicura per la salute e ampiamente utilizzata”.

Ma il problema rimane: il nitrato d’argento è pericoloso se a contatto con la pelle per lunghi periodi di tempo ed è dannoso per l’ambiente. In Francia, un’azienda ha appena brevettato una tecnica basata sugli ioni d’argento che elimina il virus in un’ora. Ma, anche in questo caso, nulla nell’opuscolo informa gli utenti di un eventuale pericolo di particelle d’argento.

Nel frattempo, nelle nostre scuole, diversi insegnanti si sono già rifiutati di indossare la mascherina a marchio Dim. “La nostra ispettrice sanitaria ci ha detto che non era comunque efficace e che dovevamo prendere delle mascherine chirurgiche”, dice una di loro.

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Mascherine tossiche? Il principio di precauzione impone il ritiro

Maxime Carsel, Laury-Anne Cholez, Hervé Kempf, Moran Kerinec

Le milioni di mascherine distribuite dallo Stato ai suoi funzionari pubblici sono tossiche, perché contengono un biocida, la zeolite di argento e rame? Questa è la domanda che Reporterre ha posto lo scorso 13 ottobre, trasmettendo la preoccupazione di diversi specialisti di chimica e nanoparticelle.

Infatti, il 27 novembre 2019, l’Unione Europea ha deciso di vietare l’uso della zeolite di argento e rame per l’incorporazione in tessuti o mascherine: “La zeolite di argento e rame non è approvata come principio attivo esistente ai fini del suo uso nei biocidi dei tipi di prodotto 2 e 7” (Decisione di esecuzione 2019/1973 della Commissione).

I tipi di prodotto (TP) TP2 si riferiscono a “disinfettanti e prodotti algicidi non destinati all’applicazione diretta sull’uomo o sugli animali. [Sono] utilizzati [tra gli altri usi] per l’incorporazione in prodotti tessili, tessuti, mascherine, vernici e altri articoli o materiali per produrre articoli trattati con proprietà disinfettanti”.

Questa decisione segue un lungo processo di valutazione all’interno del Comitato sui biocidi (BPC) dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA). La questione dei prodotti che incorporano ioni d’argento è sufficientemente preoccupante per gli esperti che una European Silver Task Force è stata istituita da molto tempo e nel 2007 è stata lanciata una procedura di valutazione per la zeolite di argento e rame.

Lo studio è stato assegnato alla Svezia e riesaminato dal BPC nel 2017 e nel 2018. Al termine di questo lungo studio, il gruppo di esperti europei ha concluso che la molecola “non dovrebbe essere approvata” perché “la zeolite di argento e rame solleva preoccupazioni per la salute umana e l’ambiente”.

In particolare, la zeolite d’argento è “suscettibile di nuocere alla riproduzione” e, essendo “altamente tossica per gli organismi acquatici”, “causa effetti negativi a lungo termine”.

Conclusione provvisoria: lo Stato francese, senza dubbio nella fretta creata dalla sua imperizia nella gestione delle mascherine, ha lanciato gli ordini in primavera senza prestare sufficiente attenzione ai problemi di salute posti dai prodotti consegnati da alcuni dei suoi fornitori, in questo caso le mascherine del marchio Dim.

Interrogato da Reporterre, la Dim assicura che “l’utilizzo del trattamento di zeolite di argento e rame, che garantisce la conservazione della maschera, viene effettuato nell’ambito della categoria TP09”, della tabella sopra riportata. Non sarebbe quindi interessata dal divieto europeo del TP2. Questa categoria TP9 riguarda i “biocidi che impediscono l’accumulo di microrganismi sulla superficie dei materiali e che impediscono o inibiscono la formazione di odori e/o hanno altri tipi di benefici”.

Il problema è che questa classificazione nella categoria TP2, TP9 o qualsiasi altra è effettuata dal produttore stesso e non da un’autorità esterna, come ci è stato confermato dall’ANSES (Agenzia nazionale per la salute, l’alimentazione, l’ambiente e la sicurezza sul lavoro). Tuttavia, le mascherine sono classificate dalle normative europee come TP2, per le quali è vietata la zeolite di argento e rame.

