Nella serata di domenica è stata confermata la morte di Denisse Cortés, studentessa di diritto e avvocatessa della Defensoría Popular, dopo essere rimasta gravemente ferita a causa della violenta repressione attuata dai Carabineros durante la “Marcia per la resistenza Mapuche e l’autonomia dei popoli” nativi del Cile e del Sud America, svoltasi nella zona di Plaza Italia nel centro di Santiago.
Circa un migliaio di manifestanti sono scesi in piazza, molti con il poncho, il trarilonco, la bandiera mapuche e con numerosi cartelli con scritto “Wallmapu libre” (“territorio mapuche libero”). Le comunità indigene rivendicano la restituzione delle terre ancestrali, da loro storicamente abitate prima che fossero occupate con la forza dallo Stato cileno alla fine del XIX secolo in un processo ufficialmente noto come “Pacificazione dell’Araucanía”, successivamente cedute in concessione ad imprese private e in gran parte deforestate.
Mentre la marcia si muoveva verso l’Alameda, uno dei principali viali di Santiago, alcuni portavoce del movimento e organizzatori della manifestazione hanno provato a dialogare con i responsabili delle forze dell’ordine per evitare tensioni e consentire al corteo di procedere pacificamente. Tuttavia, i Carabineros – una delle istituzioni più violente e razziste dell’apparato repressivo dello Stato – hanno accerchiato il corteo, attaccandolo con l’uso di cannoni ad acqua e gas lacrimogeni.
Almeno 17 manifestanti sono rimasti feriti dal fitto lancio di lacrimogeni, molti ad altezza uomo. Tra questi, Denisse Cortés, la quale potrebbe essere stata addirittura raggiunta e ferita al collo da un proiettile. Secondo la versione ufficiale dei Carabineros, la donna è stata colpita da fuochi d’artificio lanciati dai manifestanti. Quello che è certo è che i Carabineros non hanno interrotto la loro azione repressiva per permettere ai manifestanti di prestare immediato soccorso a Denisse, attimi che sono risultati fatali.
I rappresentanti delle comunità indigene e delle organizzazioni sociali presenti, nel condannare l’impunità e l’appoggio da parte dello Stato e di tutte le forze armate di cui godono i Carabineros, chiedono a gran voce “verità e giustizia per Denisse” e che sia aperta un’indagine sulle circostanze della sua morte.
Il ministro dell’Interno, Rodrigo Delgado, ha affermato che continueranno le indagini per chiarire l’incidente, anche se ha sottoscritto la versione dei Carabineros sugli attacchi dei manifestanti alle forze dell’ordine.
La madre di Denisse Cortés ha puntato il dito contro i Carabineros e chiede una vera indagine approfondita. Attivisti sociali e dei diritti umani si sono ritrovati già domenica sera per una veglia in ricordo di Denisse e per denunciare la repressione violenta da parte dello Stato cileno e del suo presidente Sebastián Piñera.
Il leader del gruppo di attivisti mapuche Coordinadora Arauco-Malleco (CAM), Héctor Llaitul, ha dichiarato all’agenzia stampa EFE che il governo sta intraprendendo “un nuovo attacco contro le comunità e le organizzazioni più impegnate nella difesa della lotta e della disputa territoriale contro il grande capitale”.
Il CAM è una delle più longeve e importanti organizzazioni di attivisti mapuche nella parte meridionale del paese e ha rivendicato la responsabilità di una serie di attacchi contro macchinari e terreni appartenenti alle imprese forestali, stabilitesi nel territorio mapuche fin dalla dittatura militare di Augusto Pinochet (1973-1990).
“Il potere di dominazione, oggi rappresentato dalla sua classe dirigente politica con a capo Renovación Nacional (RN) e la Unión Demócrata Independiente (UDI), propongono la criminalizzazione del movimento autonomista mapuche con una narrativa basata sul narco-traffico e sul terrorismo per compromettere le giuste richieste del nostro popolo”.
Questa la risposta del leader mapuche all’annuncio fatto questo sabato dai partiti RN e UDI – che insieme a Evolución Política e al Partido Regionalista Independiente Demócrata appoggiano il governo – di presentare una denuncia penale contro il CAM la prossima settimana.
“Non ci fermeremo finché il CAM non sarà dichiarato un’organizzazione terroristica che cerca di diffondere il panico nella macro-zona meridionale e che coloro che rivendicano la responsabilità degli attacchi terroristici siano messi dietro le sbarre come meritano”, ha detto Francisco Chahuán, leader di RN, dopo aver incontrato il presidente Sebastián Piñera,
In particolare in questa zona, come in altre regioni del sud del Cile, il conflitto tra lo Stato cileno e il popolo Mapuche dura da decenni, contrapponendo le imprese agricole e forestali che sfruttano le terre ancestrali alle comunità indigene.
Nella regione meridionale, la lotta mapuche si è rivolta anche contro il mega progetto minerario chiamato “Minera Dominga”, sul quale la procura cilena ha annunciato venerdì scorso l’apertura di un’inchiesta per i possibili reati di corruzione illegale e concussione che sarebbero stati commessi da Piñera quando ha venduto la sua quota di partecipazione nel 2010.
Il governo, intenzionato ad intensificare la sua stretta repressiva contro queste lotte e a sostenere gli interessi economici delle grandi imprese nella regione, ha decretato lo stato di emergenza e dispiegato l’esercito in due regioni del Sud del paese, in particolare nelle province di Biobio, Arauco (regione di Biobio), Malleco e Cautin (regione di Araucania)
Dopo essersi confrontato con i ministri dell’Interno e della Difesa, senza la necessità di alcuna validazione da parte del Parlamento, lo stato d’emergenza entrerà in vigore il 12 ottobre per un periodo di 15 giorni; per essere estesa oltre un mese, sarà invece necessario passare per l’approvazione del Parlamento.
In un breve messaggio, il presidente Piñera ha gettato ulteriore benzina sul fuoco, affermando che “è noto che gravi e ripetuti atti di violenza legati al traffico di droga, al terrorismo e al crimine organizzato sono stati commessi da gruppi armati” in questa regione. Per questo motivo, il governo ha deciso per un ingente dispiegamento militare che “include la designazione di capi della difesa nazionale” responsabili del ripristino dell’ordine pubblico, fornendo supporto logistico alla polizia e partecipando al pattugliamento dell’area.
Cresce il clima di tensione politica e sociale in vista delle elezioni generali del prossimo 21 novembre, nelle quali il popolo cileno è chiamato alle urne per eleggere il nuovo presidente 155 membri della Camera dei Deputati e 27 dei 50 membri del Senato per il periodo 2022-2026.
Queste elezioni arrivano dopo lo storico processo elettorale che ha nominato i membri dell’Assemblea Costituente per redigere una nuova costituzione e superare definitivamente quella ereditata dal regime di Pinochet.
L’Assemblea Costituente, istituita a giugno, è presieduta dall’accademica mapuche Elisa Loncón e 17 dei suoi 155 membri sono rappresentanti dei dieci popoli indigeni del Cile. Tuttavia, alcuni leader mapuche dubitano che la nuova costituzione risponda alle loro richieste di restituzione della terra e di autodeterminazione.
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