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“La voce del Sud torni a farsi sentire con decisione in un mondo che cambia”

Parla il nuovo presidente cileno

Le elezioni cilene, pochi mesi fa, hanno completato un ciclo elettorale in America Latina dove differenti forze progressiste si sono affermate alle urne in diversi paesi.

Con le elezioni politiche e il primo turno delle presidenziali del 21 novembre, e soprattutto con il ballottaggio del 19 dicembre, il Cile ha espresso la propria volontà di cambiamento dando uno sbocco politico – dopo il plebiscito per il cambio della Costituzione e l’elezione della Costituente – a quell’inedito movimento che aveva scosso il paese prima dello scoppio della pandemia.

Un processo di cambiamento che è il risultato delle mobilitazioni straordinarie iniziate nell’autunno del 2019, che avevano messo in discussione le politiche neo-liberiste, l’assetto politico-costituzionale ereditato dalla dittatura di Pinochet, la strisciante militarizzazione della vita sociale, azzerando quello che sembrava il consenso granitico del presidente Piñera, e delle forze che lo sostenevano.

Una situazione impensabile solo alcune settimane prima dello sviluppo di quel movimento iniziato da una protesta studentesca contro il caro-biglietti nella metro della capitale, quando Piñera poteva affermare che il Cile risultava essere un “oasi di pace” in mezzo agli sviluppi tumultuosi in America Latina.

Gabriel Boric ne è perfettamente conscio quando afferma nel suo discorso inaugurale che abbiamo qui tradotto: “Voi siete una parte importante di questo processo; il popolo cileno è una parte importante di questo processo; non saremmo qui senza le vostre mobilitazioni”.

Con quasi il 56% dei voti al ballottaggio di dicembre, Gabriel Boric, candidato di Apruebo Dignidad – sostenuto dal Partito Comunista cileno e da altre formazioni di sinistra – confermava il segno di quell’ondata progressista che prima di lui in altri paesi (altrettanto perni delle politiche neo-liberiste) avevano portato al potere in Perù ed in Honduras presidenti decisi a far voltar pagina.

Una vittoria importante anche perché il suo sfidante, José Antonio Kast, era un outsider che aveva rotto “a destra” con i conservatori cileni, ed era espressione – anche per il suo feroce anti-comunismo – della continuità con la politica dittatura che aveva preso il potere nel 1973.

Per tutti questi paesi, Cile compreso, si tratta di traiettorie per nulla lineari e irte di difficoltà, considerato che le élite locali cercano di sabotare con ogni mezzo le istanze di cambiamento, dato che vedono minacciate la propria storica rendita di posizione, proprio mentre i loro alleati internazionali vedono ancora più sgretolata la propria egemonia sul continente.

Abbiamo pensato fosse utile tradurre integralmente il discorso inaugurale del presidente cileno insediatosi l’11 marzo, perché prefigura un cambiamento epocale orientato a ri-bilanciare le storture storiche di un modello di sviluppo affermatosi a partire dal colpo di Stato contro Allende, e per riaffermare una politica più indipendente del Cile e di maggiore collaborazione con gli altri paesi latino-americani.

Le parole di Boric sono chiare e per certi versi inedite: “Dal Cile, nella nostra America Latina, perché siamo profondamente latinoamericani e basta guardare con distanza i nostri paesi vicini, siamo profondamente latinoamericani e un saluto ai nostri popoli fratelli, da qui, da questo continente faremo degli sforzi perché la voce del Sud torni a farsi sentire con decisione in un mondo che cambia.”

Un mondo che cambia dove l’America Latina si conferma essere una speranza per tutta l’umanità.

Buona Lettura

*****

Primo discorso di S.E. il Presidente della Repubblica,

Gabriel Boric Font, dal Palazzo La Moneda

Santiago, 11 marzo 2022

Cileni, abitanti della nostra patria, il popolo del Cile:

Questo pomeriggio, per la prima volta, vi parlo come Presidente della Repubblica, Presidente di tutti noi che viviamo in questo paese che amiamo tanto e quanto amiamo il Cile, che ha sofferto tanto e che ci ha dato tanta gioia.

Infinite grazie per dare questo onore a voi, a quelli di voi che ci stanno guardando nelle vostre case in tutto il nostro paese. Inoltre, alla mia famiglia incondizionata, al nostro Gabinetto, alle nostre squadre e anche, personalmente, a Irina.

Questo Cile composto da diversi popoli e nazioni, installato su una sporgenza continentale tra le imponenti catene montuose e il suo magico oceano, tra il deserto della vita e il ghiaccio antartico, arricchito e trasformato dal lavoro della sua gente.

È questo Cile che in una manciata di anni, e voi l’avete vissuto, ha dovuto attraversare terremoti, catastrofi, crisi, sconvolgimenti, una pandemia mondiale e violazioni dei diritti umani che non si ripeteranno più nel nostro paese. Ma in cui sempre, sempre ci spolveriamo, ci asciughiamo le lacrime, proviamo un sorriso insieme, ci rimbocchiamo le maniche e andiamo avanti, uomini e donne cileni, andiamo sempre avanti.

L’emozione che ho provato oggi attraversando la Plaza de la Constitución ed entrando in questo Palazzo della Moneda è profonda e ho bisogno, esistenzialmente ho bisogno di condividerla con voi. Voi siete una parte importante di questo processo, il popolo cileno è una parte importante di questo processo, non saremmo qui senza le vostre mobilitazioni.

E voglio che sappiate che non siamo qui solo per riempire posizioni e consolarsi tra di noi, per creare distanze irraggiungibili, siamo qui per darci anima e corpo all’impegno di rendere migliore la vita nel nostro paese.

Voglio dirvi, compatrioti, che ho visto le vostre facce mentre viaggiavo per il nostro paese, le facce degli anziani le cui pensioni non sono sufficienti per vivere perché alcuni hanno deciso di fare del welfare un business.

I volti di coloro che si ammalano e le cui famiglie non possono permettersi di pagare le loro cure. Quanti di voi ci hanno parlato, ci siamo guardati negli occhi.

Quelli degli studenti indebitati, quelli dei contadini senza acqua a causa della siccità e dei saccheggi.

Quelle delle donne che si prendono cura dei loro figli con ASD, che incontro in ogni parte del Cile. I loro parenti prostrati, i loro bambini indifesi.

Quelli delle famiglie che continuano a cercare i loro detenuti scomparsi, che non smetteremo di cercare.

Quelli delle dissidenze e delle diversità di genere che sono stati discriminati ed esclusi per tanto tempo.

Quelli degli artisti che non possono vivere del loro lavoro perché la cultura non è sufficientemente valorizzata nel nostro paese.

Quelli dei leader sociali che lottano per il diritto a un alloggio decente nelle città del Cile.

Quelli dei popoli nativi espropriati della loro terra, ma mai, mai della loro storia.

I volti della classe media, i volti dei bambini del Sename, mai più, mai più, i volti delle zone più isolate del nostro paese come Magallanes, da dove vengo io, i volti di coloro che vivono nella povertà dimenticata.

Il nostro impegno è verso di voi.

Oggi iniziamo un periodo di grandi sfide, di immensa responsabilità, ma non partiamo da zero, non partiamo da zero. Il Cile ha una lunga storia e oggi siamo parte di questa lunga storia della nostra Repubblica.

Iniziare il mio mandato come Presidente Costituzionale della Repubblica del Cile è diventare parte, renderci parte di una storia che ci supera tutti, ma che allo stesso tempo dà forma, significato e direzione alla nostra visione.

Migliaia di persone sono passate di qui prima di noi e hanno reso possibile l’espansione dell’istruzione pubblica, il progressivo riconoscimento dei diritti delle donne e della dissidenza nel paese e in patria, la democratizzazione del paese, il riconoscimento dei diritti sociali.

Qui, in questo luogo da dove vi parlo oggi, Balmaceda e la sua dignità cilena, Pedro Aguirre Cerda e il suo “governare è educare”, per citare Valentín Letelier.

Eduardo Frei Montalva e la sua promozione popolare, il compagno Salvador Allende e la nazionalizzazione del rame, Patricio Aylwin e il recupero della democrazia, Michelle Bachelet che apre sentieri inesplorati con la protezione sociale.

Qui sentiamo anche l’eco di coloro che si sono alzati anonimamente contro l’oppressione, difendendo i diritti umani, chiedendo verità, giustizia, riparazione e garanzie di non ripetizione.

Qui risuona il clamore femminista e la loro lotta per l’uguaglianza.

E alcuni ricorderanno anche le 1.800 ore di corsa intorno a La Moneda per l’educazione.

Ma queste mura sono state anche testimoni dell’orrore di un passato di violenza e oppressione che non abbiamo dimenticato e non dimenticheremo. Dove parliamo oggi, ieri sono passati dei razzi, e questo non potrà mai più ripetersi nella nostra storia.

Questo palazzo, questa piazza, questa città, questo paese hanno una storia ed è a questa storia che anche noi siamo debitori. Oggi, in questo giorno molto importante del difficile, difficile cammino di cambiamento che i cittadini hanno deciso di intraprendere in unità, ripeto, importante, in unità, mi vengono in mente e nel cuore i giorni in cui, insieme a molti dei presenti qui, e sicuramente anche quelli che ci stanno guardando a casa, abbiamo marciato insieme per un futuro dignitoso.

Dove stavamo marciando, compatrioti, dove stavamo marciando?

Questo governo non sarà la fine di quella marcia, continueremo a camminare e la strada sarà senza dubbio lunga e difficile, ma oggi i sogni di milioni di persone sono qui a spingerci, dandoci il senso di portare a buon fine i cambiamenti che la società richiede.

Cileni:

Il mio sogno è che quando avremo finito il nostro mandato, e parlo al plurale perché non si tratta di qualcosa di individuale, non si tratta di me, si tratta del mandato che il popolo ci ha dato per questo progetto collettivo, quando avremo finito questo mandato potremo guardare i nostri figli, le nostre sorelle, i nostri genitori, i nostri vicini, i nostri nonni, ai nostri vicini, ai nostri nonni e sentire che c’è un paese che ci protegge, che ci accoglie, che si occupa di noi, che ci garantisce i diritti e ricompensa equamente il contributo e il sacrificio che ognuno di voi, abitanti del nostro paese, fa per lo sviluppo della nostra società.

Vorrei, compatrioti, e negli esempi si cade sempre in basso, ma vorrei, compatrioti, che gli abitanti di Puchuncaví e Coronel possano guardare al futuro e sapere che i loro figli non cresceranno circondati dall’inquinamento, una cosa così elementare.

Che la gente, i lavoratori di Lota non continuino a vivere in povertà.

Che le comunità di pescatori e pescatori artigianali della provincia di Cardenal Caro possano continuare a svolgere le loro attività tradizionali.

Che i bambini di Alto Hospicio, lassù, sappiano che anche loro potranno avere accesso a un alloggio decente.

Che gli abitanti di Antofagasta, di Maipú, di Hualpén si sentano tranquilli quando tornano dal lavoro e abbiano tempo per vivere con le loro famiglie. Ecco perché promuoveremo, come ci siamo impegnati a fare, le 40 ore.

Che i giovani di Juan Fernández, quel luogo isolato e insulare, possano avere una scuola decente in cui studiare.

Sappiamo, compatrioti, che raggiungere i nostri obiettivi non sarà facile, che affronteremo crisi esterne e interne, che faremo errori e che dovremo riparare a questi errori con umiltà, ascoltando sempre chi la pensa diversamente e contando sull’appoggio del popolo cileno.

Voglio dirvi che vivremo in tempi difficili e tremendamente complessi. La pandemia continua il suo corso, con un tributo di dolore e perdita di vite umane che sarà con noi per molto tempo, sicuramente tutti voi conoscete qualcuno che è morto a causa della pandemia.

Pensiamo, pensiamo un attimo, pensiamo un attimo a chi se n’è andato e a chi ci ha lasciato, pensiamo al dolore che ogni famiglia ha nella sua intimità per chi è andato e non tornerà. Dobbiamo abbracciarci come società, amarci di nuovo, sorridere di nuovo, al di là dei discorsi e al di là di ciò che è scritto, quanto è importante, quanto è diverso quando ci si ama in un villaggio, ci si prende cura l’uno dell’altro, non si diffida dell’altro, ma ci si sostiene a vicenda. Chiediamo al nostro vicino come sta, sosteniamo il lavoratore della porta accanto, ci amiamo, andiamo avanti insieme. Questo è ciò che dobbiamo costruire, compatrioti.

Sappiamo anche che l’economia soffre ancora e che il paese ha bisogno di rimettersi in piedi, di crescere e di distribuire equamente i frutti di questa crescita, perché quando non c’è distribuzione della ricchezza, quando la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi, è molto difficile pagare. Abbiamo bisogno di ridistribuire la ricchezza prodotta da uomini e donne cileni, da coloro che vivono nel nostro paese.

Sappiamo che tutte queste difficoltà sono aggravate da un contesto internazionale segnato dalla violenza in molte parti del mondo e oggi anche dalla guerra. E in questo voglio essere molto chiaro, il Cile, il nostro paese, promuoverà sempre il rispetto dei diritti umani, ovunque e indipendentemente dal colore del governo che li viola.

Dal Cile, nella nostra America Latina, perché siamo profondamente latinoamericani e basta guardare con distanza i nostri paesi vicini, siamo profondamente latinoamericani e un saluto ai nostri popoli fratelli, da qui, da questo continente faremo degli sforzi perché la voce del Sud torni a farsi sentire con decisione in un mondo che cambia.

Ci sono tante sfide, l’emergenza climatica, i processi migratori, la globalizzazione economica, la crisi energetica, la violenza permanente contro le donne e la dissidenza. Dobbiamo lavorare insieme ai nostri popoli fratelli, come abbiamo discusso oggi con i presidenti di altri paesi. Non guardiamoci più dall’alto in basso, non guardiamoci più con diffidenza, lavoriamo insieme in America Latina per andare avanti insieme.

Praticheremo, compatrioti, l’autonomia politica a livello internazionale, senza mai subordinarci a nessuna potenza e assicurando sempre il coordinamento e la cooperazione tra i popoli.

Voglio che sappiate che, come presidente del Cile e il nostro gabinetto, le nostre squadre, non ignoreremo i problemi, spiegheremo, parleremo con voi per dirvi le ragioni delle nostre decisioni affinché anche voi possiate essere parte delle soluzioni. E questo richiede anche di cambiare il rapporto che abbiamo con le autorità, le autorità non possono essere irraggiungibili; vogliamo che i ministri siano sul terreno, nelle strade, con la gente. Non vogliamo fare visite nelle regioni che durano solo un paio d’ore per inaugurare un progetto e basta. Vogliamo ascoltare, non nasconderci.

E, per questo, è importante che ci sia anche reciprocità, e ciò che intendo con questo, che la relazione con le autorità non sia di consumatori, che lavoriamo insieme, che siamo cittadini e che questo è il governo del popolo e che voi lo sentite il vostro governo, di tutti i cileni.

E per questo avremo tutti bisogno gli uni degli altri, governo e opposizione, istituzioni e società civile, movimenti sociali. Il nostro governo, la cui base politica è Apruebo Dignidad, e saluto anche i nostri colleghi che hanno lavorato tanto per questo, e anche i partiti di Convergencia Progresista.

Voglio che sappiate che questo governo non è esaurito, questo governo non è esaurito nei suoi sostenitori. Sarò il presidente di tutti gli uomini e le donne cileni e ascolterò sempre le critiche costruttive e le proposte di coloro che la pensano diversamente da noi, ai quali sarà sempre, sempre garantita la libertà e il diritto al dissenso.

Come ho detto più di una volta, citando parole nate nel calore delle mobilitazioni in una scuola presa in una città, lontana, in una regione persa, perché noi veniamo dalle mobilitazioni; oggi siamo qui, ma non dimentichiamo da dove veniamo.

Andiamo lentamente perché andiamo lontano, andiamo lentamente perché andiamo lontano e non andiamo da soli, ma con tutti voi, uomini, donne, ragazzi e ragazze che siete con noi oggi in questa piazza, attraverso i vostri schermi nelle vostre case, forse, sui vostri cellulari, sull’autobus, ovunque ci stiate guardando o all’estero che ci stanno anche seguendo e desiderano il loro amato Cile perché è essenziale, come ho ripetuto più volte in questo discorso, che voi diventiate parte di questo processo perché non possiamo farlo da soli.

Da questo luogo, vorrei fare un appello a tutti voi per unirvi a noi in questo compito. Camminiamo insieme sulla strada della speranza e costruiamo tutti insieme il cambiamento verso un paese dignitoso e giusto. Dignità, che bella parola. Lo costruiremo passo dopo passo con la saggezza di chi sa che i cambiamenti che durano sono quelli che si basano sulla conoscenza accumulata e sono sostenuti da grandi maggioranze.

Presteremo particolare attenzione, come ho sottolineato, agli effetti che la pandemia ha avuto sul sistema sanitario, sui lavoratori che ci hanno protetto e curato, sulle liste d’attesa che generano tanta angoscia nelle famiglie.

Continueremo anche la strategia di vaccinazione di successo dell’ultimo governo, mettendo sempre la salute delle persone come priorità assoluta, e attueremo anche una strategia specifica per affrontare le conseguenze della salute mentale, perché la salute mentale è importante anche per gli uomini e le donne cileni.

Ci preoccuperemo specificamente dell’educazione, dove c’è stato un enorme divario a causa dell’obbligo di chiudere le scuole. Dobbiamo riaprire le scuole in modo che i nostri bambini possano incontrarsi di nuovo, generando, naturalmente, tutte le condizioni di sicurezza per rendere questo possibile.

Attueremo, con grande energia, il consolidamento della nostra economia, per recuperare la nostra economia senza riprodurre le sue disuguaglianze strutturali. Una crescita che sia sostenibile, niente più zone di sacrificio; anche lo Stato è responsabile.

Vogliamo che le piccole e medie imprese che generano valore tornino a crescere, vogliamo porre fine agli abusi che hanno così ingiustamente e giustamente oltraggiato la nostra gente, e vogliamo generare, insieme, dando seguito alle buone idee del passato, un’occupazione decente.

Riconosciamo anche che milioni di uomini e donne cileni vivono oggi nella paura. Non possiamo voltarci dall’altra parte di fronte a questo e affronteremo il problema del crimine affrontando la disuguaglianza sociale che è alla sua radice e anche riformando la polizia per garantire una presenza nei luoghi dove è più necessaria, per aumentare l’efficacia delle indagini e per concentrarsi sulle organizzazioni criminali e i trafficanti di droga che distruggono i nostri quartieri.

Ho un messaggio per coloro che hanno reso il crimine un luogo comune e che credono di poter vivere impunemente. Non voglio frasi magniloquenti, voglio dire loro che li confronteremo con la comunità.

E voglio anche dire che dobbiamo riparare le ferite lasciate dall’epidemia sociale. Ed è per questo che ieri abbiamo ritirato le cause contro la legge sulla sicurezza interna dello Stato, perché siamo convinti che come uomini e donne cileni dobbiamo ritrovare noi stessi e lavoreremo, lavoreremo intensamente su questo; ne abbiamo parlato con le famiglie dei prigionieri, sanno che ci stiamo lavorando.

Sappiamo anche, compatrioti, che dovremo affrontare grandi sfide nel Nord e nel Sud. Nel Nord a causa della crisi migratoria, dove riprenderemo il controllo delle nostre frontiere e lavoreremo insieme ai nostri paesi fratelli per affrontare collettivamente le difficoltà causate dall’esodo di migliaia di esseri umani, non dimentichiamo mai che siamo esseri umani, per favore.

