Ci sono importanti evoluzioni nel processo di avvicinamento alle elezioni in Turchia, nell’ambito delle quali il Partito Democratico del Popolo (HDP) sta a sua volta modificando il suo atteggiamento. Rispetto a quando ne scrivevamo in precedenza, infatti, il co-presidente del partito Mihtat Sancar, nell’ambito di un’intervista televisiva ha formulato delle aperture rispetto alla possibilità di poter appoggiare il candidato del principale blocco di opposizioni denominato “Alleanza Nazionale”, guidato dallo storico Partito Repubblicano del Popolo.
Andando con ordine, l’Alleanza Nazionale ha recentemente scelto, dopo diverse traversie interne, come proprio candidato alle Presidenziali il settantaquattrenne Kemal Kilicdaroglu, presidente del CHP, mentre i più rampanti sindaci di Ankara e Istanbul – Mansur Yavas ed Ekrem Imamoglu – si sono dovuti accontentare di correre per la vicepresidenza, anche per via di traversie giudiziarie che rischiano di produrre esclusioni in corsa.
Subito dopo la chiusura di tale vicenda relativa alle candidature dell’opposizione, Sancar ha rilasciato la sopracitata intervista in cui ha argomentato il mutato punto di vista del HDP, in relazione anche al terremoto catastrofico che ha colpito il paese.
“Dopo il terremoto, purtroppo dopo un evento doloroso, c’è un’apparente volontà di cambiamento nella società”, ha detto Sancar. “Cambiamento democratico, cambiamento per la giustizia. Un cambiamento per i diritti umani, i valori umanitari. Questo sentimento è molto forte nella società. Tutti dovrebbero astenersi da qualsiasi tipo di atteggiamento, manovra, operazione che possa nuocere a questa volontà. Se il terremoto non fosse avvenuto, avremmo già più o meno completato i preparativi per mettere in campo il nostro candidato. Ma, dopo il terremoto, è emersa una nuova situazione“.
Sancar ha poi approfondito: “In queste circostanze, abbiamo avviato un processo di rivalutazione dei nostri sforzi per mettere in campo il nostro candidato. In altre parole, abbiamo iniziato a ripensare la scelta precedente di candidarci con il nostro candidato alle elezioni presidenziali. Ciò significa che mettiamo sul tavolo l’opzione di sostenere un candidato comune invece di nominare il nostro, nel caso in cui ci sia la possibilità di nuovi sviluppi che aprano la strada per liberarci di questo governo”.
“Poiché la distruzione causata dal terremoto è così evidente ed è evidente che il governo è pienamente responsabile di questa situazione, non possiamo comportarci come se nulla fosse accaduto. Perché siamo responsabili verso gli abitanti di questo paese, verso la società”, ha chiosato il leader politico.
Successivamente, egli si è complimentato con Kilicdaroglu per essere stato nominato candidato dell’Alleanza nazionale e lo ha invitato nella sede del HDP a discutere, appunto, la possibilità di poterlo appoggiare. Da segnalare che anche Selhattim Demirtas, e-copresidente del HDP, in carcere dal 2016, dalla sua prigione si è congratulato con Kilicdaroglu.
Sui temi che potrebbero essere oggetto del confronto col presidente del CHP per stipulare l’eventuale convergenza sul suo nome, Sancar, incalzato dall’intervistatore su se sarà dirimente o no trovare un accordo per una risoluzione della questione curda, ha risposto in maniera costruttiva:
“Al momento non abbiamo l’atteggiamento di imporre il nostro programma di partito e di aspettarci che venga accettato. Quello che vediamo come una necessità urgente è la trasformazione democratica della Turchia. Abbiamo abbastanza esperienza per sapere che problemi così gravi non possono essere risolti da un giorno all’altro. Ma è necessario concordare una tabella di marcia che copra le questioni di base. Certo, la democrazia è la più urgente”.
La proposta, dunque, è stata lanciata chiaramente, nonostante l’ostilità della componente nazionalista della società turca rappresentata dal CHP verso la lotta curda sia storicamente ancora maggiore rispetto alla componente islamista rappresentata dall’AKP di Erdogan.
Tuttavia, i 21 anni di dominio incontrastato del “sultano” potrebbero aver rimescolato le carte, specialmente in questa circostanza in cui apparentemente, con elezioni regolari o quasi regolari, un blocco formato dai sei partiti dell’Alleanza Nazionale e l’HDP, tutt’ora terza forza elettorale del paese, potrebbe addirittura portare alla vittoria delle presidenziali al primo turno.
Ovviamente, quest’ultima ipotesi si verificherebbe se la coalizione a guida nazionalista riuscisse ugualmente a compattare tutto il proprio elettorato, nonostante la sua storica ostilità nei confronti delle minoranze – quella curda in particolare – facendo prevalere il sentimento anti-Erdogan, dato non scontato.
All’interno dell’Alleanza Nazionale, intanto, i partiti minori hanno già risposto alle dichiarazioni dell’HDP. Quelli teoricamente più ostili ad un patto con l’HDP sono il Partito del Bene (Iyi), di estrema destra nazionalista, composto da ex “lupi grigi” ed ex esponenti del Partito del Movimento Nazionalista (MHP), alleato con l’AKP dal 2017, e l’islamista Partito della Felicità.
Tuttavia, quest’ultimo si è detto d’accordo sul fatto che Kilicdaroglu instauri un dialogo con l’HDP, mentre la leader di Iyi, Meral Aksener, pur dicendosi “preoccupata” di fronte a tale prospettiva per l’emorragia di consenso nazionalista che potrebbe portare, ha detto che non la ostacolerà.
Chi tale dialogo lo ha già cominciato sono altri due partiti dell’alleanza, entrambi frutto della diaspora dell’AKP a seguito delle purghe interne che nel corso degli anni Erdogan ha messo in atto, quindi entrambi di tendenza islamico-conservatrice: il Partito della Democrazia e del Progresso e il Partito del Futuro, guidato da Ahmet Davutoglu, durante il cui mandato da Primo Ministro fra il 2014 e il 2016, si arrivò ad un passo dall’accordo fra stato turco e PKK, prima che Erdogan si orientasse all’alleanza con MHP e defenestrasse lo stesso Davutoglu.
La situazione, come si vede, è gravida di sviluppi che potrebbero avere pesanti conseguenze sul futuro della Turchia, anche se su tutto grava sempre la possibilità di possibili colpi di mano politici, militari o giudiziari da parte di Erdogan il quale appare meno certo che mai della vittoria.
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marco
ma parlando di programmi, nell’attuale scenario geopolitico, con particolar attenzione alle questioni: brics, ucraina, cina, un’eventuale vittoria dell’alleanza nazionale come cambierebbe la politica internazionale della turchia?
Darth Wanax
Certo, si creerebbe un governo più docile di fronte ai diktat della NATO. Erdogan, con tutti i suoi mille difetti anche piuttosto gravi, non appoggia ogni porcheria dell’impero, vedi il suo atteggiamento nei confronti dell’Ucraina.