Un nuovo schema retributivo introdotto da Blinkit, un’unità di consegna rapida di generi alimentari che fa capo a una delle più grandi piattaforme indiane di food delivery, Zomato, ha scatenato le proteste dei raider in diverse città del Paese.
I colloqui con il dipartimento del lavoro non sono riusciti a risolvere la questione chiave della revisione dei salari.
Le proteste dei raider di Blinkit sono state segnalate a Kolkata, Hyderabad, Pune e nella capitale nazionale Nuova Delhi. Nei video condivisi sui social media, si vedono i manifestanti bruciare effigi della piattaforma di commercio rapido ed esporre cartelli contro l’azienda.
Chiedono che la nuova struttura salariale, che secondo quanto riferito ridurrà i loro attuali redditi al momento dell’implementazione, venga immediatamente revocata.
Zomato ha acquistato la Blinkit nel 2022 per 568 milioni di dollari. I raider in India lavorano praticamente per oltre 12 ore al giorno tutti i sette giorni alla settimana per guadagnare un salario base per sé e per le loro famiglie.
Blinkit è di proprietà di Zomato, una delle più grandi piattaforme di consegna di cibo in India. Gli incontri tra Zomato e i lavoratori in sciopero, facilitati dal dipartimento del lavoro, non sono riusciti a sbloccare la situazione fino ad ora.
Il nuovo pagamento introdotto il 10 aprile è sceso per consegna da 25 rupie (0,30 dollari) a 15 rupie (0,18 dollari). La struttura precedente prevedeva un pagamento di base definito con incentivi in base alla distanza percorsa dal partner per consegnare l’ordine.
Nel nuovo sistema di pagamento, invece, non è previsto un pagamento di base. Il partner verrà pagato solo per ogni chilometro percorso per consegnare gli ordini, con una tariffa compresa tra 9 e 12 rupie (0,15 dollari), che può aumentare fino a 15 rupie (0,18 dollari) con un bonus aggiuntivo.
I lavoratori dell’app aggregatrice, che l’azienda chiama “partner di consegna” o “dirigenti di consegna”, sono arrabbiati per la perdita del loro reddito di base in un momento in cui l’inflazione è salita al 5,66%.
“Siamo persone della classe operaia“, ha affermato un raider. “Se non guadagniamo, non possiamo pagare l’affitto o mettere il cibo nel nostro piatto“.
La forza lavoro occupata nelle consegne a domicilio in India è stata stimata a 7,7 milioni nel 2020 e si prevede che aumenterà a 23,5 milioni entro il 2029. Il lavoro nel delivery contribuisce con oltre un miliardo di dollari all’anno all’economia indiana.
Nel 2021, la Federazione indiana dei lavoratori dei trasporti basati su app, un sindacato che rappresenta i lavoratori delle piattaforme, si è rivolta alla Corte Suprema dell’India per ordinare al governo e alle aziende di riconoscere i lavoratori delle piattaforme come “dipendenti” e fornire prestazioni di sicurezza sociale come garantito dal nuovo legislazione.
Fonti: Globetrotter, People Dispatch,
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Gianni Sartori
Mentre le agenzie turistiche continuano imperterrite a proporre viaggi organizzati ed escursioni (magari sotto scorta armata) nel “pittoresco mosaico etnico” dell’India profonda, giunge la notizia di altri bombardamenti governativi sui villaggi delle popolazioni originarie.
ANCORA BOMBARDAMENTI SULL’INDIA TRIBALE
Gianni Sartori
Sarà perché recentemente sono stato informato sul viaggio con scorta armata nelle aree tribali dell’India (alla ricerca del “pittoresco” presumo) di un personaggio vicentino con cui ho avuto modo di litigare assai. Sia per questioni politiche nel secolo scorso (militando in “opposte fazioni”, ma proprio opposte, incompatibili),sia più recentemente su questioni ambientali. Sarà perché ormai considero il turismo una forma di neocolonialismo e sfruttamento. Sarà anche per altre ragioni, ma leggere le offerte di agenzie e altro (compresa qualche rivista specializzata che in passato mostrava maggior rispetto per i popoli indigeni) dove si svende “l’incredibile mosaico tribale” che popola le colline dell’Orissa e del Bastar (Bonda, Gadabha, Desia Kondh, Kuttiya Kondh, Dongariya Kondh, Paroja, Maria, Muria, Dhuruwa…nda) mi ha proprio infastidito. Della resistenza delle popolazioni dell’Orissa, sottoposte a repressione e deportazione per consentire alle multinazionali di devastare le colline ricche di minerali, mi ero già occupato in varie occasioni (https://www.rivistaetnie.com/india-inferno-per-le-minoranze-etniche-e-religiose-126871/).
Del Bastar (attualmente un distretto dello Stato del Chhattisgarh) più recentemente per per i sistematici bombardamenti operati dall’esercito indiano sui villaggi tribali.
Come aveva denunciato a Strasburgo un’eurodeputata portoghese, Maria Matias. Una ulteriore conferma è venuta dai sopralluoghi effettuati dagli inviati del giornale Scroll.
Per il governo indiano la zona sarebbe “infestata dai naxaliti”. Ossia i guerriglieri maoisti che sostengono le popolazioni tribali (adivasi) nella loro battaglia quotidiana contro le devastanti attività estrattive. E contro cui da diversi anni è stata lanciata l’operazione militare denominata Samadahn-Prahar.
I bombardamenti aerei (e i mitragliamenti con elicotteri) sui villaggi (i più recenti in aprile, senza contare quelli degli anni precedenti) hanno chiaramente lo scopo di intimidire la popolazione e i gruppi ambientalisti ostili all’ulteriore realizzazione di miniere nel distretto.
Sfortunatamente per i nativi, le terre tribali sono ricche di risorse naturali e minerarie e scatenano gli appetiti di varie compagnie (in particolare del gruppo Adani).
La guerra a bassa intensità che si svolge nei territori contesi finora è costata la vita di migliaia di persone. Stando ai dati forniti un paio di anni fa dalla Commissione militare del Pci-m (Partito comunista indiano-maoista), sarebbero morti a causa del conflitto circa tremila poliziotti, oltre duecento esponenti politici, un migliaio di “informatori e collaborazionisti” (veri o presunti naturalmente) e quasi cinquemila guerriglieri del PLGA (People’s Liberation Guerrilla Army).
Gianni Sartori