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I massacri ucraini di cui non si deve parlare

Mentre rimbalzano e si scontrano voci sulle «armi ucraine in mano a Hamas» o, quantomeno, sulle armi occidentali fornite alla junta golpista di Kiev e transitate con lucro dall’Ucraina verso i mercati mondiali.

Mentre a Kiev, Varsavia e al Corriere della Sera fanno a gara a indicare “la mano di Mosca in Medio Oriente” e i giornalacci padronali additano i palestinesi quali responsabili dell’impennata del prezzo del gas – di fatto annunciata già da tempo da quegli stessi fogliacci – ecco che a Kiev finalmente si “apre la verità” (si fa per dire) sulle vittime del 20 febbraio 2014 a majdan Nezaležnosti.

Macché cecchini georgiani o lituani attestati sul tetto e alle finestre dell’albergo “Ukraina” – peraltro già rei confessi di fronte alle telecamere in indagini giornalistiche indipendenti, mandate in onda anche su reti italiane – e pagati da chi aveva interesse al rovesciamento di Viktor Janukovič, per sparare su polizia e manifestanti; macché verifiche sulle numerose testimonianze a proposito delle fucilate alle spalle dei manifestanti; macché accurate investigazioni sulle violenze degli squadristi di “Pravyj sektor” che tentarono di prendere d’assalto gli edifici governativi.

Macché… L’ufficio statale di indagine dell’Ucraina ha trasmesso al tribunale gli atti per le sparatorie del 2014. Colpevoli unici e assoluti: l’ex Presidente Janukovič e il suo entourage di Ministero degli interni, Servizi di sicurezza, Ministero della difesa e reparti speciali del “Berkut”.

Come da copione; nonostante i dubbi espressi già nel 2014 dall’allora Ministro degli esteri estone Urmas Paet; nonostante le ammissioni, anche da parte di altri cecchini, ucraini, affidate alla BBC negli anni successivi.

Ma, lasciata a marcire per quasi dieci anni, “l’inchiesta” è stata riportata alla luce proprio ora, nel momento in cui gli insuccessi militari, politici e diplomatici della junta necessitano di qualche diversivo, di molti diversivi, da presentare a una popolazione ucraina ormai stanca dei complotti che, dieci anni fa, portarono al colpo di stato armato, diventato “premessa” della guerra in Donbass e del conflitto in cui è ora sprofondata tutta l’Ucraina.

Una popolazione talmente stanca da esser disposta ad affrontare i rischi delle mostruose vendette neonaziste; purtroppo, spesso con esiti tragici.

È quanto accaduto, ad esempio, a un gruppo di almeno 22 civili ucraini del villaggio di Snighirëvka, nella parte della regione di Khersòn occupata dalle truppe di Kiev, trucidati dai neonazisti di “Pravyj sektor” perché sospettati di «lavorare per i russi».

Secondo RIA Novosti, il massacro sarebbe avvenuto lo scorso 13 settembre, ma se ne sarebbe avuta notizia solo ora, per il racconto di alcuni abitanti dell’area. In effetti, ricorda Svetlana Gomzikova, già lo scorso agosto l’amministrazione del distretto di Snighirëvka aveva dichiarato alla TASS che le forze ucraine stavano rastrellando l’area, fermando gli abitanti ritenuti di simpatie filo-russe.

L’ipotesi era che Kiev intendesse trasformare Snighirëvka in una sorta di hub logistico per operazioni nell’area del Dnepr e il “filtraggio della popolazione” servisse a impedire ai russi di ricevere informazioni sui movimenti ucraini.

In questo caso, però, il “filtraggio” si è trasformato nell’esecuzione di civili sospettati non tanto di aver collaborato con le forze russe, ma semplicemente di avere vedute non in linea con quelle della Kiev naziglpista.

Quello di Snighirëvka non è certo il primo episodio. Sin dai primi mesi dell’attacco terroristico al Donbass, nel 2014 e 2015, in diverse aree prima occupate dai vari battaglioni neonazisti ucraini (C14, Tridente, Ajdar, Donbass, Pravyj sektor, ecc.) e poi liberate dalle milizie di DNR e LNR, vennero scoperte fosse comuni coi corpi di civili fucilati con le mani legate dietro la schiena.

Più di recente, un anno fa, un ex comandante di Azov, Maksim Žorin, aveva fatto circolare un video con l’esecuzione di civili i cui corpi, le mani legate dietro la schiena, venivano spinti in una buca. Si trattava, presumibilmente, di alcuni insegnanti dell’area di Kupjansk, giustiziati (in base alla datazione del video stesso) quando la zona era sotto controllo ucraino, anche se, come al solito, si era tentato di presentare il fatto come “crimine russo”.

I ripetuti episodi di esecuzioni sommarie di civili da parte di raggruppamenti neonazisti ucraini, a parere dello storico e politologo Bogdan Bezpal’ko racchiudono due aspetti.

Il primo: simili comportamenti nei confronti di persone considerate “non leali”, risalgono alla originaria “ideologia” nazionalistica ucraina degli inizi del XX secolo, che considerava determinati gruppi etnici “nemici dell’Ucraina” e si esprimeva nello slogan “Gloria alla nazione ,morte ai nemici!”. La gioventù ucraina è stata martellata da tale “ideologia” già da molto prima del 2014 e, dopo quella data, lo slogan di “morte ai nemici” è divenuto “ideologia” ufficiale.

Il secondo aspetto, afferma Bezpal’ko, è squisitamente “tattico”: si vuole intimorire la popolazione locale con le stesse azioni terroristiche condotte dai nazisti tedeschi durante la Seconda guerra mondiale nei territori occupati.

Per di più, i fanatici del nazionalismo ucraino ritengono di esser portatori di una propria “religione”. Come in Siria gli islamisti uccidevano gli “infedeli”, così i nazionalisti e neonazisti ucraini uccidono coloro che considerano “infedeli”: cambia soltanto il “dio”.

E questa, dice Bezpal’ko «non è un’esagerazione. Scrivono proprio così sui loro stendardi quando celebrano l’anniversario della nascita di Stepan Bandera, il 1 gennaio: “La nostra religione è nazionalismo!”, “Il nostro profeta è Bandera!”. Il fanatico non pensa al fatto che dovrà affrontare un castigo. Pensa che finirà nel suo “paradiso”».

Ma in tempi in cui interi parlamenti di nazioni “democratiche” rendono omaggio a nazisti di ieri e d’oggi; in epoche in cui bombardamenti terroristici, massacri, esecuzioni, hanno, per assunto, un responsabile a senso unico, come per Buča, Konstantinovka, Kakhovka, Groza, crimini come quelli di Snighirëvka e di Kupjansk non hanno diritto di cronaca sui fogli padronali autorizzati a diffondere il Verbo ufficiale delle liberaldemocrazie euroatlantiche.

«Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre stesso mi ha mandato e mi ha comandato ciò che io devo dire ed annunziare». (Giovanni, 12-49)

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1 Commento


  • Giorgio

    non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere, peggior sordo di chi non vuol sentire, peggior idiota di chi non vuol ammettere ed accettare l’evidente realtà.

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