Voglio dire alla gente di Colchane, alla gente di Iquique, di Antofagasta, di San Pedro che non saranno soli, alla gente di Arica, tra l’altro.

Vorrei anche dire che abbiamo un problema nel sud. Il conflitto non è lo stesso del passato, quando si parlava della pacificazione dell’Araucanía, che ha finito per essere più rozza e ingiusta. Poi alcuni hanno detto che il conflitto mapuche, no, non è il conflitto mapuche, è il conflitto tra lo stato cileno e un popolo che ha il diritto di esistere. E lì la soluzione non è e non sarà la violenza.

Lavoreremo instancabilmente per ricostruire la fiducia dopo tanti decenni, dopo tanti decenni di abusi e di espropriazione. Il riconoscimento dell’esistenza di un popolo, con tutto ciò che questo implica, sarà il nostro obiettivo e il cammino sarà il dialogo, la pace, il diritto e l’empatia con tutte le vittime, sì, con tutte le vittime. Coltiviamo, coltiviamo la reciprocità, non vediamoci come nemici, dobbiamo ritrovarci.

In questo primo anno di governo ci siamo anche posti il compito di accompagnare con entusiasmo il nostro processo costituzionale per il quale abbiamo lottato tanto. Appoggeremo il lavoro della Convenzione con tutto il cuore, con tutto il cuore. Abbiamo bisogno di una Costituzione che ci unisca, che sentiamo nostra, una Costituzione che, a differenza di quella imposta con sangue, fuoco e frode dalla dittatura, nasca in democrazia, su base paritaria, con la partecipazione dei popoli indigeni, una Costituzione che sia per il presente e per il futuro, una Costituzione che sia per tutti e non solo per pochi.

Vi invito ad ascoltarvi in buona fede, senza caricature, senza caricature, prendiamola seriamente, da tutte le parti. Lo dico anche a noi stessi, ascoltiamo in buona fede, senza caricature, affinché il plebiscito d’uscita sia un punto d’incontro e non di divisione e affinché possiamo firmare qui, insieme al popolo, per la prima volta nella storia del Cile, una Costituzione democratica, uguale, con la partecipazione di tutti i nostri popoli.

Uomini e donne cileni:

Il mondo ci guarda. Voglio dire a voi cileni che il popolo ci guarda, il mondo ci guarda e sono sicuro che anche loro guardano con complicità quello che succede in Cile.

Abbiamo l’opportunità di contribuire umilmente alla costruzione di una società più giusta e sono sicuro che saremo all’altezza di questo processo democratico che è stato deciso da un’immensa maggioranza di cittadini, replichiamo questo risultato.

Cari abitanti della nostra terra:

Assumo oggi con umiltà, con la consapevolezza delle difficoltà del mandato che mi avete affidato, lo faccio anche con la convinzione che solo nella costruzione collettiva di una società più dignitosa possiamo trovare una vita migliore per tutti. In Cile nessuno è superfluo, la democrazia si costruisce insieme e la vita che sogniamo può nascere solo dalla convivenza, dal dialogo, dalla democrazia, dalla collaborazione e non dall’esclusione.

So che tra altri quattro anni il popolo cileno ci giudicherà dai nostri fatti e non dalle nostre parole e che, come diceva un vecchio poeta, l’aggettivo, quando non dà vita, uccide. Oggi era necessario parlare, domani dobbiamo metterci al lavoro tutti insieme.

Come aveva predetto Salvador Allende quasi 50 anni fa, stiamo ancora una volta, compatrioti, aprendo le grandi vie attraverso le quali l’uomo libero, l’uomo e la donna liberi possono passare, per costruire una società migliore.

Andiamo avanti, lunga vita al Cile!

LFS/RFF

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1 Commento


  • Giorgio

    Grave repressione seguita nel Sud contro gli indios Mapuches. Perche’ la nuova ministra dell’interno e FFAA nipote diretta di Allende non ferma tutto cio’?????????

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