La Francia deve attuare le decisioni europee. E poiché l’UE lascia ai produttori la facoltà di decidere da soli come classificare i loro prodotti, questi ultimi dovrebbero giustificare questa classificazione. Tuttavia, la portavoce dell’azienda ci dice che “nessun altro prodotto a marchio Dim ha un trattamento a base di zeolite di argento e rame”.

Perché dunque questa molecola sarebbe necessaria per la conservazione di maschere che non sono destinate ad un uso prolungato (trenta lavaggi)? Se questa molecola aveva un’utilità di conservazione, perché non viene utilizzata sugli altri prodotti tessili di questo marchio?

Alain Crespy, professore emerito dell’Università di Tolone, ex membro del Laboratorio di chimica fisica dei materiali e dell’ambiente marino (LPCM3), solleva altre questioni, basate sul fatto che “gli ioni d’argento possono attraversare tutte le membrane umane che ci proteggono, perché queste particelle sono estremamente piccole. In base alla durata dell’uso quotidiano [delle mascherine] sembra esserci un contatto prolungato con queste particelle d’argento. Dobbiamo sapere come sono fatte queste mascherine: quali sono i materiali di supporto? Come viene incorporato l’argento in questo supporto? In quale forma? C’è un controllo sulle dimensioni delle nanoparticelle? Abbiamo un’idea del rilascio di particelle d’argento?”.

Finché la Dim non risponderà a queste domande e le autorità sanitarie non decideranno se la classificazione nel TP9 è giustificata, il principio di precauzione impone il ritiro, secondo Alain Crespy.

Il ricercatore di neuroscienze Yves Burnod dell’INSERM (Istituto Nazionale Francese per la Salute e la Ricerca Medica) è d’accordo. È uno di quelli che ha lanciato l’allarme già nella primavera scorsa, avvertendo il municipio del suo comune di L’Haÿ-les-Roses (Val-de-Marne).

Per lo scienziato, che ha inviato a Reporterre una dozzina di articoli scientifici che sottolineano la tossicità del prodotto, “i materiali in argento sono un potenziale pericolo per la salute. Pertanto, l’aumento della loro produzione e del loro utilizzo nei prodotti di consumo deve essere accompagnato da adeguati processi di valutazione del rischio e dalla progettazione di quadri normativi che tutelino la salute pubblica”.

Il ricercatore di neuroscienze continua: “Perché dare mascherine con ioni d’argento quando ci sono mascherine sicure? È il principio di precauzione: non usare un prodotto potenzialmente tossico anche se si tratta di una dose minuscola”.

Alice Desbiolles, medico della sanità pubblica specializzata in salute ambientale, è d’accordo: “C’è una plausibilità meccanicistica e fisiopatologica per quanto riguarda i potenziali effetti sulla salute di alcune sostanze presenti nelle mascherine”, dice a Reporterre.

C’è ancora incertezza sulla biopersistenza di queste sostanze nell’organismo in un contesto di regolare indossamento della maschera e di incertezza sugli effetti. In questa situazione di incertezza, è importante soppesare il rapporto rischio/beneficio dell’uso di queste maschere con la zeolite di argento e rame. E, naturalmente, devono essere rispettate le misure di distanziamento e le norme vigenti in merito all’uso della mascherina”.

Le domande sollevate da Reporterre hanno suscitato grande preoccupazione in molti sindacati del servizio pubblico, anche se diversi insegnanti o funzionari pubblici avevano già dato l’allarme su queste maschere senza essere ascoltati. Già il 1° settembre scorso, Claire Roblet-Barreau, insegnante di scuola nel 19° arrondissement di Parigi, ha inviato un avviso di allerta all’Accademia di Parigi: “Alla luce di queste varie osservazioni, ho ragionevoli motivi per ritenere che i sistemi di protezione in vigore (maschere a marchio Dim) siano difettosi in quanto non conformi alla legislazione europea in materia di trattamento virucida con zeolite di argento e rame, che costituisce un grave e imminente pericolo per la mia salute. Ai sensi dell’articolo 5-6 del decreto n. 82-453 relativo all’igiene e alla sicurezza sul lavoro, nonché alla prevenzione medica nella pubblica amministrazione, vi allerto sulle mascherine a marchio DIM”. Non ha ancora ricevuto risposta.

