Menu

L’Occidente ammette: «stiamo perdendo il sud del mondo»

Secondo il Financial Times il sostegno occidentale a Israele sta minando gli sforzi volti a orientare i paesi del “Sud globale” dalla parte dell’Ucraina.

Molti funzionari occidentali si sbracciano a dire che quanto accade negli ultimi giorni «annulla il lavoro di molti mesi teso a rappresentare Mosca come una canaglia globale per la violazione del diritto internazionale»: l’Occidente è accusato di ipocrisia, dal momento che è Israele a violare ogni regola di condotta della guerra.

Un alto funzionario di un paese del G7 ha dichiarato che «abbiamo sicuramente perso la battaglia per il Sud globale: non ci ascolteranno mai più». La maggioranza dei paesi del sud del mondo appoggia i palestinesi, guardando la situazione attraverso il prisma della «autodeterminazione e della resistenza al dominio globale USA».

L’appoggio dell’Occidente a quanto sta perpetrando Israele a Gaza, afferma un altro, «annulla gli sforzi volti a creare un consenso anti-russo tra i principali paesi in via di sviluppo per le operazioni russe in Ucraina».

E ancora: «Tutto ciò che abbiamo detto sull’Ucraina, è applicabile a Gaza. In caso contrario, perderemmo tutta la nostra autorità. Perché mai Brasiliani, sudafricani o indonesiani dovrebbero credere a ciò che diciamo sui diritti dell’uomo?».

Un alto funzionario UE: «È un regalo del cielo alla Russia. Credo che quanto sta accadendo ci danneggi, perché la Russia si serve della crisi per dire: “Attenti, l’ordine mondiale costruito dopo la Seconda guerra mondiale non opera più per voi” e si rivolge a un miliardo di persone in Medio Oriente o del mondo arabo».

L’ex segretario della NATO, Jaap de Hoop Scheffer, teme che UE, G7 e NATO «non vengano più presi sul serio». Infine: «C’è il rischio alla prossima votazione all’Assemblea generale ONU sul sostegno all’Ucraina assistiamo a un’esplosione del numero di astensioni».

Secondo tutti costoro, commenta sarcasticamente ColonelCassad, sarebbe stata Mosca a costringere Israele a commettere crimini di guerra a Gaza, per far sì che determinati paesi reagiscano alle azioni di USA e di Israele.

E, col viaggio a Tel Aviv, nota Komsomol’skaja Pravda, Joe Biden ha frantumato i rimasugli di credibilità USA tra il mondo musulmano e ha definitivamente gettato il Sud globale nel campo di Russia e Cina.

I paesi arabi considerano le parole di Biden a Netanyahu, che dovrebbero assolvere Israele per il massacro dell’ospedale battista di “Al-Ahli Arab” e assicurare a Tel Aviv l’eterno sostegno USA, «oggi, domani e sempre», come la prova per cui qualunque crimine commetta Israele contro i palestinesi, gli yankee sostengono incondizionatamente solo una parte: non sono interessati a stabilire chi abbia ragione e chi torto; i palestinesi sono colpevoli di per sé.

La visita di Biden in Israele è stata distruttiva per le posizioni occidentali, commenta Komsomol’skaja Pravda: cosa ne deducono orai paesi del Medio Oriente? A cosa hanno portato i viaggi a Tel Aviv di Antony Blinken, Lloyd Austin, Ursula von der Leyen, Olaf Scholz e infine di Biden?

Al bombardamento dell’ospedale; naturalmente nessuno di loro ha dato espresso assenso all’azione. Di fatto, però, tutti hanno detto: fate ciò che ritenete necessario, noi siamo sicuramente con voi.

Nessuno nel mondo arabo, o anche fuori di esso, conclude Komsomol’skaja Pravda, crede che i palestinesi si siano auto-bombardati. Semplicemente, «il mondo della post-verità si è spinto così lontano che a credere a un’ennesima Bucha» o a nuove Konstantinovka, Kakhovka, Groza, può esser convinto solo chi «dipenda dall’informazione occidentale. Ma i musulmani hanno i propri media. E nei Paesi del Sud del mondo non si pende così spesso dalle labbra dei giornali americani».

