I lettori non ce ne vogliano: tocca di nuovo trattare della Polonia e delle sue mire sui cosiddetti “Kresy Wschodnie”, quei territori oggi ucraini che Varsavia non ha mai spesso di considerare propri, nemmeno nel periodo della Repubblica popolare, pur dovendo allora uniformare il proprio linguaggio ufficiale alla comune narrativa dell’ex campo socialista.
Se appena poche settimane fa erano stati i vaneggiamenti (per quanto, da prendere abbastanza seriamente) dell’ex segretario della NATO Anders Fogh Rasmussen, ora è la volta dei “timori” espressi dai nazionalisti polacchi per la ridislocazione in Bielorussia di alcune migliaia di uomini della “Wagner”.
Così, Varsavia ora non tenta nemmeno di minimizzare i propri piani di intervento su quell’area dell’Ucraina nordoccidentale direttamente confinante con la Bielorussia, che rimane tutt’oggi una delle maggiori “pietre d’inciampo” nei rapporti polacco-ucraini: la Volynia, teatro di stragi di decine di migliaia di civili polacchi da parte dei nazionalisti ucraini di OUN-UPA, nel 1942-’43.
A parlare direttamente della necessità di “rafforzare le difese”, è stato questa volta il leader del partito di governo Diritto e Giustizia, Jaroslav Kaczynski – gemello del defunto ex presidente polacco Lech Kaczynski – denominato da quelle parti, per la sua influenza politica, “Naczelnik Polski” (Capo della Polonia), alla maniera del vecchio dittatore Jozef Pilsudski, e da poco rientrato nei ranghi governativi con la carica di vice Primo ministro.
Ed è stato proprio Kaczynski, e non il Primo ministro Mateusz Morawiecki, a esporre il 28 giugno i risultati della riunione del Comitato governativo per la sicurezza. Nell’occasione, ha dichiarato che Varsavia si trova ora di fronte a «nuova situazione in Bielorussia: la presenza del gruppo “Wagner”. Pensiamo che si tratti di circa 8.000 soldati.
È un elemento pericoloso per l’Ucraina, potenzialmente pericoloso per la Lituania e forse pericoloso anche per noi… In relazione a ciò, è stato deciso il rafforzamento delle nostre difese alla frontiera orientale, sia con misure temporanee, sia con altre che assumeranno carattere permanente».
Questo veniva detto a Varsavia, nel momento in cui i presidenti polacco e lituano, Andrzej Duda e Gitanas Nauseda si incontravano a Kiev con il nazigolpista-capo Vladimir Zelenskij e, nell’occasione, oltre le questioni formali di rappresentanza e di coordinamento per il prossimo vertice NATO a Vilnius, si è quasi sicuramente parlato dell’introduzione ufficiale di reparti polacchi in Volynia.
D’altronde, era stato proprio pan Kaczynski che da Kiev, nel marzo 2022, aveva parlato di dispiegamento di “forze di pace NATO” in Ucraina. Qualcuno vi aveva scorto un serio pericolo di scontro diretto NATO-Russia e si era allora optato per una brigata lituano-polacca-ucraina (LITPOLUKRBRIG) che, in rappresentanza del cosiddetto “Triangolo di Lublino”, sin dal 2016 agisce nel quadro di operazioni “umanitarie” ONU, UE e NATO.
Concretamente, nota però Oleg Khavic su Ukraina.ru, dei reparti che fanno parte della Brigata, il battaglione lituano è concentrato sul “Suwalski gap”, mentre il battaglione ucraino è impegnato, con l’80° Brigata di cui fa parte, sul fronte di Artëmovsk. Così che, per la Volynia, non rimangono che i reparti polacchi.
Di fatto, sono in allestimento due nuove Brigate, ognuna composta di tre battaglioni, due dei quali composti da polacchi e il terzo misto polacco-ucraino, con comando polacco e personale ucraino addestrato in Polonia. Le due Brigate sono equipaggiate con materiale NATO, trasferito nell’area di Rzeszow e Lublino durante le manovre “Defender Europe 23”.
A partire dallo scorso 12 giugno, nell’ambito delle manovre “Anakonda-23”, i battaglioni hanno condotto esercitazioni sperimentali FEX (Field Experimentation Exercise), con una nuova struttura organizzativa (Future Task Force), per testare la loro preparazione alla missione prevista.
In sostanza, le nuove unità, dovrebbero prendere il controllo delle aree di Kovel’, Sarny e Vladimir; il comando di Brigata sarà a Lutsk: di fatto, un distretto militare rafforzato polacco nella Volynia (per ora) ucraina.
Finora, la dislocazione di tali forze era prevista per l’autunno; con ogni evidenza, l’arrivo dei reparti “Wagner” in Bielorussia ha accelerato i tempi. A detta di “Naczelnik Polski”, si dovrebbe cominciare già dopo il vertice NATO del 11-12 luglio.
E mentre mette a punto i propri (con benestare USA-NATO) piani sull’Ucraina, Varsavia è pronta ad accogliere i sistemi di difesa anti-aerea e anti-missilistica americani, uno dei maggiori punti d’attrito con Mosca, ma passo “naturale” di Washington, sulla strada della trasformazione della Polonia in principale piazzaforte NATO in Europa.
Già nel 2008, alla riunione del Consiglio Russia-NATO, Vladimir Putin aveva ricordato come Mosca avesse dismesso le proprie basi a Cuba e in Vietnam, arretrato le armi pesanti dalla parte occidentale della Russia e “in cambio” avesse ricevuto basi NATO in Romania e Bulgaria, sistemi anti-missilistici in Polonia e Rep. Ceca, ecc.
Le nuove forniture yankee a Varsavia, secondo la Reuters, comportano una spesa di 15 miliardi di dollari, destinati dal bilancio USA a Raytheon e Lockheed Martin, per 48 lanciatori “Patriot”, con relativi 644 missili e attrezzature correlate.
Non a caso, da tempo Varsavia proclama di voler dar vita al più potente esercito d’Europa, portando il numero di militari a trecentomila unità, con un bilancio di guerra che raggiunge il 4% del PIL; procede a ritmo accelerato all’acquisto di mezzi, dagli aerei, ai sistemi “HIMARS”, ai carri “Abrams”, artiglierie semoventi e altri mezzi dalla Corea del Sud e, più di recente, hanno cominciato ad arrivare in Polonia i nuovi sistemi americano-norvegesi “NASAMS”.
Come risposta, a Mosca si pensa al dispiegamento, nelle aeree occidentali del paese, di missili ipersonici “Kinžal” e “Iskander”.
Come raccontava l’Enea virgiliano: «né luminosa di luce siderea era l’aria, ma sul cielo fosco eran nubi».
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Alberino
Come viene definito Vladimir Zelensckij?