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Risorgimento suprematista, effetto collaterale del ritiro USA dall’Afghanistan

Il recente ritiro delle truppe statunitensi dallo scenario afghano ha prodotto una serie di effetti collaterali più o meno gravi che hanno colpito l’amministrazione Biden in un momento già particolarmente critico:

 – ha fatto precipitare nei sondaggi la credibilità del presidente già messa in crisi, nelle ultime settimane, da una risposta troppo debole e confusa alla pandemia;

 – sta mettendo a repentaglio la vita di migliaia di afghani, e non solo, bloccati nel Paese oramai alla mercé del “rinnovato” movimento Talebano;

 – fa fibrillare i governi di mezzo pianeta alle prese con il problema di chi ed in che modo dovrà accollarsi le responsabilità verso i rifugiati ed il futuro del paese

 – dulcis in fundo, ha anche dato rinnovato vigore ai movimenti antigovernativi legati al suprematismo bianco e alla estrema destra americana, quegli stessi che hanno dato l’assalto a Capitol Hill alla vigilia dell’insediamento della nuova amministrazione democratica.

Non dimentichiamoci che gli Stati Uniti ha ancora un “problema nazionale” mai veramente affrontato né tantomeno risolto: ricomporre la profonda spaccatura interna al proprio popolo, il quale fatica a digerire la caduta dei valori legati alla tradizione americana, quella più retriva e reazionaria.

Sleepy Joe ci prova in tutti i modi, stuzzicando il “sano egoismo amerikano” e lavorando per la rinascita economica della nazione, così da “silenziare” una parte ingente di popolazione, ma con successi sicuramente troppo rari e discontinui.

Come non bastasse, spuntano di nuovo all’orizzonte i fantasmi dei “patrioti” che hanno dato l’assalto il 6 gennaio scorso a Capitol Hill.

Lo fanno in maniera singolare: difendendo il movimento degli studenti coranici, quei Talebani che subito dopo l’attacco alle Twin Towers volevano veder bruciare fra le fiamme dell’inferno.

Anzi questa volta, indagando per bene il mondo delle comunità on line, scopriamo con stupore che la comunità alt-right americana, in particolare quella più giovane, gli appartenenti alla cosiddetta “generazione Z”, e quindi i ventenni di adesso, proprio quelli nati a ridosso dell’11 settembre, hanno iniziato a lavorare in sinergia con gruppi aka-right, ossia quei gruppi di formazione islamista-fondamentalista legati ai principi della tradizione più fanatica, misogini, omofobi, e che hanno fatto dell’intolleranza verso l’Occidente il proprio credo.

Non più solo utilizzatori dei canali minori, di appeal molto parziale, dove erano nati e cresciuti, ora si scambiano opinioni sulle principali piattaforme (Twitter o Instagram), dove indirizzano ed influenzano (o almeno ci provano) il dibattito politico e religioso.

L’antifascismo è l’eterno nemico della giustizia, dell’ordine, e di Dio… e il movimento Talebano stanerà e sterminerà gli infiltrati comunisti”. Questo uno dei post dal profilo dell’APU (American Populist Union), un gruppo ammiratore di Nick Fuentes, opinionista alt-right bannato da Reddit per le sue posizioni antisemite, autodefinitosi “un conservatore cristiano ed un americano nazionalista convinto, un paleoconservatore”.

I post sembrano generalmente tradotti dal pashtu (la lingua più diffusa fra i talebani) con l’aiuto di Google translator.

Tutta questa attività ha ovviamente messo in allarme le strutture di intelligence statunitensi.

In un’intervista rilasciata alla CNN, un ufficiale dei servizi di Analisi ed Intelligence del Dipartimento per la sicurezza interna, l’Homeland Security (DHS), mette in guardia e conferma che, subito dopo la caduta di Kabul, sulle varie piattaforme digitali frequentate da gruppi estremisti ed alt-right sono fiorite prese di posizione pro–Taliban, ma hanno anche ripreso vigore discussioni sulle teorie della Grande Sostituzione razziale messe in relazione al prossimo arrivo dei profughi.

Secondo la “teoria” della Grande Sostituzione, sostenuta dallo scrittore francese Renaud Camus – a cui si era ispirato anche Brenton Tarrant, l’autore del massacro di Christchurch in Nuova Zelanda – le costanti ondate migratorie di rifugiati da paesi non-occidentali porterebbe prima o poi ad un incremento della popolazione non-bianca in questi paesi; questo produrrebbe una drastica riduzione della razza bianca, che perderebbe così il controllo sui “propri territori”, lasciando l’Occidente “preda” degli “”infedeli”.

