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Oggi il Perù elegge il suo presidente.

Un umile maestro “socialista” contro una ex galeotta, liberata con cauzione di 20.000 dollari, sotto processo per altri 30 anni di carcere, figlia di un presidente genocida, anche lui galeotto condannato a 25 anni di prigione e filo statunitense.

Basterà l’onestà per vincere e per far uscire il Perù dalla sudditanza a Washington e alle multinazionali?

I sondaggi danno ancora un lieve vantaggio al maestro Pedro Castillo, che stravince nelle zone andine, nelle zone rurali e nella sierra; Keiko Fujimori invece è nettamente avanti nella capitale Lima ed ha l’appoggio di tutti i grandi media e della finanza.

Una vittoria del candidato socialista, proseguirebbe la riconquista dei popoli latinoamericani originari delle loro terre, iniziata con la vittoria di Obrador in Messico, con quella di Fernandez in Argentina, con la fine del colpo di Stato ed il trionfo socialista in Bolivia, con quella al referendum, alle parlamentari e amministrative in Cile, e con le proteste in corso in Colombia.

Paesi che si sono sommati ai “fari” Cuba, Venezuela e Nicaragua, non a caso tutti e tre sotto embargo o sanzioni statunitensi per indebolirli economicamente e come immagine.

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