Quando entrai a Kobane il primo ottobre 2014 i curdi siriani rischiavano la strage con la bandiera nera del Califfato che sventolava a soli 400 metri dalla prima linea. I curdi iracheni erano intanto accorsi a difendere le loro postazioni dall’avanzata dell’Isis mentre ai curdi turchi, in conflitto perenne con Ankara, erano i jihadisti, sostenuti dai servizi turchi, a tagliare la gola.
Allora i curdi erano i nostri eroi, acclamati come i difensori del fronte contro la barbarie, e ora, per far entrare Svezia e Finlandia nella Nato, abbiamo svenduto a Erdogan la loro sorte e i tanto conclamati valori occidentali.
Perché di questo si tratta leggendo il memorandum firmato dai ministri degli esteri di Turchia, Svezia e Finlandia. Al punto 8 del documento si prevede, «sulla base delle informazioni fornite dalla Turchia», l’estradizione di membri del Pkk, come presunti terroristi, ma anche degli appartenenti alle organizzazioni affiliate come l’Ypg curdo-siriano, le milizie che proteggono l’esistenza del Rojava, un esperimento politico laico, multi-etnico e multi-religioso che dovremmo preservare.
In tutto questo non si fa minimamente cenno al fatto che la Turchia occupa parti del territorio siriano e iracheno, che bombarda sistematicamente non solo le milizie armate ma anche i civili, curdi, siriani, iracheni, compresi gli yezidi, proprio coloro che soffrirono di più delle stragi e degli stupri dei jihadisti. Finlandia e Svezia toglieranno anche il bando alla vendita di armi ad Ankara.
In poche parole si tratta di un via libera su tutta la linea a Erdogan per fare quello che vuole nel nord della Siria, in Iraq e, ovviamente, anche nel Kurdistan turco dove in anni passati sono stati rase al suolo città come Cizre. Consiglio il documentario “Kurdbûn – Essere curdo”, diretto dal regista curdo-iraniano Fariborz Kamkari, da mesi nelle sale italiane. Si comprende che tra un Putin e un Erdogan non passa poi molta differenza.
In compenso Erdogan per bombardare i curdi usa i nostri elicotteri Agusta (Leonardo) e ricatta l’Europa con i suoi tre milioni e mezzo di profughi siriani, per cui l’Unione europea versa 6 miliardi di euro perché li tenga ben lontani da noi. Si chiama, per i valori occidentali, «esternalizzazione delle frontiere» e degli esseri umani.
Il Sultano della Nato ha stabilmente insediato le truppe e occupato il territorio di altri stati senza che nessuno osi alzare neppure il sopracciglio. È lui a decidere, con la nostra complicità, chi siamo noi, che cosa è davvero l’Alleanza atlantica e soprattutto anche il destino dei curdi, siriani e iracheni, da scambiare sul tavolo del negoziato per l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato.
Fanno sorridere amaramente alcuni titoli dei giornali italiani del genere: «Erdogan cede alle richieste degli alleati». Casomai è il contrario. E se ne accorgerà presto anche il presidente del consiglio Draghi, atteso in Turchia per uno scottante bilaterale.
Noi, per quanto ci riguarda, abbiamo già ceduto alle richieste turche: chiediamo il permesso ad Ankara anche per esercitare con le navi dell’Eni il diritto acquisito di trivellare nella zona greca di Cipro, cosa che naturalmente ha fatto infuriare gli ellenici. Figuriamoci quando ci toccherà discutere sulla Zona Economica Esclusiva tracciata tra Turchia e Libia da Erdogan nel 2019 che allora salvò il governo di Tripoli dalle truppe del generale Haftar alle porte della capitale.
Ma l’Italia non ha molte carte da giocare, se non chiedere al Sultano di aiutarci a mettere un po’ d’ordine tra le fazioni comandate anche dai turchi e a portare a casa qualche barile di petrolio e di gas libico, visto che all’ex colonia ci lega un gasdotto con una portata di 30 miliardi metri cubi, che sarebbero più di un terzo dei nostri consumi annuali.
L’Italia, dalla caduta di Gheddafi nel 2011, è diventata in questi anni il Paese più esangue del Mediterraneo: va bene ricostruire l’, ma forse sarebbe più di nostra competenza avviare una sia pure timida azione di governo e diplomatica per una dignitosa ricollocazione del Paese dove è sempre stato geograficamente.
In realtà stiamo dando al massacratore di curdi Erdogan tutte le soddisfazioni che vuole. Mentre il Sultano si potrà vantare di avere portato Svezia e Finlandia nella Nato – rendendole ai suoi occhi alleati «ragionevoli» – allo stesso tempo è in trattative con Washington per una nuova partita di caccia F-16 e forse gli Stati uniti gli sbloccheranno pure gli F-35, se rinuncia ad altre forniture di batterie antimissile S-400 di Mosca.
E così Erdogan, contando sull’acquiescienza nostra e di Washington, ci dà dentro con la «sua» guerra ai curdi. Che noi naturalmente, da meschini alchimisti del doppio standard, facciamo finta di non vedere.
* il manifesto
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa