A novembre si terranno tre importanti elezioni in America Latina.
Saranno chiamati alle urne i cittadini del Nicaragua, Argentina e Cile.
Delle elezioni degli ultimi due paesi parleremo più estesamente in seguito.
Qui ci basta ricordare che in Argentina il 14 novembre si terranno le elezioni legislative, dopo che la destra dell’ex presidente Mauricio Macri, raccolta attorno a “juntos por el Cambio” guidata dall’attuale sindaco dell’attuale Città autonoma di Buenos Aires Horacio Rodriguez Larreta, ha incassato una netta vittoria alle primarie di metà settembre, mentre la coalizione che sostiene l’attuale governo “Frente de Todos” ha capitolato in 18 delle 24 province del Paese.
Se il dato emerso a settembre fosse confermato tra poco meno di due settimane, la destra potrebbe ottenere la maggioranza sia alla Camera che al Senato, ipotecando l’azione degli ultimi due anni di presidenza di Alberto Fernandez e lanciando Lareta per le presidenziali del 2023.
Il 21 novembre si vota in Cile per le Presidenziali, con un eventuale ballottaggio che si terrebbe un mese dopo, oltre che per le politiche che rinnoveranno Camera e Senato, nonché i governi di comuni e regioni.
In Nicaragua, il 7 novembre si terranno le elezioni presidenziali, e si rinnoveranno anche 92 deputati dell’Assemblea Nazionale e 20 posti al Parlamento Centroamericano.
A seguire le elezioni saranno presenti 180 osservatori internazionali provenienti da tutto il mondo, mentre l’Esercito garantirà la sicurezza del processo con l’impiego di 15 mila effettivi che vigileranno sui 4 milioni ed ottocento elettori che si recheranno alle urne.
Il Frente Sandinista de Liberación Nacional (FSLN) che governa il Paese dal 2007 – secondo quanto riportato da Telesur – si augura un alta affluenza alle urne.
Alle elezioni Daniel Ortega cerca la sua terza elezione consecutiva.
Il Paese è stato definito dagli USA – che insieme all’Unione Europea hanno ampliato le sanzioni nei confronti di alcune sue personalità – “una minaccia inusuale e straordinaria per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti”.
Una strana minaccia, quella di un piccolo Paese di appena sei milioni e seicentomila abitanti che è in via di sviluppo, ed già stato oggetto di una pesantissima ingerenza con l’intervento dei Contras negli Anni Ottanta, cioè la maggior operazione della CIA, insieme all’intervento all’Afghanistan, durante l’amministrazione Reagan.
Un intervento, quello statunitense, che non riuscì a destabilizzare militarmente il Paese dopo la conquista del potere nel 1979 e la deposizione del dittatore filo-statunitense Somoza, ma che lo logorò nei primi anni della rivoluzione sandinista e contribuì di fatto alla sconfitta del FSLN nel 1990, aprendo la strada a 16 anni di neo-liberalismo sfrenato.
Durante questi ultimi 14 anni la direzione generale del Paese è stata chiara, conseguendo notevoli risultati nel miglioramento della qualità della vita dei suoi cittadini e invertendo radicalmente le politiche intraprese dall’oligarchia statunitense sostanzialmente in linea con l’originale programma sandinista e con le esperienze progressisti del continente. .
Una condizione diversissima da quella vissuta negli Stati vicini come Honduras, El Salvador e Guatemala da cui provengono i flussi elettorali che premono sui confini meridionali degli USA.
Ma il revanchismo delle oligarchie filo-statunitensi non si affievolito in questi anni, nemmeno dopo il fallimentare tentativo golpista del 2018, così come non sono scemati i tentativi di ingerenza USA, UE e OEA e che ora minano alla delegittimazione del processo elettorale in corso.
Il Nicaragua ha raggiunto l’autonomia alimentare, in un paese in cui il 41% dei nicaraguensi vive in zone rurali e poco meno di un terzo è impiegato in agricoltura.
Ha sviluppato particolarmente l’istruzione e la salute, e la prevenzione dei “disastri naturali”, costruendo infrastrutture – in particolare viarie – e garantendo l’accesso all’acqua e all’elettricità alla stragrande maggioranza dei suoi cittadini.
La comunità è al centro di una medicina di base e preventiva, insieme all’incremento delle strutture di assistenza, dove all’assistenza medica pubblica gratuita si affiancano i Voluntarios de la Salud, organizzati prima del Covid-19 e composti prevalentemente dalla Organizzazione Giovanile Sandinista. Sono brigate di volontari che vanno “porta a porta” per dare una assistenza ed una educazione sanitaria personalizzata, e che hanno svolto un ruolo fondamentale durante la Pandemia.
Gli USA, vale sempre la pena ricordarlo, non hanno donato nemmeno una dose di vaccino al Paese con il programma Covax, facendo del Nicaragua l’unico Stato del Centroamerica a non ricevere dosi dagli USA.
La Russia, invece, che ha un rapporto consolidato con il Paese ha donato 3,9 milioni di dosi di Sputnik Light, e Cuba ha donato 1,2 milioni di dosi di Soberana 02 e Abdalá. Per ciò che concerne l’isola caraibica, si tratta di un primo di tre lotti previsti da qui alla fine dell’anno di sette milioni di dosi concordate tra i due paesi.
Ed è questa tipologia di cooperazione che il Paese intrattiene con Cuba e Venezuela principalmente e la tendenza ad inserirsi in un contesto di relazioni sempre più multipolari con Cina e Russia ha “tagliare le gambe” ai progetti statunitensi di ripristino della propria egemonia e alle mire neo-coloniali europee. USA e UE sono desiderosi di vedere detronizzati i sandinisti per fare del Paese uno dei tanti stati centro-americani dove regna la fame, la violenza e la corruzione.
L’America Latina è una speranza per l’Umanità è il titolo di un appello per rimettere al centro dell’asse politico nel nostro Paese la solidarietà ai processi di emancipazione di questo continente. Un appello che invitiamo a sottoscrivere e far circolare, di cui il Nicaragua sandinista è un tassello essenziale.
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