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La Germania scarica la CDU

Domenica si sono svolte le elezioni in due regioni della Germania occidentale: la Renania-Palatinato ed il Baden-Wüttemberg.

Le urne hanno penalizzato pesantemente la CDU, già in crisi per recenti scandali che hanno coinvolto diversi esponenti del partito.

Hanno contribuito anche al pessimo risultato le critiche per i ritmi della vaccinazione, blandi come in Italia e nel resto d’Europa (gli acquisti di dosi erano stati “centralizzati” dalla Ue, con Ursula von der Leyen ora sulla graticola), indirizzate però soprattutto al ministro della sanità Jens Spahn. Ma pesa anche il ritardo, come in Italia, nei versamenti dei “ristori” alle aziende colpite dal lockdown, per cui è stato preso di mira il ministro delle finanze Peter Altmaier.

In sintesi, una parte rilevante dei cittadini tedeschi, è insoddisfatta dell’operato del governo, in cui i conservatori fanno da sedici anni la parte del leone.

Entrambi questi ministri sono dei conservatori che integrano il governo formato dalla CDU insieme alla SPD, in una riedizione della Grosse Koalition  in difficoltà  ben prima della pandemia.

Forse abbiamo davanti la crisi più grave dalla fine degli anni Novanta, quando lo scandalo dei finanziamenti illeciti portò alla fine della carriera politica di Helmut Kohl, ma la transizione politica interna alla CDU sembra ogi molto più problematica.

Armin Laschet, da qualche mese leader della storica formazione conservatrice non è riuscita a dire altro che “bisogna fare meglio”, squadernando l’assenza di idee e soluzioni per far fronte ai problemi.

L’attuale governatore del Reno-Westphalia è a capo dei conservatori da gennaio, ed è stato indicato da Frau Angela per la successione dopo che la sua “delfina” (Annegret Kramp-Karrenbauer) si era dimessa a causa del terremoto politico provocato dall’appoggio – poi ritirato – all’ipotesi di un governo regionale insieme l’estrema destra della AFD in un Land orientale.

In questa tornata elettorale, i conservatori escono sconfitti in entrambi i Land,  rispettivamente dietro i Verdi nel Baden Württenberg e i socialdemocratici nella Renania Palatinato, scendendo ad una percentuale attorno al 24 nel primo caso e meno del 28 nel secondo.

Il quotidiano Die Zeit parla apertamente di “disastro”, mentre la Süddeutsche Zeitung usa il termine “catastrofe”; in generale la stampa tedesca è unanime in questo giudizio.

Questo è il primo di una serie di test elettorali regionali – si voterà a breve in altre 4 regioni – che precedono le elezioni del parlamento il 24 settembre.

La pessima prestazione della CDU contribuisce a minare la possibilità che il neo-leader del partito possa essere il candidato del centro-destra, considerando che molti conservatori gli preferiscono il capo dei Cristiano Sociali bavaresi della CSU, Markus Söder, la formazione “sorella” della CDU.

Angela Merkel, da tempo non più a capo dei conservatori, almeno  “formalmente”, uscirà di scena a settembre dopo 16 anni come Cancelliera della Germania “unificata”, lasciando un vuoto che sarà difficile da colmare.

Ma vediamo i risultati elettorali…

Nel Baden-Wüttemberg i Verdi si confermano la formazione più votata, aumentando i propri consensi, mentre il partito della Merkel li diminuisce in un territorio che prima dell’exploit dei Grünen, una decina di anni fa, aveva ininterrottamente governato, per qualche tempo addirittura con la maggioranza assoluta.

I Cristiano Democratici, che erano soci di minoranza nel governo locale di Winfried Kretshmann – rieletto governatore per la terza volta consecutiva – potrebbero addirittura non entrare nell’esecutivo regionale, considerato che i numeri permetterebbero una “coalizione semaforo” con i socialdemocratici ed i liberali (gialli) dell’FDP; ossia la stessa formula che governava l’altra regione in cui si sono svolte le elezioni, dove verrà probabilmente confermata.

Quasi dieci punti separano infatti i Verdi dalla CDU, con i primi ben oltre il 30%.

Una inchiesta sui flussi elettorali, di Infratest dimap, pubblicata dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, mostra come il travaso dei 245mila voti persi dalla CDU rispetto al 2016 abbia premiato soprattutto i Verdi. Ma anche la perdita di 270 mila voti da parte della AFD – che hanno preso le direzioni più differenti – è un fatto rilevante, e testimonia una significativa “volatilità” delle preferenze, anche per quanto riguarda riguardato gli  stessi verdi.

Nella Renania-Palatinato, totalizzando più di un terzo dei voti, ha vinto la SPD, anche se in leggero calo, riconfermando di fatto al governo Malu Dreyer.

La CDU, secondo partito, perde più del 4% nella regione che costituiva un tempo un proprio bastione, mentre i Verdi migliorano la propria performance del 4%, divenendo il terzo partito e superando l’estrema destra della AFD, in netto calo anche qui, con una perdita superiore al 4% in Renania e oltre il 5% nel B-W.

Die Linke, storicamente più debole ad Ovest, migliora leggermente la sua prestazione nella prima regione superando abbondantemente il 3% e perde leggermente nella seconda attestandosi sotto questa soglia.

Prende quota quindi l’ipotesi di una trasposizione dell’esperienza della “coalizione semaforo” (SPD, Verdi e “Liberali”) anche come possibilità di futuro governo federale, considerata l’ascesa dei consensi dei Verdi, fuori da un esecutivo nazionale fin dal 2005.

È di questa opinione, per esempio, Ulrich Schulte, che da molti anni segue i Verdi per il quotidiano berlinese Die Tageszeitung, il quale non nasconde che a livello nazionale essi hanno una politica più marcata e meno conciliatoria su una serie di questioni, in contrasto con l’approccio dei conservatori anche sulle questioni più squisitamente sociali.

I “Grünen” ad ovest  e l’estrema destra della AFD – recentemente messa sotto sorveglianza dai servizi segreti interni (BfV) – sono stati fin qui i maggiori beneficiari della frantumazione del quadro della rappresentanza politica e dell’incapacità di tenuta delle due storiche famiglie politiche tedesche (CDU/CSU e SPD), che governano insieme il Paese dal 2005.

È chiaro che l’AFD rappresenta un problema maggiore per l’establishment, perché nasce da una frattura reale mai ricomposta tra “est” ed “ovest” e, anche se è presente ormai in tutti i parlamenti regionali, resta una presenza rilevante nell’ex Germania Est.

Quello dei Verdi in Baden Württenberg era un risultato abbondantemente previsto dai sondaggi.

Kretschmann fa parte dell’ala moderata della formazione – i “realo” – che ha trionfato sulle istanze più radicali dei fondatori – i “fundis” – coniugando le istanze ambientaliste alle esigenze economiche delle imprese in questa regione sud-occidentale che è il cuore dell’industria tedesca, in particolare automobilistica e delle macchine utensili votate all’esportazione (Daimler-Benz, Bosch e Porsche).

Nel 2016 hanno dato vita ad un insolito governo regionale “verde-nero”, in una regione al centro dell’innovazione elettrica dell’auto-motive a livello continentale o, come ha affermato Sandra Detzer, co-segretaria dei Verdi nella regione,  “un modello per la combinazione di economia ed ecologia”.

Il progetto che più simbolizza l’approccio pragmatico dei Verdi è la creazione del “dialogo strategico dell’industria automobilistica” nel 2017.

Come spiega la vice regionale della formazione politica Andrea Lindlohr a Mediapart: “è una piattaforma che riunisce tutti gli attori del settore e che ha messo a punto un calendario, dei metodi e una strategia perché questa industria possa realizzare la sua trasformazione per la motorizzazione elettrica e l’industria digitale con meno conseguenze negative possibili per le persone”.

Si tratta, né più né meno, del nuceo centrale della riconfigurazione produttiva che sta venendo imposta a tutta la UE con la gestione del Recovery Fund, a partire proprio dalla ex locomotiva tedesca.

Lo slogan elettorale “trasformare per proteggere” ben sintetizza lo spirito dell’azione politica dei Verdi in una regione dove hanno i messo in campo altri cantieri che strizzano un occhio alla “sostenibilità”: dalle ciclabili, al trasporto ferroviario, passando per la valorizzazione del bio.

La sempre maggiore distanza dei Verdi, rispetto ai temi dell’emergenza climatica, ha così portato alla creazione di una “Lista per il Clima” da parte di chi non si ritrova più, né qui né altrove in Germania, nelle politiche solo formalmente “ecologiste”, segno di una spaccatura apertasi non solo nella regione governata da 10 anni, ma anche altrove.

Più segni indicano che l’intero modello di governance che ha dominato la Germania nei decenni post-unitari si è incrinato nel punto più alto della sua rappresentanza politica – la CDU – , pilastro ineludibile a Berlino come a Bruxelles. The times they are changing, anche sotto il cielo di Berlino…

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