Per il rientro in aula, previsto ad inizio settembre, gli studenti francesi saranno attesi da un nuovo protocollo sanitario, mentre in tutto l’Esagono continuano a crescere i contagi dovuti alla cosiddetta variante Delta del Covid-19. Infatti, nella giornata di mercoledì, il ministro dell’Istruzione Nazionale, Jean-Michel Blanquer, ha annunciato a franceinfo che, se ci dovesse essere un caso positivo in una classe di una scuola media o di un liceo, gli studenti non vaccinati saranno immediatamente passati in didattica a distanza.
Dietro la paventata motivazione relativa all’obiettivo della “continuità pedagogica”, si celano i rischi di una significativa discriminazione sociale e di classe, tanto tra gli studenti di uno stesso istituto quanto – e soprattutto – tra istituti centrali e di periferia. Ma, per il ministro, bisogna “ragionare in termini del male minore, non si ragiona in termini di una situazione ideale”.
In primo luogo, il ministro Blancher (e per lui tutto il governo guidato dal Premier Jean Castex) scarica ancora una volta la responsabilità di una gestione sanitaria fallimentare sulle scelte individuali dei genitori. Si tratta dello stesso modus operandi adottato alla fine della prima ondata, a maggio 2020, quando il rientro a scuola degli studenti, dopo il primo lockdown, è avvenuto sulla base della volontà dei genitori.
A questo, si aggiungono le disuguaglianze sociali determinate dallo smantellamento di un servizio sanitario di prossimità e diffuso nelle aree distanti dalle grandi città – quelle da dove partivano ogni sabato i Gilets Jaunes in direzione degli Champs-Élysées di Parigi –, dettate dalle logiche neoliberiste e di austerità e di “riorganizzazione” delle strutture ospedaliere secondo i canoni amministrativi (e non di assistenza) delle Agences Régionales de Santé. Inoltre, anche nelle principali città (Parigi, Marsiglia, Lione, ecc.) esiste una notevole differenza tra i quartieri centrali e le periferie, quelle “banlieues” dove la sindemia colpisce duramente una parte della popolazione socialmente marginalizzata ed economicamente fragile.
Ad esempio, Seine-Saint-Denis, il cosiddetto “93”, nella banlieue nord-est di Parigi, è stato uno dei dipartimenti dove l’epidemia ha fatto esplodere una situazione sociale già complicata e precaria: a partire dall’elevato tasso di incidenza dei contagi da Covid-19, ad una tensione ospedaliera e un tasso di occupazione dei letti di rianimazione oltre il limite del collasso in ogni ondata, fino ad una drammatica sovra-mortalità rispetto non solo al resto della regione (l’Île-de-France) ma anche di tutto il territorio francese.
Focalizzando l’attenzione proprio sull’Île-de-France, si nota immediatamente come la campagna vaccinale sembri procedere a differenti velocità tra la città di Parigi (con oltre il 75% degli abitanti che ha ricevuto almeno una dose) e i dipartimenti delle banlieues, via via più periferiche: Hauts-de-Seine (61,51%), Seine-Saint-Denis (63,75%), Val-de-Marne (62,33%), Val-d’Oise (59,91%), Essonne (53,72%), Yvelines (53%) e Saine-et-Marne (54,86%).
Queste profonde disuguaglianze, tra centro e periferia, sussistono anche all’interno del sistema scolastico e si sono aggravate ulteriormente con l’entrata in vigore, nel 2018, della Loi Orientation et Réussite des Étudiants e della riforma del Baccalauréat (la maturità francese) volute da Macron. Questo corpo di “riforme” ha di fatto sancito una netta distinzione tra licei di Serie A e istituti di Serie B attraverso un sistema di “specializzazioni” e “competenze”, ricalcando le logiche più bieche dell’iper-sfruttamento e della ultra-precarizzazione del mercato del lavoro giovanile e accelerando il processo di selezione elitaria all’università.
Dal 15 giugno, la vaccinazione è stata aperta anche ai giovani tra i 12 e i 17 anni e, ad oggi, circa il 35% di questa fascia della popolazione francese ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino anti-Covid. Nel suo intervento ai microfoni di franceinfo, il ministro Blancher ha immediatamente precisato che non si tratta di “imporre un pass sanitario per rientrare a scuola”, ma “chiaramente di un forte incitamento a farsi vaccinato”. Per fare questo, Blancher si è slanciato in una promessa decisamente pindarica: “da 6.000 a 7.000 centri di vaccinazione” saranno dispiegati dall’inizio dell’anno scolastico “dentro o accanto” alle scuole.
Persistono i dubbi sulle possibilità e le difficoltà concrete di garantire una “continuità pedagogica” – per riprendere le parole del ministro Blancher – attraverso un sistema di insegnamento ibrido, con gli insegnanti costretti a districarsi, allo stesso tempo, tra la didattica a distanza e quella in presenza, con alunni seduti al banco in aula e altri dietro lo schermo di un tablet (o quello che le disponibilità delle singole famiglie consentono).
Questo ibrido, solo idealmente sincronizzato, ha già mostrato nella pratica tutti i suoi limiti quando era stato già adottato a settembre dell’anno scorso, prima che la seconda ondata della pandemia, a lungo sottaciuta nelle dichiarazioni del governo, costrinse il Presidente Macron ad annunciare a fine ottobre la chiusura di scuole ed università.
La realtà è che il governo francese ha, ancora una volta, deciso di stanziare ingenti fondi e risorse a favore delle grandi imprese e delle forze dell’ordine, piuttosto che della scuola e della sanità. Per mesi infermieri, medici ed insegnanti hanno rivendicato la necessità di un intervento urgente per fronteggiare la pandemia, con l’intento di invertire il corso del definanziamento stabile di queste voci di spesa pubblica sociale.
Il Ministero dell’Istruzione ha impiegato innumerevoli energie nell’elaborare per l’anno scolastico 2021-2022 un protocollo sanitario, declinato in quattro scenari a seconda dell’intensità di circolazione del virus a livello locale, senza però predisporre i veri mezzi necessari per tutelare la salute del personale scolastico e degli studenti e garantire una didattica per tutti.
Le conseguenze negative di queste scelte politiche – non è davvero possibile parlare di “mancanze” – ricadranno su quei settori popolari precari e a basso reddito, ovvero quelli, di fatto, più suscettibili a non essere dotati di strumenti digitali adeguati per la famosa “continuità pedagogica”, un’illusione per gli alunni più svantaggiati dal punto di vista scolastico e sociale.
Si tratta – lo ripetiamo – di investire risorse supplementari per permettere di accogliere gli studenti nelle migliori condizioni sanitarie all’interno degli istituti scolastici, di assicurare concretamente i mezzi necessari per una formazione pedagogica di qualità per tutti, nonché una campagna vaccinale chiara e trasparente anche per i giovani, nonché di procedere ad un piano di stabilizzazione degli insegnanti precari, di nuove assunzioni e di rivalorizzazione degli stipendi.
Durante la riunione del Consiglio dei Ministri di mercoledì 28 luglio, il Presidente Macron ha affermato che l’esecutivo intende accelerare la vaccinazione, come “unico mezzo per uscire” dalla crisi sanitaria. Questo dopo che il suo discorso a reti televisivi unificate, la sera del 12 luglio, in cui annunciava l’estensione del pass sanitario a numerose attività nei luoghi culturali e di svago da inizio agosto, aveva scatenato un boom di richieste di prenotazione per il vaccino anti-Covid. Un vero e proprio “effetto-annuncio” che sembra rappresentare la strategia vaccinale (sic!) dei governi europei, anche del “competentissimo” Mario Draghi.
Nel frattempo, il governo francese è in attesa della decisione del Consiglio costituzionale, che verrà emessa il 5 agosto, sulla validità delle misure annunciate riguardanti gli ambiti di estensione previsti per il pass sanitario e l’obbligo vaccinale per alcune categorie, personale sanitario su tutti. Per quello che riguarda gli insegnanti, il ministro Blanquer ha escluso, per il momento, la vaccinazione obbligatoria, che giudica una extrema ratio.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa