Menu

Il Brasile decide il suo futuro Presidente

Domenica 30 ottobre si vota in Brasile per le presidenziali. Al ballottaggio si sfideranno il due volte presidente Lula ed il presidente uscente Bolsonaro. 156 milioni di cittadini si recheranno alle urne.

Secondo gli ultimi sondaggi, che hanno clamorosamente sbagliato le previsioni di voto del primo turno, Lula avrebbe il 53% delle intenzioni di voto contro il 47% di Bolsonaro, stando a ciò che riporta l’Istituto Datafolha, con una percentuale bassissima – il 2% – degli indecisi.

Come dice senza esitazioni il politologo Thomas Trauma:”4 milioni di elettori su 156 milioni in totale decideranno l’avvenire del Paese.”

Differenti sono i nodi di questa sfida elettorale che interessano da vicino non solo i brasiliani ma di fatto tutta l’umanità.

Il Brasile, infatti, ospita un quinto della bio-diversità mondiale e circa il 60% della foresta amazzonica si trova sul suo territorio.

Durante i quattro anni della presidenza Bolsonaro, tale patrimonio naturale ha subito un saccheggio senza precedenti da parte dell’agro-business: più di 40.000 Km quadrati di foresta sono stati rasi al suolo, l’equivalente di un paese come la Svizzera.

Ogni giorno 1,5 milioni di alberi vengono abbattuti, l’equivalente di 4.000 campi da calcio. E l’elezione di Bolsonaro potrebbe peggiorare ulteriormente le cose.

Lula promette di ripristinare le istituzioni di protezione della natura smantellate da Bolsonaro, e di promuovere uno “sfruttamento” durevole della foresta.

Durante i suoi due mandati (2003-2011) il fondatore del PT era riuscito a far calare dell’85% la deforestazione dell’Amazzonia, impennatasi poi con Bolsonaro.

La politica ambientale sarà trattata in maniera trasversale, tutti i ministri avranno degli impegni da rispettare sulla questione climatica”, ha dichiarato l’ex sindacalista.

In caso di vittoria Lula dovrà affrontare un 42% dei deputati: erano il 37%, favorevoli all’agro-business secondo il progetto Faro Verde, coordinato da diverse ONG ambientaliste.

Un ambiente ostile quindi ad una inversione di tendenza rispetto alle politiche perseguite dal governo precedente, e che non riguarderà solo questo aspetto.

Al primo turno, Lula ha ottenuto il 5% più di voti di Bolsonaro, che ha confermato di avere conservato uno zoccolo duro di elettori presso il blocco sociale di cui è stato punto di riferimento: la maggioranza degli evangelici, la polizia, l’esercito e gli imprenditori dell’agro-business.

Durante l’ultima sfida televisiva sul canale televisivo Globo, il presidente uscente ha dichiarato che rispetterà il risultato che uscirà dalle urne.

E’ la democrazia” ha detto il leader dell’estrema destra, dopo almeno tre mesi di discorsi contraddittori sull’argomento.

Ma non è affatto detto che una specie di “terzo turno” non si giochi dopo il 30 ottobre, con possibili contestazioni giudiziarie o mobilitazioni di piazze specie da parte dell’ala più dura del bolsonarismo, che ha letteralmente diabolizzato Lula ed ha già dato abbondantemente prova, anche in alcuni recenti episodi, di non disdegnare l’uso delle armi come strumento di lotta politica.

In questo ultimo duello elettorale i due sfidanti si sono affrontati cercando di mettere in luce i rispettivi punti deboli.

Bolsonaro ha parlato della corruzione, un suo cavallo di battaglia, nonostante Lula sia stato prosciolto dalle accuse a lui mosse dopo una detenzione piuttosto lunga dovuta ad un’operazione della magistratura dal forte sapore politico, persecutorio (il giudice Moro, che lo fece arrestare, fu poi nominato kinistro della giustizia da Bolsonaro).

Lula ha rinfacciato a Bolsonaro i 33 milioni di Brasiliani costretti a saltare un pasto, viste le loro condizioni di indigenza, o la riduzione della spesa per combattere la violenza sulle donne.

Nel dibattito serrato tra i due, Lula ha ricordato a Bolsonaro anche la disastrosa gestione della pandemia e la sua mancanza di empatia per i morti da Coronavirus.

Lula ha cercato di accattivarsi parte dell’elettorato evangelico, circa un terzo degli abitanti del Brasile (65 milioni secondo le stime), un prodotto della politica di soft-power statunitense, che nel corso di questi anni ha posto radici profonde nella società brasiliana, tradizionalmente cattolica (108 milioni).

Secondo un inchiesta di Forbes, tra il 1998 ed il 2017 si sono aperte in Brasile il 299% chiese evangeliche pentecostali, contro 149 di quelle tradizionali, e solo 74 di quelle cattoliche.

Ogni hanno si aprono 14.000 templi protestanti, più di una ogni ora.

Un dato rilevante se si aggiunge che tra il 60-65% degli evangelici ha votato per Bolsonaro; “il resto si divide tra gli indecisi ed il voto per Lula”, afferma Vinicius Do Vale, direttore dell’Osservatorio Evangelico e ricercatore in scienze politiche in una intervista a El Pais.

Il 19 ottobre, Lula, ha diffuso una Carta a Los evangelicos.

In questa Carta ha cercato di smentire alcune delle accuse che la propaganda di fake-news ordita dal campo bolsonarista, tipo che non chiuderà alcuna chiesa o che non imporrà bagni unisex in luoghi pubblici, e ricordando che durante la sua presidenza ha istituito la grande festa annuale degli Evangelici.

Ma l’apertura agli evangelici non sembra avere migliorato di molto i suoi consensi tra quella fetta di elettorato: 32% delle intenzioni di voto per lui, contro il 62% di quelle per Bolsonaro, secondo Datafolha.

Bolsonaro dal canto suo ha continuato con una sorta di strategia di “acquisto di voti”, perpetuando una strategia risultata vincente anche al primo turno, continuando con la sua politica di aiuto di stampo clientelare verso le frange più vulnerabili: innalzamento delle prestazioni sociali, riduzione delle tasse, assegni contro il caro energia, aiuti ai tassisti ed ai camionisti.

Secondo un’inchiesta del giornale economico Valor, fino a 68 miliardi di Reais (12,9 miliardi di euro) sono stati dispensati in questa operazione.

Ma secondo l’agenda nascosta del ministro dell’economia di Bolsonaro, Paolo Guedes, come rivelato il 19 ottobre dal quotidiano Folha de Sao Paulo, prevedrebbe la de-indicizzazione del valore dei salari e delle pensioni rispetto all’inflazione.

Un assist per Lula che, in una lettera del 27 ottobre, ha spiegato la sua visione per il Brasile “di domani”, elencando le sue priorità per il suo eventuale mandato: aumento del salario minimo, soppressione dell’imposta sul reddito per le fasce più deboli, un aumento degli aiuti sociali ed una ripresa degli investimenti pubblici.

L’esito del voto in Brasile è quanto mai incerto, e non è assolutamente detto che venga accettato passivamente.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *