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La “guerra a tutti i costi” si ferma. Vertice tra Biden e Putin

Contrordine, liberali! La guerra può attendere…

In piena notte Emmanuel Macron ha reso noto di aver messo insieme la disponibilità ad incontrarsi tra Joe Biden e Vladimir Putin, per affrontare e forse risolvere la cosiddetta “crisi Ucraina”.

Un vero colpo per tutti i media occidentali, che ancora stamattina sono usciti in edicola con i consueti titoli a nove colonne sulla “Russia pronta all’invasione”, anche sull’onda delle fernticanti dichiarazioni della vicepresidente Usa, Kamala Harris, durante il vertice di Monaco (“pensiamo che ormai Putin abbia preso la sua decisione“, “Stiamo parlando della reale possibilità di una guerra in Europa).

Ma non c’è dubbio che i gazzettieri di regime ci metteranno un attimo a riscrivere i propri pezzi, usando come “base” i lanci che arrivano da Washington, Parigi e Berlino.

Sul piano diplomatico, Emmanuel Macron avrebbe parlato ancora per un’ora con Vladimir Putin domenica sera, per la seconda volta nella stessa giornata (il primo colloquio era durato due ore). In mezzo, una telefonata con il presidente americano Joe Biden.

A riprova dell’urgenza, il vertice tra i due fronti contrapposti dovrebbe tenersi già giovedì 24 febbraio, anche se in forma “virtuale”. In particolare, il segretario di Stato degli Stati Uniti, Antony Blinken, e il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, avranno un confronto per definire i dettagli.

Solo in un secondo momento, e se le cose dovessero evolvere positivamente, saranno coinvolte le “altre parti in causa”, ossia l’Ucraina e le repubbliche indipendentiste del Donbass.

Sul campo, però già da giorni le forze ucraine, con i testa i nazisti del battaglione Azov, stanno bombardando le posizioni degli indipendentisti, tanto che questi hanno iniziato a far spostare la popolazione civile direttamente in Russia (dal 2019 è stato concesso il passaporto russo a gli abitanti della Dnr e della Lnr).

Su chi sia il responsabile della rottura del cessate al fuoco c’è addirittura un solitario messagio apparso sull’italiano e istituzionalissimo TeleVideo della Rai, cui è sfuggito il titolo “Bombardamenti di forze Kiev su Donetsk”.

Le prossime ore serviranno a preparare il vertice, con il prevedibile tourbillon di telefonate e incontri tra Macro, Johnson, Draghi, Sholz, von del Leyen, Biden e i loro “sherpa”.

Ma l’insistenza con cui l’amministrazione Usa continua a parlare di “invasione imminente”, “Putin che ha già dato l’ordine dell’invasione”, chiariscono in modo definitivo chi abbia davvero interesse ad aumentare la tensione fino a rischiare sul serio una guerra in territorio europeo.

Su tutt’altra lunghezza d’onda, ancora una volta, il governo ucraino, consapevole di essere in vaso di coccio in questa esibizione muscolare tra giganti.

Il ministro della Difesa ucraino, Oleksiy Reznikov, ha infatti spiegato in televisione che finché non esiste una “forza d’attacco” delle truppe russe in alcuna città, è inappropriato dire che l’attacco avverrà domani o dopodomani. “Questo non significa che non vi sia alcuna minaccia. Voglio ricordare ai nostri partner che la minaccia esiste dal 2013“. Insomma, niente di nuovo o imminente.

Alcune notizie economiche possono aiutare a capire anche chi dovesse essere ancora intossicato dalla propaganda neoliberista.

Il prezzo del petrolio, che stava volando verso i 100 dollari al al barile ha invertito rapidamente la tendenza. Le borse hanno aperto in positivo. Si indebolisce il dollaro, verso il quale erano rifluiti gli investitori, sui mercati valutari. L’euro sale così dello 0,46% a 1,137 in apertura, con il mercato che guarda anche al meeting informale della Bce di questa settimana. Deciso rialzo per il rublo che rimbalza dell’1% a 76,4 dollari.

Tradotto: si stempera momentaneamente la corsa dei prezzi delle materie prime (innanzitutto quelle energetiche) che alimenta l’inflazione e il raddoppio delle bollette; perde punti la moneta statunitense, tradizionale “bene rifugio finanziario” in tempi di tensioni internazionali.

Così è anche chiaro chi ci stava guadagnando e chi perdendo (chi le materie prime non ce l’ha, quindi in primo luogo i paesi europei).

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