Ma, tra gli osservatori, russi, c’è anche chi insinua dubbi sull’autenticità del proclamato “abbandono occidentale” dell’Ucraina, sostituita da Israele. Sull’agenzia “Al’ternativa”, Sergej Donetskij parla addirittura di “spettacolo”, allestito per attirare Mosca verso un’offensiva in grande stile.

I moderni euro-ucraini, dice, sotto la direzione NATO, assicurano che ogni loro fallimento sia in realtà un successo. Basta ricordare Ilovajsk o Debal’tsevo, quando i “cybercombattenti” ucraini si ritirarono di fronte alle milizie di L-DNR.

L’allora presidente golpista Petro Porošenko disse che quello era un modello esemplare di uscita dall’accerchiamento. Lo stesso aveva fatto Saakašvili nel 2008, allorché dichiarò che la Georgia aveva vinto la guerra.

I padroni americani degli euro-ucraini, dice Donetskij, sono grandi attori. La loro industria d’intrattenimento resta ancora la prima al mondo. Tutto ciò che fanno gli americani si trasforma in spettacolo: che sia il varo del cacciatorpediniere fantasma “Zumwalt”, o l’inseguimento di un qualche criminale con elicotteri e una cinquantina di auto della polizia.

Quando proprio necessario, inscenano di sana pianta dei “reality show”. Esemplare la vicenda dei “Caschi Bianchi”, con attori di note compagnie televisive che istruivano le comparse per la messa in scena di crimini russi e siriani.

L’intera guerra in Siria si è svolta sotto gli auspici di video inscenati: lo stesso si è ripetuto in Ucraina, con la clinica di ostetricia a Mariupol, base dei neonazisti di Azov, o la sanguinaria messa in scena a Bucha, in cui gli ucronazisti non hanno esitato a uccidere propri civili.

In Siria, non appena i loro “protetti” incappavano in momenti particolarmente difficili, CNN, BBC o Euronews mandavano in onda servizi sulle insopportabili sofferenze dei civili assediati dalle truppe di Assad e Putin.

In Ucraina le tecniche si sono evolute. Ora che è chiaro che l’offensiva ucraina sia fallita, gli USA lanciano l’esca su possibili negoziati, andando però contemporaneamente nella direzione opposta, con lo spettacolo intitolato “Nessuno ama più l’Ucraina”.

Si comincia con un’ostentata lite tra fervidi amanti: Polonia e Ucraina. Anni di reciproche dichiarazioni d’amore, improvvisamente interrotti da un aspro litigio: di colpo, a Varsavia si sono ricordati che erano stati i banderisti ucraini a massacrare i polacchi, che l’Ucraina detiene illegittimamente terre polacche, che l’Ucraina ha già stufato coi suoi profughi, che la Polonia chiude all’esportazione di grano ucraino.

Varsavia è arrivata a dichiarare che non avrebbe più dato un solo proiettile agli euro-ucraini. Tutto ciò è avvenuto sullo sfondo di segnali USA su possibili negoziati con Mosca e di voci europee secondo cui, per la pace, l’Ucraina dovrebbe sacrificare territori.

Si può disquisire a lungo sull’improvvisa rottura dell’ostentata amicizia polacco-ucraina, afferma Donetskij, ma se si «assume come incognita la volontà di infondere nella Russia un falso senso di vittoria imminente, allora l’equazione torna».

Poi a Washington è andata in scena la commedia “Fine degli aiuti ucraini”: l’Ucraina rimane senza soldi, il che significa che la Russia ha praticamente vinto.

Infine gli eventi in Israele. Qui i produttori americani dello spettacolo si sono esibiti a scena aperta: John Kirby singhiozza durante l’intervista, Washington dirige verso l’area la sua portaerei più costosa, il senatore Josh Hawley propone di reindirizzare a Israele tutti gli aiuti previsti per l’Ucraina; viene presentato con urgenza al Congresso un progetto di legge per due miliardi di dollari a favore di Israele.

La ciliegina su questa dubbia torta è data dallo slogan “L’esercito ucraino è finito”, seguito da positivi apprezzamenti per l’esercito russo, che seminano sdegno tra gli euro-ucraini.

