Dall’annuncio della loro candidatura, Andrés Arauz e il suo candidato vicepresidente Carlos Rabascall sono stati nel mirino delle istituzioni nazionali ed esterne finanziate dagli Stati Uniti e dei gruppi dell’ultra-destra statunitense, che hanno articolato e consolidato un meccanismo di ingerenza politica nei processi elettorali democratici in America Latina, finanziando attacchi contro i candidati che non sono in linea con i loro orientamenti imperialisti e interessi economici.
In particolare, l’Interamerican Institute for Democracy (IID), con sede a Miami, ha delineato un piano, commissionato dal Dipartimento di Stato americano ed approvato dall’ex segretario di Stato Mike Pompeo, per boicottare il processo elettorale ecuadoriano con l’intento di impedire il ritorno del Correismo al potere.
Carlos Sanchez Berzain, ex ministro del governo boliviano e tra i promotori del colpo di Stato contro Evo Morales, è stato incaricato di organizzare e dirigere le azioni di questa istituzione in Ecuador.
Oltre ai finanziamenti ufficiali del governo degli Stati Uniti, l’IID ha ricevuto ulteriore denaro dal governo colombiano, che è stato utilizzato principalmente in campagne mediatiche contro l’ex presidente Rafael Correa, al fine di giustificare il suo impeachment e la sua squalifica nel processo elettorale.
Nell’ambito del suddetto piano, il 4 gennaio si è tenuta a Miami una riunione tra i direttori delle organizzazioni Directorio Democrático cubano e Freedom House, rispettivamente Orlando Gutierrez e John Suarez, insieme a uomini d’affari israeliani con interessi di investimento in America Latina, al fine di stabilire una fonte di finanziamento per le azioni di queste organizzazioni in Ecuador.
L’incontro è stato coordinato dall’ex deputata repubblicana Ileana Ros Lethinen e dallo stesso direttore dell’IID, Tomas Regalado, con lo scopo di coinvolgere entrambe le organizzazioni al piano, per ostacolare una probabile vittoria del binomio Arauz–Rabascall.
Come parte di questo piano, l’IID ha intensificato gli attacchi mediatici contro i candidati correisti nei media di destra della regione, mentre Freedom House ha in programma di unire gli sforzi con il National Democratic Institute per documentare presunte irregolarità commesse dai partiti politici che questi candidati rappresentano, al fine di sostenere i presunti brogli, se necessario.
La Red de Intelectuales, Artistas y Movimientos Sociales en Defensa de la Humanidad (REDH) ha pubblicato un comunicato denunciando le “preoccupanti manovre contrarie alle regole e alle istituzioni dello stato di diritto, stabilite dalla Costituzione dell’Ecuador”; inoltre, “esige che il governo e le autorità elettorali dell’Ecuador rispettino pienamente la volontà dei cittadini espressa alle urne e chiede garanzie che le elezioni siano trasparenti e impeccabili prima, durante e dopo il voto”.
La REDH lancia un appello alle forze progressiste di tutto il mondo affinché rimangano vigili e osservino attentamente la giornata elettorale del 7 febbraio e chiede alle organizzazioni internazionali di certificare la non interferenza del governo di Lenín Moreno, né di attori stranieri, come il Presidente dell’Organizzazione degli Stati Americani, Luis Almagro, o altri, nell’atto elettorale.
Condividiamo la nota pubblica Katu Arkonada, ex consulente del Vice-Ministero della Pianificazione Strategica, dell’Unità Giuridica Specializzata nello Sviluppo Costituzionale e della Cancelleria dello Stato Plurinazionale della Bolivia, nonché membro della REDH, sulle ingerenze USA nel processo elettorale in Ecuador.
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Il 7 febbraio si terranno in Ecuador le elezioni presidenziali e legislative (137 membri dell’Assemblea). Il candidato meglio piazzato per vincere le elezioni è Andrés Arauz, candidato della coalizione Unión por la Esperanza (UNES). Arauz è il rappresentante dell’identità politica chiamata Correismo, erede della “revolución ciudadana” che l’attuale governo ha cercato di annientare e mettere fuori legge elettoralmente.
Andrés Arauz ha il 37% delle intenzioni di voto nella media degli ultimi sondaggi, contro il 24% del banchiere Guillermo Lasso, il suo principale concorrente, che cerca di “bandire una volta per tutte il modello fallito di Socialismo del XXI secolo”. Il problema è che è necessario raggiungere il 40% dei voti e 10 punti di differenza con il secondo per vincere al primo turno. In caso contrario, ci sarà un secondo turno l’11 aprile.
