Sfogliando agenzie e siti web russi degli ultimi due giorni, l’impressione è che spazino tra un doveroso omaggio alle parole di Vladimir Putin sulla colonizzazione e politica degli insediamenti condotta da decenni da Tel Aviv, a fondamento della condizione di apartheid israeliana nei confronti del popolo palestinese, oppure si avventurino in una malcelata partigianeria nei confronti dell’esercito con la stella di David.
O ancora sprizzino un’aperta simpatia per “i russi” (più esattamente: cittadini russi di nazionalità ebrea) stabilitisi da tempo in Israele, con reportage di molte testate che si esaltano, come ad esempio la Komsomol’skaja Pravda, alla «scoperta» che, 15 minuti fuori dell’aeroporto, «tutt’intorno ci sono russi: bottegaio, poliziotto, taxista: Igor, Aleksandr, Sergej… non è Tel Aviv – è Balašina», venti chilometri fuori Mosca.
Ma sui siti web non c’è solo questo. A ricordarci che è tutt’ora in corso un conflitto nel centro d’Europa, col nazigolpista capo pronto a escogitare qualche nuova “strage russa” per scongiurare il pericolo di vedersi sottratte, a vantaggio di Israele, le risorse finanziarie e belliche necessarie «a combattere in questa guerra e non noi», ci sono anche notizie come questa, che lega in maniera diretta Kiev a Tel Aviv: duemila mercenari israeliani lasciano l’Ucraina, richiamati in fretta per esser schierati contro i palestinesi.
Duemila mercenari (che fossero “contrattisti”, oppure “volontari” inviati dal governo sionista, non è che cambi molto), ufficialmente finora impegnati nell’addestramento delle forze di Kiev, non è una cifra di poco conto.
E se è facile indovinare che tra di essi ci fossero (o ci siano) molti ebrei ucraini e russi, non è meno difficile prevedere che quella cifra sia stata resa pubblica per difetto e, con altrettanta probabilità, possa dirsi che se in duemila lasciano l’Ucraina, pochi meno ne rimangano a combattere contro le forze russe.
Perché, è abbastanza evidente che, oltre agli aperti mercenari ingruppati nelle varie formazioni neonaziste, non tutti e “duemila consiglieri” servissero ad addestrare i militari di Kiev.
Ora, non fa più quasi notizia la presenza di mercenari da mezzo mondo a dar man forte alle formazioni neonaziste ucraine, prima contro la popolazione civile del Donbass e poi negli scontri diretti con le forze russe. Finora, però, ci si era scontrati con “addestratori” yankee, britannici, canadesi, tedeschi, polacchi e mercenari da mezzo mondo.
Ufficialmente, Israele sembrava esser rimasta ai margini, anche perché, avrebbe forse quantomeno messo in imbarazzo i sionisti d’occidente, dover ammettere la presenza di “democratici” militari con la stella di David, fianco a fianco con aperti “suprematisti” razziali che da sette o otto anni, facendo sfoggio di emblemi e gesticolazioni naziste, amano farsi ritrarre nelle pianure ucraine.
La notizia della partenza dei duemila israeliani dall’aeroporto “Borispol” di Kiev è stata diffusa dal blogger “Joker DNR”, su non meglio precisate fonti dei Servizi ucraini e, osserva Svetlana Gomzikova su Svobodnaja Pressa, oltre al numero di militari israeliani, meraviglia anche il fatto che Tel Aviv non abbia mai parlato apertamente di tale presenza in Ucraina, lasciando intendere di osservare una discreta neutralità.
In effetti, però, da tempo compaiono in rete notizie che sembrano parlare del contrario: aumento della retorica anti-russa e maggiori aiuti ai neonazisti di Kiev. Dal novembre 2022, Tsahal [l’esercito di Tel Aviv, ndr] rende regolarmente pubbliche informazioni su armi e tecnologia militare russe e sulle azioni delle forze di Mosca; sin dal febbraio 2022 Tel Aviv consente a “Elbit” e “Rafael” di fornire all’Ucraina sistemi atti a bloccare e distruggere droni, oltre forniture di proiettili e veicoli blindati.
A inizi 2023, il canale telegram “Immagine del futuro”, riportava che i comandi israeliani avevano richiamato dall’Ucraina 538 istruttori di guerra elettronica e nessuna smentita ufficiale ne era seguita.
Come pure dopo le parole del rabbino capo di Kiev, Moshe Reuven Azman, secondo cui «200 mercenari, cittadini israeliani, combattono nelle forze armate dell’Ucraina».
A quanto pare, quei duecento avrebbero fatto parte del gruppo di mercenari israeliani “Mevet”, messo in piedi a Kiev già nel 2015 sotto forma di “Club di tiro tattico”, organizzato da due ex paracadutisti israeliani, “Ari” e “Gal”, seguiti più tardi da altri sei ex colleghi, portati a Kiev su un charter noleggiato dall’ambasciata ucraina in Israele.
Il gruppo non si sarebbe limitato all’addestramento di gruppi di guastatori ucraini, ma avrebbe preso parte diretta ad azioni di guerra, tanto da ricevere anche aperti apprezzamenti dai neonazisti di “Azov”.
Anche il comandante dei reparti speciali ceceni “Akhmat”, Apty Alaudinov, ha confermato sul Primo canale russo la notizia secondo cui militari e istruttori israeliani che partecipano ai combattimenti in Ucraina stanno tornando in patria.
Dobbiamo comprendere, ha detto Alaudinov, che «tutto questo non verrà allo scoperto in uno, due o tre giorni, ma sappiamo sostanzialmente, in base a diversi episodi, che un gran numero di militari, mercenari e uomini dei servizi segreti israeliani si trovavano in territorio ucraino. Alcuni di loro prestavano servizio come istruttori, altri erano direttamente impegnati in unità delle forze speciali».
All’ingenua domanda dei giornalisti sul perché Israele si sia schierato dalla parte degli eredi dei massacratori di ebrei, la politologa Natal’ja Makeeva risponde che «L’Israele moderno non è affatto una “Terra promessa”. Si tratta di uno stato completamente occidentale e laico… è un progetto puramente occidentale.
Agisce pienamente nella logica dell’Occidente collettivo, guidato dagli USA e di cui la NATO è l’ala militare. Le élite israeliane sono parte di quelle dell’Occidente collettivo. Pertanto, l’invio di istruttori di Tsahal e Mossad a sostegno di Kiev è per loro del tutto giustificato».
Del resto, proprio a Mosca dovrebbero ricordarsi come, tra i cecchini che il 3 e 4 ottobre 1993 sparavano sui difensori del Soviet supremo russo, ci fossero anche quelli israeliani.
Meravigliarsi è effetto di attimi. Seguire una linea strategica continua è una questione di schieramenti politici.
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