Decine di migliaia di greci sono scesi in piazza mercoledi scorso ad Atene, Salonicco, Patrasso e Heraklion per protestare contro l’aumento dei prezzi e le politiche finanziarie del governo di destra di Atene.
Il sindacato dei lavoratori GSEE, il sindacato dei dipendenti pubblici ADEDY e il sindacato di classe PAME avevano indetto uno sciopero generale di 24 ore. Uffici, banche e scuole sono rimaste sostanzialmente chiuse.
Le famiglie greche stanno soffrendo enormemente da settimane sotto il peso di enormi aumenti dei prezzi, soprattutto nel settore energetico, ma il governo di destra del primo ministro Kyriakos Mitsotakis si è vantato di aver pagato 1,85 miliardi di debito del paese al Fondo monetario internazionale con due anni di anticipo su quanto previsto.
Mercoledì la maggioranza dei greci ha protestato contro la politica finanziaria rigidamente neoliberista del premier con lo slogan “I salari non bastano, il conto non torna“. Da 14 anni ormai, i salariati si sono fatti carico del peso di una profonda crisi del sistema che ha colpito i redditi e la vita di tutti. Secondo i sindacati questa è una rivolta contro la povertà: “Sono passati anni, la crisi si è progressivamente aggravata, l’onere è rimasto, i nostri diritti sono stati soppressi”.
Attraverso il cosiddetto programma di aiuti di circa 260 miliardi di euro, la famigerata Torika (Commissione Ue, BCE e FMI) affermano di aver impedito un presunto “default” della Grecia che incombeva a partire dal 2010. Tuttavia, sono state principalmente le banche greche e il capitale dei principali azionisti, soprattutto stranieri, a essere “salvati”.
Il duro programma di austerità richiesto ai greci ha distrutto gran parte del sistema sociale nel corso di dieci anni. Sia il governo socialdemocratico di Alexis Tsipras che il governo conservatore di destra di Mitsotakis hanno tagliato pensioni e stipendi nel settore pubblico fino al 50 per cento, la paga oraria di otto euro, e meno, oggi è diventata “normale” nel settore privato.
Di conseguenza, decine di migliaia di lavoratori non solo hanno perso gran parte del loro salario o sono stati licenziati, ma non sono più stati in grado di pagare i mutui e i prestiti personali, e gli istituti finanziari hanno messo all’asta su Internet le abitazioni delle famiglie inadempienti a prezzi stracciati. Ancora oggi, i tribunali sono sovraccarichi di azioni legali delle banche contro i proprietari impoveriti dei loro appartamenti e delle loro case.
L’aumento del costo della vita, i prezzi elevati dell’energia e del cibo hanno fatto sì che ogni inverno, negli ultimi dieci anni, la parte della popolazione impoverita dai “programmi di aiuto” europei abbia dovuto decidere tra il riscaldamento o il cibo.
Nonostante l’uscita dal “programma di salvataggio” tre anni fa e il debito del FMI ora ripagato, il Paese rimane per il momento sotto la supervisione degli istituti di credito europei. Mentre hanno spinto a tagli duri contro gli undici milioni di persone, hanno allo stesso tempo accolto con favore l’armamento della Grecia, membro della NATO sotto il governo di destra Mitsotakis, che ha comportato spese per miliardi.
A febbraio la maggioranza parlamentare ha approvato un nuovo pacchetto di armamenti del valore di 3,36 miliardi di euro. Nel 2020 Mitsotakis aveva già stanziato un budget per gli armamenti di 2,5 miliardi di euro, cinque volte superiore all’anno precedente.
Contro l’aumento dei prezzi e l’economia di guerra, per il salario minimo e salari dignitosi in Italia operai e studenti sciopereranno e scenderanno in piazza il prossimo 22 aprile.
Fonti: Pame, Junge Welt
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Matteo Vescera
Cosa si aspetta a mandare il governo
al macero?
Perché la popolazione dorme e subisce tutto? Vale anche per l’Italia.