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Julian Assange presenta ricorso contro la decisione di estradizione negli USA

Gli avvocati del fondatore di WikiLeaks, Julian Assange, hanno presentato giovedì 23 dicembre un’istanza alla Corte Suprema del Regno Unito per ottenere il permesso di appellarsi contro la decisione dell’Alta Corte, la quale lo scorso 10 dicembre si è pronunciata a favore del governo degli Stati Uniti, dove Julian Assange rischia una pena a 175 anni di reclusione in caso di estradizione.

Ad annunciarlo è stata la compagna di Assange, l’avvocatessa Stella Morris, in un comunicato stampa in cui afferma che “la sentenza dell’Alta Corte nel caso USA contro Assange solleva tre punti di diritto di importanza pubblica generale che hanno un impatto sulle garanzie procedurali e dei diritti umani di una vasta gamma di altri tipi di casi”.

Infatti, secondo la legge britannica, affinché la domanda di appello venga considerata dalla Corte Suprema, gli stessi giudici che hanno emesso il verdetto devono certificare che almeno uno dei motivi del ricorso è una questione di diritto di importanza pubblica generale (s. 114 dell’Extradition Act del 2003).

Il 10 dicembre, l’Alta Corte ha confermato la valutazione della Magistrates’ Court secondo la quale, sulla base delle prove presentate dalla difesa, sussisteva un rischio reale che, qualora Julian Assange venisse estradato negli Stati Uniti, sarebbe stato sottoposto ad un isolamento quasi totale.

In particolare, si faceva riferimento alla possibilità che Assange fosse sottoposto ai regimi di SAMs (Special Administrative Measures) e/o ADX (Administrative Maximum Prison) e che tale isolamento avrebbe causato il deterioramento delle sue condizioni mentali con un alto rischio di suicidio.

Tali considerazioni avevano portato la corte inferiore a bloccare l’estradizione in base al s. 91 dell’Extradition Act, che vieta le estradizioni “oppressive”. Tuttavia, l’Alta Corte ha ribaltato la decisione della corte inferiore, basandosi sulle assicurazioni presentate dal Dipartimento di Stato americano in una lettera al Ministero degli Esteri britannico sulle condizioni di detenzione per Julian Assange.

Nella lettera si dichiara esplicitamente ai punti uno e quattro che “gli Stati Uniti mantengono il potere di imporre SAMs” al signor Assange e di “designare il signor Assange all’ADX” nel caso in cui egli dica o faccia qualcosa dal 4 gennaio 2021 che possa indurre il governo degli Stati Uniti a determinare, nella sua valutazione soggettiva, che Julian Assange debba essere posto sotto tali condizioni detentive.

Queste “assicurazioni condizionali” sono state considerate sufficienti dall’Alta Corte per capovolgere la decisione dello scorso gennaio.

Di parere decisamente contrario è la difesa di Assange, la quale ha presentato serie preoccupazioni sul fatto che gli Stati Uniti non rispetteranno le garanzie necessarie per curare l’integrità fisica e mentale di Assange, che un eventuale isolamento totale deteriorerebbe in maniera potenzialmente fatale.

La richiesta di Julian Assange di ricorso in appello alla Corte Suprema è quindi attualmente all’esame dei giudici dell’Alta Corte. Non si sa quanto tempo ci vorrà per la decisione, ma non è prevista prima della terza settimana di gennaio.

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