Burqa, è un piccolo villaggio palestinese situato a nord di Nablus, nella Cisgiordania occupata nella guerra del 1967.
Oggi questo villaggio insieme a tutti i villaggi di tre regioni, Nablus, Jenin e Tulkarem, rappresentano la Resistenza popolare palestinese, come Betna, KufrKaddum, Neelin, Belin, e tutti i territori occupati.
Burqa, è sotto attacco dai coloni sostenuti e appoggiati dall’esercito d’occupazione israeliana, che sono accaniti contro questo villaggio, e altri villaggi vicini. A Silat Al Dhahr, i coloni hanno attaccato gli abitanti e le case, distruggendo e cercando di incendiarle.
Una settimana fa, un gruppo della resistenza, in una imboscata, hanno sparato contro una macchina uccidendo un colono e ferendone un altro.
Un’azione che ha fatto impazzire gli apparati di sicurezza israeliana. Ma ha dimostrato la protesta più forte contro il piano di annessione, del governo di estrema destra israeliana.
Infatti, sul territorio di Burqa, c’era una colonia Homesh, evacuata già nel 2005, insieme alla evacuazione delle colonie di Gaza. Nel 2009, i coloni hanno iniziato l’istituzione di una scuola religiosa, al posto della colonia evacuata di Homesh, con il sostegno dell’esercito. In questa scuola risiedono soggiornano in modo permanente decine di coloni estremisti. Questi coloni, protetti dall’esercito, praticano continue incursioni e attacchi contro i villaggi palestinesi vicini.
Nel 2013, i cittadini di Burqa hanno strappato dall’Alta Corte israeliana una sentenza che gli restituisce 1200 Dunom (1 dunom = 1000 metri) di terra, che sono state confiscate nel 1978.
Burqa, fa parte della storia di resistenza palestinese, nella prima Intifada delle pietre, si è proclamata repubblica libera di Burqa, perché l’esercito di occupazione non ha potuto sottometterla, malgrado i tanti martiri e feriti. Oggi Burqa, ritorna in prima fila contro il piano di colonizzazione israeliano. A Burqa oggi c’è tutta la Palestina.
Scrive uno dei corrispondenti da Burqa: “Un bellissimo punto luce nei villaggi di: Barqa, Bazaria, Naqoura, Silat Al Dhahr: C’è chi dà fuoco a ruote di gomma, chi erige lo “strappo” di sassi nelle strade. C’è chi incita alla resistenza dai tetti delle case, altri distribuiscono cipolle al pubblico (per sopportare i lacrimogeni). Gli uomini dell’ambulanza trasportano i feriti nelle loro auto private. Gli addetti alla stampa e gli attivisti dei social media registrano con le loro telecamere i dettagli in prima persona, anziani monitorano i movimenti dei mongoli (riferimento metaforico all’olocausto mongolo contro i musulmani nel Medioevo, ndr) e il suo esercito assassino. Questa è l’atmosfera dell’intifada, il suo profumo, il suo colore”.
Esce il primo comunicato: La persone stanno bene, non saranno spezzate, non arretrano il passo. Battaglia in Burqa, La dignità, il fuoco sono in Burqa, come se tutta la Palestina fosse in Burqa. Giovani provengono da: Jenin, Jabaa, Araba, Yabad, Campo di Jenin, Silat Al Dhahr, Al Fandakoumieh, Al Atara, Anza, Al Zawiya, Al Assa, Sanur, Mithloun, Al Yamoun.. Giovani provengono da, Tulkarm: Noor al-Shams, campo di Tulkarm, Anabta, Beit Lid, Ramin, Bala’a.. Kafr Rumman. Giovani provengono da: Nablus: Deir Sharaf, Iginesinia, Zawata, Tel, Surra. In Burga, tutta la Palestina è qui. Fuochi nei cuori delle persone, basta un fiammifero per accendersi. Oh Dio, questo è un matrimonio di massa. Questa è una preghiera collettiva, Fatah organizza i suoi ranghi: ogni fila, ogni preghiera, la voce di Mahmoud Al-Aloul, numero due di Fatah che grida: “Resisteremo fino al martirio”. Un dipinto molto bello, venite in Burqa, venite alla bellezza. Salviamo Burqa!
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