Lenin Moreno è il terzo attore in discussione. L’attuale Presidente ha appena visitato Washington, dove si è incontrato con una delle menti del colpo di Stato in Bolivia, Luis Almagro, con l’ex direttore del Consiglio di Sicurezza della Casa Bianca e attuale presidente della Banca Interamericana di Sviluppo (BID), il cubano-americano Claver Carone, e con il FMI, con cui l’Ecuador ha contratto un debito di diversi miliardi di dollari durante la presidenza di Moreno.
Moreno è disperato e allo stesso tempo teme un eventuale ritorno del Correismo al governo, dato che potrebbe essere soggetto a numerosi processi giudiziari per le sue azioni, e ha già organizzato la sua partenza dal Paese con destinazione Svizzera, un Paese dove ha conti bancari come risultato della corruzione e della consegna delle risorse dell’Ecuador a capitali stranieri e istituzioni finanziarie internazionali.
Una delle sue principali collaboratrici, l’ex ministra María Paula Romo, ha già negoziato il suo rifugio a Washington con l’ambasciata degli Stati Uniti, seguendo le orme dell’ex ministro dell’economia Richard Martínez, che è stato premiato nel novembre dello scorso anno con la vicepresidenza della BID.
Allo stesso tempo, come è successo in Bolivia, la destra ecuadoriana comincia a parlare di una presunta frode elettorale. A questo scopo, hanno creato un “Osservatorio per il controllo elettorale” diretto dall’ex capo della polizia nazionale Mario Pazmiño, che è legato ai servizi segreti statunitensi. Il National Democratic Institute (NDI) e l’International Republican Institute (IRI) degli Stati Uniti si sono uniti a questa operazione.
Il NDI sta reclutando cittadini ecuadoriani per partecipare a programmi di trasparenza elettorale, guidati da Julian Charles Quibell, un funzionario statunitense che ha lavorato al NDI per 18 anni ed è considerato il guru delle elezioni latinoamericane.
Quibell ha iniziato la sua carriera all’NDI nel 2002 fornendo consulenza alla rete dei partiti politici di destra in Bolivia per 2 anni, per poi arrivare all’ufficio NDI in Messico tra il 2004 e il 2012, da dove è saltato all’ufficio regionale NDI di Managua, con la missione di organizzare azioni contro il governo sandinista, tra cui il “Diploma in Leadership e Gestione Pubblica” finanziato da USAID, uno spazio progettato per formare e finanziare leader “emergenti” dell’opposizione.
Il funzionario statunitense legato ai servizi segreti ha dovuto lasciare bruscamente il Nicaragua per il Messico nel gennaio 2019, quando stava per essere arrestato dalle autorità locali a seguito di una serie di accuse nei suoi confronti.
Nel luglio 2020 è stato trasferito all’ufficio in Ecuador, dove gli è stata affidata anche l’attenzione ai programmi della Bolivia, casualmente due Paesi coinvolti in processi elettorali e con possibilità di vittoria delle forze di sinistra.
NDI sta attualmente eseguendo un progetto in Ecuador finanziato con 2 milioni di dollari da USAID, con l’obiettivo di creare le condizioni per “garantire la trasparenza e la sicurezza” del processo elettorale, con un certo controllo sul processo elettorale e sulle piattaforme digitali destinate a sorvegliarlo. Tra le sue principali attività, sostengono settori della destra ecuadoriana e personale legato al controllo, in un progetto nella cui esecuzione è direttamente coinvolto il governo di Lenin Moreno, attraverso il Ministero degli Esteri e il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE).
Come se non bastasse, uno dei subordinati di Quibell è la cittadina ecuadoriana-brasiliana Juliana Ferreira Sevilla, che in precedenza ha lavorato al Ministero degli Esteri e ha legami con il CNE, avendo persino suggerito di tenere le elezioni virtualmente.
Ma l’idea su cui convergono oggi sia Lenin Moreno e il suo ministro della Difesa, responsabile della repressione dell’ottobre 2019 e alleato degli Stati Uniti da un lato, sia Almagro e l’NDI dall’altro, è di sospendere le elezioni di fronte alla possibile vittoria di Arauz al primo turno, come è successo con la vittoria di Lucho Arce in Bolivia.
La pressione internazionale è necessaria perché questo non accada e la pressione nazionale per occuparsi di ogni voto e di ogni casella domenica prossima, rifiutando sia l’interferenza esterna degli Stati Uniti, sia l’interferenza interna dei suoi servi locali.
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