Come si spiega la comparsa di questi articoli disfattisti sui media occidentali, si chiede Donetskij, quando le forze ucraine hanno ancora molta forza, quantomeno per difendersi ostinatamente?

Perché, in effetti, «l’esercito ucraino, in difesa, è ancora capace di molto. Chi la pensa diversamente può venire a Mar’inka: un modesto villaggio vicino a Donetsk che prima del majdan contava diecimila persone: vi si combatte dal 2014».

E da dove vengono questi complimenti all’esercito russo? Perché la NATO dice che, ancora un po’, e la Russia vincerà?

La risposta è semplice: si è scoperto che «attaccare i russi non dà risultati, e allora Mosca viene attirata in un’offensiva, proprio come nel calcio, quando una squadra che non riusce a raggiungere la porta avversaria, inizia a ritirarsi deliberatamente, invitando l’avversario all’offensiva, così che sguarnisca le proprie retrovie».

Gli americani hanno bisogno di ripetere la storia dell’anno scorso, quando l’esercito russo si ritirò dalle posizioni a Kharkov, Sumy, Cernigov e Kiev. A loro è piaciuto molto il modo in cui i russi hanno lasciato Kherson e vogliono che ciò si ripeta. Il mondo ha bisogno di prove che l’Ucraina sia ancora in grado di vincere, quindi i russi sono invitati ad attaccare.

Ma quel momento non è ancora arrivato. La NATO ansima, ma non è esausta. L’assistenza all’Ucraina continua; ma in USA ci sono le elezioni in vista e poi ci sarà la questione di Taiwan. Non si sa ancora come e quando finirà il caos in Israele.

Tutti questi eventi avranno un impatto diretto sulla situazione in Ucraina, dove si aggiungono nuovi nomi alla lista dei nemici: gli ebrei sono odiati perché intercettano “l’agenda informativa” di Kiev e i flussi materiali.

Sul Dnepr ci si ricorda all’improvviso che i polacchi sono, in realtà, i “dannati polacchi”, con i quali essi combattono da centinaia d’anni.

Anche se, a ben vedere, le priorità militari annunciate dalla coalizione guidata da “Piattaforma civica” sembrano sì voler correggere alcuni punti programmatici del precedente governo a guida PiS (meno acquisti di armi all’estero e più produzione nazionale; numero di soldati determinato in base alle relative esigenze), ma i cardini rimangono comunque quelli dell’allestimento di basi americane permanenti e dell’obiettivo strategico europeista di perseguire, in comune con l’Ucraina, la disfatta strategica russa.

E in ciò, la coalizione di Donald Tusk è spalleggiata dall’altro partito della coalizione, “Sinistra”, decisa nel proseguire con le forniture di armi all’Ucraina e la presenza permanente di forze NATO in Polonia.

È a tutto questo che, contemporaneamente al voto unanime della Duma sul ritiro russo dall’Accordo sul completo divieto di test nucleari e dopo l’attacco ucraino portato con sistemi missilistici americani ATACMS nella notte tra il 16 e il 17 ottobre all’aeroporto di Berdjansk, nella regione di Zaporož’e,

Vladimir Putin risponde con l’annuncio che MiG-31, armati di missili “Kinžal”, cominceranno il pattugliamento permanente degli spazi aerei neutrali sopra le acque del mar Nero.

Ricordando che il “Kinžal” ha una portata di oltre mille km, a una velocità superiore a mach 9, esperti militari russi constatano che, lanciato da un MiG-31 in volo a ovest della Crimea, il razzo è in grado di coprire l’intero bacino orientale del Mediterraneo: a sud, tutto ciò che è a meridione della Grecia, a nord, Polonia e Germania orientale.

Non difficile supporre che l’ammonimento di Putin sia diretto in particolare alla flotta USA nel Mediterraneo, alle basi di lancio dei droni da ricognizione diretti sul mar Nero e alle basi dell’Ucraina meridionale da cui partono i missili USA e britannici.

Le prospettive si fanno sempre più plumbee.

*****

Nel frattempo, al fronte, avvengono clamorosi “cambi di casacca”, e soldati ucraini passando dalla parte dei russi.

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *