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Senegal. Il golpe lo ha fatto il presidente filofrancese arrestando il leader dell’opposizione

In Senegal continuano le proteste popolari contro l’arresto del leader dell’opposizione e sfidante alle elezioni presidenziali Ousmane Sonko. Manifestazioni sono ancora in corso sia nella capitale Dakar che a Ziguinchor, la città di cui è sindaco Ousmane Sonko, arrestato la scorsa settimana.

Le ultime proteste sono state innescate dallo scioglimento imposto dal governo del partito di Sonko, i “Patrioti africani del Senegal per il lavoro, l’etica e la fraternità” (Pastef).

Il ministro dell’Interno, Antoine Felix Abdoulaye Diome, ha motivato la decisione accusando Sonko e il suo partito di aver incitato disordini durante le violente proteste del mese scorso a Dakar contro l’eventuale ricandidatura ad un terzo mandato del presidente uscente Macky Sall.

Il Pastef, da parte sua, ha rilasciato un comunicato durissimo nel quale denuncia che la stabilità del Senegal “è ormai compromessa, perché il popolo non accetterà mai questa definitiva decadenza del potere nei confronti del ‘favorito”: l’attuale presidente Sall strettamente legato alla Francia.

Nei giorni scorsi le proteste si erano estese anche a Parigi, dove la comunità senegalese era scesa in piazza contro l’arresto di Sonko e la complicità della Francia con il governo di Sall.

Sonko, in carcere da alcuni giorni, ha iniziato uno sciopero della fame sostenendo che la sua detenzione sia avvenuta “sulla base di falsità” e ha dichiarato di attendere la notifica ufficiale dello scioglimento del suo partito per poterlo combattere con “mezzi legali”.

I sostenitori di Pastef accusano il partito al governo del presidente Sall, l’Alleanza per la Repubblica (Apr), di aver cercato di mettere da parte il suo popolare avversario, che è arrivato terzo alle elezioni presidenziali del 2019, con accuse inventate prima del voto di febbraio.

È la terza volta che un partito politico viene bandito in Senegal da quando ha ottenuto l’indipendenza dalla Francia, nel 1960. Gli altri sono avvenuti prima dell’introduzione del multipartitismo negli anni ’70.

I “campioni” di democrazia dell’Occidente in Africa hanno moltissimi scheletri nell’armadio, in Senegal come in Niger. Contrapporli ai golpisti è decisamente un volgare esempio di “doppio standard”.

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