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Pakistan. Lo “zampino” USA dietro la rimozione e l’arresto dell’ex premier Imran Khan

La neutralità in politica internazionale è una cosa “non gradita” a Washington. La “rimozione” di capi di stato, come avvenuto in Pakistan, non è una prerogativa solo dei militari africani. Le rivelazioni di The Intercept smascherano la doppia morale degli Stati Uniti.

Cinque giorni fa l’ex primo ministro pakistano Imran Khan è stato arrestato nella sua casa di Lahore, dopo che un tribunale della capitale lo ha giudicato colpevole di frode e condannato a tre anni di carcere.

Imran Jhan aveva annunciato che sarebbe stato arrestato per impedirgli di partecipare alle elezioni che si terranno entro la fine dell’anno. In Pakistan, a chi sia stato condannato per un reato è vietato partecipare alle elezioni o ricoprire cariche. Le immagini di Khan, o anche solo la menzione del suo nome, non possono essere trasmesse dai canali televisivi, ma continua a essere molto popolare e il mese scorso un video di debutto sul suo account personale di TikTok ha accumulato più di 135 milioni di visualizzazioni e 4,5 milioni di like in 36 ore.

A maggio, Khan era stato arrestato e brevemente detenuto a Islamabad per lo stesso caso, nel paese si erano scatenate proteste e scontri con alcuni morti durante i quali i sostenitori del suo partito Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI) si erano riversati nelle strade e si erano scontrati con la polizia.

All’indomani del suo rilascio, dopo tre giorni di detenzione, il PTI era stato bersagliato da un giro di vite con migliaia di arresti, denunce di intimidazioni e imbavagliamento della stampa.

L’ex premier pakistano Imran Khan aveva manifestato apertamente le sue divergenze dalla politica USA contro la Russia e denunciato le ingerenze statunitense sulla vita politica del paese. Prese di posizioni che gli erano costate l’ostilità di Washington che ha cominciato ad agire per la sua deposizione (eh si perché i golpe non sono solo quelli degli altri, ndr).

Adesso, secondo quanto rivela il giornale statunitense d’inchiesta The Intercept, emerge che gli Stati Uniti sollecitarono il Pakistan a rimuovere l’allora primo ministro Imran Khan durante un incontro a Washington il 7 marzo 2022, a causa della posizione di neutralità espressa dall’allora capo del governo pakistano in merito all’invasione russa dell’Ucraina.

“The Intercept”, pubblica i contenuti di un documento governativo riservato ottenuto da una “fonte anonima delle forze armate pakistane”. L’incontro, cui avrebbero preso parte l’allora ambasciatore pakistano negli Stati Uniti, Asad Majeed Khan, e funzionari del Dipartimento di Stato USA, si sarebbe svolto appena due settimane dopo l’invasione russa dell’Ucraina, e poco dopo una visita dell’allora premier pakistano a Mosca che “fece infuriare Washington”.

Le circostanze che portarono alla rimozione di Khan sono oggetto sin dallo scorso anno di indiscrezioni, controversie e speculazioni: l’ex primo ministro ha infatti sempre sostenuto che il voto di sfiducia che ha portato alla caduta del suo governo, appena un mese dopo l’incontro descritto da “The Intercept”, sia stato il risultato di pressioni esterne al Paese.

Il sito web pubblica i contenuti del rapporto nella loro interezza, correggendo alcuni errori lessicali che secondo la pubblicazione vengono inseriti di proposito per identificare i responsabili dell’eventuale disseminazione di materiale secretato. “The Intercept” evidenzia inoltre che i contenuti paiono corrispondere a rivelazioni pubblicate nei mesi scorsi dal quotidiano pakistano “Dawn”.

Secondo “The Intercept” dal rapporto emergono “le dinamiche della relazione tra Pakistan e Stati Uniti”.

Il 2 marzo 2022, alcuni giorni prima dell’incontro, l’assistente Segretario di Stato USA per gli Affari dell’Asia Centrale e Meridionale, Donald Lu, era stato protagonista di una audizione di fronte alla commissione esteri del Senato, che gli aveva chiesto delucidazioni in merito alla neutralità di India, Pakistan e Sri Lanka nei confronti della Russia.

Durante l’audizione, Lu aveva menzionato la recente visita di Khan a Mosca, e aveva dichiarato che il dipartimento di Stato stava cercando di “confrontarsi direttamente” col primo ministro pakistano a tale proposito. Pochi giorni più tardi, Khan aveva lamentato pressioni da parte degli Stati Uniti e dei Paesi europei, dichiarando nel corso di un comizio pubblico: “Siamo forse i vostri schiavi? Pensate di poterci trattare da schiavi, e che faremo qualunque cosa ci chiediate? Siamo amici della Russia e siamo anche amici degli Stati Uniti. Siamo amici di Cina ed Europa. Non siamo parte di nessuna alleanza”. Una posizione di equilibrio che Washington ha ritenuto inaccettabile e che si è rivelata fatale per Imran Khan.

Il 7 marzo dello scorso anno, durante l’incontro descritto da “The Intercept”, Lu avrebbe espresso esplicitamente l’insoddisfazione di Washington per la posizione di Islamabad in merito al conflitto in Ucraina: “La gente qui e in Europa è piuttosto preoccupata dal perché il Pakistan abbia assunto una posizione così aggressivamente neutrale, sempre che tale posizione sia possibile. A noi non sembra poi così neutrale”, avrebbe dichiarato il funzionario all’ambasciatore pakistano. Lu avrebbe aggiunto che a parere di Washington, la neutralità del Pakistan in merito al conflitto in Ucraina “riflette piuttosto chiaramente la politica personale del primo ministro (Khan)”.

A questo punto, il funzionario statunitense avrebbe bruscamente sollevato la questione di un voto parlamentare di sfiducia nei confronti di Khan: “Penso che se un voto di sfiducia contro il primo ministro avrà successo, da Washington sarà tutto perdonato, perché la visita in Russia (di Khan) è ritenuta una iniziativa del primo ministro. In caso contrario – avrebbe avvertito il funzionario – penso che d’ora in poi le cose si faranno difficili”.

Il funzionario del Dipartimento di Stato Usa avrebbe avvertito in particolare che in assenza di una svolta nella politica estera pakistana, Islamabad avrebbe subito una marginalizzazione da parte dei Paesi occidentali: “Non posso dire come vedrebbero le cose in Europa, ma sospetto che la loro reazione sarebbe simile”.

Durante l’incontro, L’ambasciatore pakistano avrebbe risposto alle pressioni di Lu lamentando uno scarso confronto da parte della leadership statunitense: “Questa riluttanza ha creato la percezione in Pakistan che siamo ignorati, o che ci si dia per scontati. C’è la sensazione che gli Stati Uniti si aspettino dal Pakistan pieno sostegno in tutte le questioni importanti per gli Usa, ma che non facciano altrettanto nei confronti del Pakistan”.

Secondo il resoconto riservato, l’incontro si sarebbe concluso con l’auspicio espresso dall’ambasciatore pakistano che l’invasione russa dell’Ucraina non influisse sulle “nostre relazioni bilaterali”.

Il giorno successivo all’incontro, l’8 maggio, i partiti di opposizione pakistani attivarono la procedura per la calendarizzazione di un voto di sfiducia contro Khan, culminato nella caduta del suo governo.

“The Intercept” afferma di aver compiuto “vasti sforzi” per verificare l’autenticità del documento, ammettendo però di non aver potuto ottenere una conferma indipendente da fonti governative pakistane o dall’ambasciata pakistana a Washington, che ha rifiutato di commentare le indiscrezioni. Il sito investigativo ha chiesto anche un commento in merito alle rivelazioni al portavoce del dipartimento di Stato Usa Matthew Miller, secondo cui “nulla in questi presunti commenti mostra che gli Stati Uniti abbiano preso una posizione su chi debba essere il leader del Pakistan”.

Ma i fatti ci dicono che dopo l’avvertimento statunitense sono subito iniziati i guai per il premier pakistano Imran Khan, prima deposto con un voto in Parlamento e poi arrestato. Non risulta che la vicesegretaria di Stato Nuland abbia chiesto di vederlo come avvenuto per il presidente deposto del Niger.

Doppio standard? No, è molto di più e molto di peggio, per questo gran parte del mondo sta mandando a quel paese Stati Uniti ed Unione Europea.

 

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