Domenica 21 novembre si sono svolte le elezioni in Cile.
I cittadini cileni si sono recati alle urne per eleggere il presidente, i 155 deputati della Camera Bassa, e 27 su 43 senatori della Camera Alta.
L’affluenza è stata inferiore alla metà dei circa 15 milioni di cittadini aventi diritto con solo il 47,3% che si è recato alle urne: una percentuale inferiore al 50,95 del plebiscito national constituyente dello scorso anno.
In generale è stata una percentuale inferiore alle aspettative, visto che la bassa partecipazione elettorale non traduce la volontà di cambiamento espressasi con forza dall’ottobre del 2019 sviluppando un movimento con netta opposizione al neo-liberalismo su molteplici fronti che ha aperto la strada al cambio costituzionale.
Numeri che denotano una certa disaffezione rispetto all’offerta politica in campo.
Il 19 dicembre si sfideranno al ballottaggio il candidato di Apruebo Dignidad – sostenuto anche dai comunisti usciti sconfitti dalle primarie dalla coalizione della “sinistra radicale” – Gabriel Boric, ed il candidato del Frente Social Cristiano – formazione della “destra radicale” – , José Antonio Kast, di fatto uno degli eredi politici di Pinochet.
Kast al primo turno delle scorse presidenziali nel 2017 aveva preso quasi l’8%, contro più del 36% del Presidente uscente Piñera, recentemente salvatosi dall’empeachment al Senato dopo che la Camera aveva dato il suo assenso.
Siamo di fronte a un chiaro “spostamento a destra” della base conservatrice che in Kast ha uno strenuo difensore degli apparati di sicurezza, un fervente neo-liberista, un reazionario cattolico ed un feroce anti-comunista affine a quella destra latino-americana filo-golpista presente in vari paesi del Continente.
Il candidato del FSC, a differenza dei conservatori, si era infatti opposto frontalmente al processo costituente per rendere possibile il cambiamento della Costituzione varata durante la dittatura di Pinochet ed ha utilizzato lo spauracchio del movimento d’ottobre per il suo programma di “legge ed ordine” che gli ha assicurato quasi un terzo dei voti in un chiaro segno di continuità con il regime dittatoriale e le sue politiche che ha ancora uno “zoccolo duro” nel Paese.
I voti a Boric non sorpassano significativamente quelli ottenuti da Beatriz Sánchez alle scorse elezioni con il Frente Amplio, e di fatto sono una sommatoria delle varie preferenze ottenute la volta scorsa da tutte le componenti che l’hanno sostenuto in questa tornata elettorale.
Se Boric è stato abile a proporsi come “interlocutore credibile” verso le formazioni centriste ed il loro elettorato, ed a costruire una rendita di posizione all’interno della sinistra che gli spianasse la strada per conquistare le primarie, non ha attratto le simpatie di “nuovi elettori” e delle sensibilità politiche più vicine alle tematiche del movimento sociale.
Di fatto la “sinistra radicale” non ha sfondato ed è stata incapace di tradurre la proposta politica di rottura giunta in questi anni dalle piazze, anche per un atteggiamento moderato del suo candidato sulle questioni repressive, come la militarizzazione in corso dei territori Mapuche e la questione dei prigionieri politici, e più centrato sulle tematiche della ridistribuzione della ricchezza in chiave neo-socialdemocratica.
Quelli di Boric sono comunque temi importantissimi che segnerebbero una inversione di tendenza rispetto alla trentennale politica neo-liberista in Cile: diminuzione dell’orario di lavoro a 40 ore la settimana, aumento del salario minimo, una riforma fiscale progressiva, un migliore accesso al credito, la fine del famigerato sistema di pensioni private (AFP) e l’introduzione di una pensione minima, il condono universale del CAE, e rilevanti temi rispetto ai diritti civili come la legalizzazione personale o a tematiche generali come l’importanza della transizione ecologica.
Il sindaco comunista Daniel Jadue, uscito sconfitto nelle primarie della “sinistra radicale”, ha fatto recentemente autocritica rispetto all’ “eccessiva istituzionalizzazione” che avrebbe alienato alla sinistra “della propria base sociale e per tanto della costruzione del potere popolare”.
Ma anche la Lista del Pueblo, sorta come espressione collettiva di candidature indipendenti dal movimento, che aveva totalizzato quasi un milioni di voti nell’elezioni di maggio per la composizione della Costituente, e non incline a compromessi con gli attori tradizionali della sinistra, ha avuto un risultato deludente.
La differenza delle preferenze tra i due – Kast e Boric – è di poco più di tre punti percentuali, ma entrambe sono sotto il 30%, con gli altri tre maggiori sfidanti che hanno ottenuto tutti preferenze attorno al 12% circa ed un exploit del candidato “qualunquista” Franco Parisi, ulteriore segno dello sfarinamento delle compagni politiche che hanno egemonizzato, alternandosi, il corso post-dittatoriale e dell’importanza del mondo del marketing politico.
Diamo uno sguardo approfondito a Camera e Senato.
L’alleanza conservatrice Chile Podemos Más ha ottenuto 53 deputati. All’interno delle sue fila Renovación Nacional ne ha ottenuti 25 mentre Unión Demócrata Independiente (UDI) 23.
Apruebo Dignidad – la formazione il cui candidato alle presidenziali, sostenuto anche dal Partito Comunista – ottiene 37 deputati, così come la coalizione Nuevo Pacto Social, espressione del centrismo prevalentemente socialista e cristiano.
All’interno di Apruebo la maggioranza dei voti è stata ottenuta dai comunisti con 12 voti, mentre 9 sono andati a Corvergencia Social e 8 a Comunes come formazioni più votate.
In quanto al NPS, 13 voti sono andati ai “socialisti”, 8 ai democristiani e 7 al Partido por la Democracia.
I deputati entreranno in carica nel marzo del prossimo anno, ed il loro mandato si chiuderà nel 2026.
Il Senato che avrà dal marzo prossimo 50 membri.
In queste elezioni si sono eletti i senatori di nove regioni, in sette sono stati eletti tre senatori per ciascuna, mentre nelle restanti solo due.
Chile Podemos Más ha ottenuto 12 senatori, che sommati agli altri 12 già possedeva nelle sette regioni in cui non si è votato, gli permette di essere la prima forza nella Camera Alta seguita da Nuevo Pacto Social con 18 – ne ha ottenuti 8 – mentre Apruebo Dignidad da un solo rappresentante ne aggrega altri 4.
Complessivamente, il segno di un cambiamento radicale non è uscito dalle urne ed i numeri alla Camera e Senato lo confermano.
Al ballottaggio verrà deciso se il Cile intraprenderà la strada di una parziale e limitata inversione di tendenza rispetto al neo-liberismo od ad una sua riproposizione rafforzata in chiave autoritaria, xenofoba e reazionaria.
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Enrik
Il Cile resta ambiguo e prova di come una feroce dittatura abbia ”gelato” ed eliminato fisicamente l’opposizione più cosciente.
I tempi di Allende sono lontani come quelli guerriglieri del Che. O si -spera- in un colpo di reni o la Storia subirà un altro passo indietro, salvo il MIR e il FPMR non diano segnali di vita armata, questione tutta in sospeso da almeno quell’11 settembre 1973.