Neo-Nazi e violenti “accelerazionisti di destra” infatti, sia in USA che in Europa, sperano di provocare quella che credono essere un’inevitabile guerra razziale il cui scopo è giungere all’affermazione di uno Stato di soli bianchi.

Quello che suona come un corto circuito, un vero paradosso, è che lo facciano esaltando proprio i Talebani anche se principalmente per l’omofobia, le severe restrizioni nei confronti della libertà delle donne e altri capisaldi tipi della destra neofascista (antisemitismo compreso, ma solo in alcune frange, visto che grossa parte del trumpismo è fortemente pro-Israele).

Ma soprattutto li elogiano per la mortificazione a cui hanno sottoposto l’esercito yankee.

Su una chat di Telegram i tristemente noti Proud Boys si esprimono così attraverso il loro leader di origine cubana, l’anticastrista Enrique Tarrio:

Questi agricoltori minimamente scolarizzati, che hanno combattuto per riappropriarsi della propria nazione che gli era stata sottratta dalla “globohomo”* hanno insediato di nuovo un loro governo, hanno reso Legge la loro religione nazionale e messo a morte i dissidenti … Se noi uomini bianchi occidentali avessimo il loro stesso coraggio, oggigiorno non saremmo dominati dagli Ebrei “.

Al momento questa è la posizione, al netto della “razza”, sintetizzata da quei gruppi che non riconoscono l’amministrazione che li governa.

La classica sharia islamica è stata sostituita da una più occidentalizzata sharia bianca: le donne bianche avebbero guadagnato “troppo potere” sull’onda dei movimenti femministi moderni, erodendo il “potere del maschio” e mettendo a rischio la “tradizione” e il concetto di patriarcato.

Seguendo le chat di questi gruppi si nota quanto sia profonda la soddisfazione provata nel constatare l’umiliazione che ha dovuto affrontare l’esercito USA abbandonando l’Afghanistan.

Tutto ciò, in effetti, non sembra molto “patriottico”, piuttosto un controsenso, ma il fanatismo di questi gruppi ha come principale obbiettivo quello di minare alle fondamenta le istituzioni federali.

Per alcuni ambienti dell’estrema destra americana il fatto che una milizia “nazionalista ed illiberale” si sia fatta beffe del più forte esercito del pianeta è stato sufficiente a far loro ammirare persino i Talebani, i responsabili dell’unico attacco militare interno subito dagli USA nella storia. E a promuoverli come esempio da seguire.

Al momento, attaccare l’amministrazione attuale, e portare ad esempio il nazionalismo delle forze talebane, per le milizie armate della destra radicale è un presupposto ed equivale a minare alla radice il pensiero liberale.

Gli avvertimenti dell’Intelligence però non si fermano a questo.

L’ex vicedirettore dell’Fbi Andrew McCabe ha dichiarato alla CNN che le autorità devono prendere “molto seriamente” la manifestazione che la destra statunitense sta organizzando a sostegno dei rivoltosi dell’assalto a Capitol Hill, lo scorso 6 gennaio, che si trovano attualmente in carcere.

È in programma per il prossimo 18 settembre e man mano che passano i giorni aumentano le preoccupazioni per ulteriori, potenziali violenze.

Gli avvertimenti”, insiste Mc Cabe, “dovrebbero essere presi molto più sul serio di quanto non sia stato fatto probabilmente il 5 gennaio. Stavolta sembra che le comunicazioni siano state recepite, il che solleva la questione di cosa sia successo a gennaio, ma questo è un altro problema”.

A Washington DC intanto i funzionari delle forze dell’ordine si preparano in vista del raduno “Justice for J6”, a sostegno degli accusati nell’assalto; secondo il capo dell’intelligence della DHS, John Cohen, “la retorica estremista che circola online è sorprendentemente simile a quella che ha preceduto l’attacco del 6 gennaio”.

L’evento, organizzato da un ex membro dello staff della campagna elettorale di Trump, sarà dunque accompagnato da alcune misure precauzionali, anche se non è chiaro quale sarà dimensione della partecipazione.

Il raduno poi si svolgerà di sabato”, rassicura “quando la Camera è in pausa, quindi ci saranno meno politici e personale del Congresso in circolazione”.

Stesso fine settimana in cui si svolgerà ad Atene la sessione dei Capi Militari per la Difesa della NATO, cui la stampa non è stata neanche invitata, nel sorso della quale quale si discuterà delle prossime contromisure nei confronti del “nuovo ordine talebano”.

* Singolare mix dei termini globalist ed homo, dove quest’ultimo non fa riferimento a questioni di genere, come erroneamente si legge un po’ ovunque in rete, ma sta a significare una tendenza non “salutare”, nociva a comunicare i principali concetti legati ad educazione e formazione familiare nei confronti delle nuove generazioni.

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