Non è solo nell’educazione che le mascherine sono state distribuite, ma in gran parte della funzione pubblica. Interrogato da Reporterre, il Ministero dell’Educazione Nazionale ci ha detto che l’ordine non è stato fatto su sua iniziativa, ma “in maniera inter-ministerale. Non sono stati solo gli insegnanti a ricevere queste mascherine. Sono interessati tutti gli agenti pubblici, dalle prefetture ai rettorati”.

Il Ministero ha sottoposto la questione ai servizi statali competenti per ottenere la conferma dell’innocuità di queste mascherine a marchio Dim e, per qualsiasi altra domanda, ci ha indirizzato al Ministero della Salute, che è responsabile di questo ordine raggruppato. Quando è stato interrogato, il Ministero della Salute ci ha detto che “non avremo una risposta fino alla prossima settimana”. Nel 2018, c’erano 5,48 milioni di funzionari pubblici e tutti hanno potenzialmente ricevuto mascherine a marchio Dim.

Anche se non è ancora ufficiale, il governo sta facendo marcia indietro sulla distribuzione di queste mascherine trattate con zeolite di argento e rame. Già il 14 ottobre, a seguito dell’inchiesta di Reporterre, la Prefettura della regione Rhône-Alpes Auvergne ha inviato a questi agenti una lettera in cui si legge: “In attesa di ulteriori informazioni e anche se in questo momento la DGPR conferma la conformità di queste maschere, in nome del principio di precauzione, vi invito a smettere di utilizzare queste mascherine in attesa di chiarimenti sulla realtà del rischio. Non saranno più distribuiti dai servizi governativi”.

Inoltre, secondo le nostre informazioni, è stata inviata una e-mail agli agenti del Ministero della Transizione Ecologica raccomandando di non utilizzare le mascherine sospette in attesa dei risultati dei test e di nuove informazioni: “Stiamo organizzando la prossima settimana una distribuzione di altre mascherine ai diversi siti della direzione regionale e inter-dipartimentale dell’Ambiente e dell’Energia (Driee). Abbiamo una scorta di mascherine che è stata rifornita la scorsa settimana dalla prefettura regionale. La quantità a nostra disposizione è sufficiente a coprire il vostro fabbisogno”.

E secondo una e-mail del 19 ottobre, di cui Reporterre ha copia, il direttore delle risorse umane del Ministero del Lavoro scrive: “Per quanto riguarda le mascherine della DIM, potenzialmente distribuite ai servizi dalle prefetture nell’ambito del sistema inter-ministeriale di acquisto e fornitura, i capi dipartimento sono stati incaricati di sospenderne la distribuzione e l’utilizzo, tenendo conto delle segnalazioni e di un principio di precauzione”.

Inoltre, i sindacati in molte professioni, seguendo l’esempio degli insegnanti, hanno iniziato a preoccuparsi. La CGT Public Finance ha inviato una e-mail chiedendo di far rimuovere le mascherine “a titolo precauzionale” e di avere “un riscontro dalla medicina preventiva / SSL per quanto riguarda la potenziale nocività delle tracce di nitrati d’argento”.

Il sindacato FO Préfectures ha trasmesso l’inchiesta Reporterre, esprimendo preoccupazione per “tutto il personale del Ministero dell’Interno, che è stato anche il beneficiario di questo modello di mascherine in tutto il Paese”. Anche la CGT dell’INSEE (Istituto Nazionale di Statistica e Studi Economici) ha chiesto che queste mascherine fossero rimosse a titolo precauzionale, così come la CGT Douanes.

Piuttosto che permettere che la preoccupazione si scateni e lasciare in circolazione milioni di mascherine contenenti una sostanza proibita in questo uso dalle normative europee, la responsabilità dello Stato dovrebbe essere quella di rimuovere queste mascherine a marca Dim come misura precauzionale e di mettere in discussione proprio l’azienda, da un’autorità indipendente, per dettagliare i suoi processi di produzione e la sua conoscenza del comportamento degli ioni d’argento nei suoi prodotti.

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