Dopo 12 giorni di attesa dalla data delle elezioni presidenziali (7 febbraio) e un lungo scrutinio con operazioni di riconteggio delle schede elettorali in alcuni dipartimenti, il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) dell’Ecuador ha annunciato sul suo sito i risultati ufficiali.
Andrés Arauz, candidato correista della Unión por la Esperanza (UNES), ha ottenuto il 32,72% dei voti e affronterà al ballottaggio in programma per l’11 aprile l’ex banchiere Guillermo Lasso, candidato dell’alleanza della destra neoliberista CREO-PSC, il quale ha raccolto il 19,74% dei voti, superando di misura Yaku Pérez (19,39%), l’indigeno “eco-socialista” del movimento Pachakutik.
Dopo esser stato per diversi giorni “gonfiato” durante lo spoglio elettorale, per poi finire escluso dal ballottaggio, Yaku Pérez ha sostenuto che vi siano stati brogli e ha presentato ricorso.
L’Ufficio del Controllore ha inviato al CNE una richiesta di verifica del processo elettorale e dei sistemi informatici, istituendo un’indagine per raccogliere informazioni dai sistemi e realizzare una verifica forense da parte di esperti tecnici.
In una conferenza stampa domenica 21 febbraio, Arauz ha denunciato il sequestro del materiale informatico del CNE da parte della Procura generale e dell’Ufficio del Controllore, considerando l’interferenza di entità statali nel processo elettorale un colpo alla democrazia ecuadoriana.
“Rispettiamo i diritti delle organizzazioni politiche, dei candidati e di tutti i partecipanti al processo elettorale di presentare le loro impugnazioni, ricorsi e richieste di riconteggio, nel quadro della Costituzione e della legge” ma “nessuna decisione dovrebbe modificare il calendario elettorale o la convocazione già fatta per il secondo turno l’11 aprile, altrimenti non si concluderebbe il processo di partecipazione democratica degli ecuadoriani in modo adeguato e come stabilito dalla legge”.
Inoltre, il candidato correista ha affermato che “l’UNES difenderà sempre la volontà del popolo ecuadoriano, la democrazia e il diritto degli ecuadoriani di decidere del loro destino e del loro futuro”.
Di conseguenza, la Unión por la Esperanza (UNES) ha depositato al Tribunale Contenzioso Elettorale (TCE) una causa contro la procuratrice generale Diana Salazar e il controllore Pablo Celi per “interferenza in questioni elettorali”, invitando il TCE ad agire rapidamente con l’applicazione della legge e le sanzioni corrispondenti.
Come ha sottolineato Andrés Arauz, “secondo il Codice della Democrazia e la Costituzione, c’è una sola autorità elettorale e rifiutiamo l’interferenza e l’ingerenza di altre istituzioni statali nella funzione elettorale. Chiediamo al TCE di agire rapidamente e di procedere all’applicazione della legge con le sanzioni appropriate di fronte a questa interferenza nel processo elettorale. La volontà della maggioranza degli ecuadoriani è di respingere le intenzioni nascoste dell’attuale governo di restare al potere attraverso la manipolazione della giustizia elettorale o l’interferenza in altre funzioni dello Stato”.
È esattamente questo il rischio che si sta delineando sempre più concretamente: di fronte alla larga vittoria elettorale e al consenso popolare del candidato correista Andrés Arauz – sebbene non siano mancati gli attacchi mediatici della macchina del fango e le ingerenze politiche pianificate al servizio degli interessi delle forze imperialiste statunitensi – si cerca attraverso manovre della giustizia elettorale di boicottare il risultato delle elezioni e di creare le condizioni per un prolungamento ad interim del mandato del governo di Lenín Moreno in un contesto di destabilizzazione politica indotta.
L’ex Presidente Rafael Correa ha scritto su Twitter: “Attenzione, America Latina e mondo: l’Ecuador subisce un altro colpo di Stato. La Procura generale sta cercando di prendere i computer del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) per non proclamare i risultati e impedire il secondo turno”.
Anche Andrés Arauz ha fatto la stessa denuncia, scrivendo sempre su Twitter: “Mandiamo un allarme al mondo. Cercano di rimuovere il materiale informatico per impedire la realizzazione del secondo turno. Il popolo ecuadoriano non permetterà questo attacco contro la sua democrazia”.
Allo stesso modo, il candidato vicepresidente di Arauz, Carlos Rabascall, ha messo in guardia il popolo ecuadoriano in difesa della democrazia su Twitter: “Indipendentemente dalle preferenze politiche di ogni persona, i tentativi dell’Ufficio del procuratore e del controllore di intervenire nel CNE devono essere respinti da ogni cittadino che si considera democratico ed è urgente una risposta forte delle istituzioni elettorali”.
Questo atto di interferenza ha ricevuto una forte condanna anche a livello internazionale, con diversi leader politici e sociali che lo hanno considerato un “golpe soft” orchestrato dal regime di Moreno con l’appoggio dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA).
La rimozione del materiale informatico dalle strutture del CNE potrebbe seriamente e concretamente impedire lo svolgimento del secondo turno delle elezioni presidenziali.
La Internacional Progresista ha condannato i disperati tentativi delle forze della destra nazionale e internazionale di minare la vittoria della coalizione progressista in Ecuador attraverso “una campagna sporca e disonesta per rimuovere Arauz, ritardare le elezioni e impedire la formazione di un blocco progressista, indigeno e femminista”.
L’accusa di presunte frodi elettorali – rivelatesi poi del tutto infondate – durante le elezioni presidenziali in Bolivia ha portato al colpo di Stato nel novembre 2019 contro il Presidente Evo Morales, legittimamente eletto.
Nel suo comunicato, la Internacional Progresista afferma che in Ecudaor “non c’era alcuna base legale per questo ‘riconteggio’ e nessuna prova di frode per giustificarlo”, avvertendo che “il governo di Lenín Moreno sta preparando un colpo di Stato contro la democrazia”.
“Sanno che il loro tempo è finito. Sanno che possono mantenere il potere solo con mezzi illegali. E sanno che i popoli del mondo sono pronti a reclamare le loro democrazie per la pace e la prosperità. La loro paura è la nostra forza. Ora, più che mai, dobbiamo unirci in difesa delle nostre fragili democrazie. Dobbiamo unire le forze progressiste, femministe, ecologiste e indigene per sconfiggere la destra reazionaria. Insieme, possiamo smantellare questo regime di ‘lawfare’ e ripristinare la sovranità popolare in Ecuador e in tutto il mondo”, conclude la Internacional Progresista.
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