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Angela Merkel: ricordi e bugie sugli accordi di Minsk

In un’intervista di qualche giorno fa a Der Spiegel, l’ex Cancelliera tedesca Angela Merkel aveva fatto alzare le sopracciglia a qualcuno, dicendosi contraria all’invio di armi (soprattutto quelle tedesche) a Kiev, puntando invece a pressioni politiche sulla Russia.

Bontà sua, aveva anche detto che già da oltre un anno gli accordi di Minsk erano lettera morta, (come da molto più tempo denunciavano in Donbass) evitando naturalmente di puntare il dito sui colpevoli del “decesso” di quegli accordi.

A leggere qualche quotidiano italico, si poteva ben vaneggiare di una Merkel che ricordava affranta gli “sforzi” sostenuti a febbraio 2015 nella capitale bielorussa, insieme a Vladimir Putin, Petro Porošenko e François Hollande (il “quartetto normanno”), con Aleksandr Lukašenko garante dell’ospitalità e della serietà di quei colloqui, per cercare una soluzione alla guerra in Donbass che andava avanti già da sette-otto mesi.

E le italiche penne ci assicurano che Angela Merkel «difende ancora» quegli accordi, come se davvero ci avesse creduto.

Qui termina la favola e comincia l’apostolato vero e proprio, trasformando sintatticamente una scelta ben cosciente e mirata dei garanti franco-tedeschi degli accordi di Minsk, in qualcosa che sarebbe invece comparsa per intercessione angelica.

Scompare la dichiarazione a Die Zeit del 7 dicembre scorso, secondo cui gli accordi di Minsk furono «un tentativo di dare tempo all’Ucraina» – cioè: Merkel e Hollande volevano solo far guadagnare tempo alla junta golpista, che le stava prendendo di santa ragione in Donbass – e al suo posto si manifesta in sembianze ultraterrene il miracolo secondo cui gli accordi di Minsk, di per sé, come lo spirito santo, «hanno permesso all’Ucraina di diventare militarmente forte».

Oggi Angela Merkel ammette candidamente che Kiev ha usato il tempo messo a disposizione dagli accordi (mai rispettati dai nazigolpisti, a partire dalle clausole sull’arretramento delle artiglierie pesanti e, soprattutto, sulla necessità di trattative dirette tra Kiev e Donetsk-Lugansk e la concessione di uno status speciale al Donbass) per diventare più forte militarmente.

L’Ucraina del 2014- 15, dice la Merkel a Die Zeit, «non era l’Ucraina di oggi. Come abbiamo visto nei combattimenti per Debaltsevo all’inizio del 2015, Putin avrebbe potuto facilmente conquistarla. E dubito fortemente che ci fosse molto che i paesi della NATO avrebbero potuto fare allora, come stanno facendo ora per aiutare l’Ucraina.

Sapevamo tutti che si trattava di un conflitto congelato, che il problema non era stato risolto, ma è stato proprio questo a far guadagnare tempo prezioso all’Ucraina».

In effetti, ricordiamo tutti come, proprio durante le trattative a Minsk, il “prode” Porošenko interrompesse continuamente i colloqui per andare a informarsi sulla situazione alla sacca di Debaltsevo, in cui, per ottusità e dolo dei comandi golpisti (e per volontà esterna) centinaia e centinaia di soldati ucraini, accerchiati dalle milizie, persero la vita; come del resto era accaduto qualche mese prima nell’altra sacca di Ilovajsk.

Pronta la reazione della portavoce del Ministero degli esteri russo, Marija Zakharova, alle dichiarazioni della Merkel: «Vale a dire che Berlino e, di conseguenza, l’intero Occidente collettivo, non ho mai inteso onorare gli accordi di Minsk, hanno finto di rispettare la risoluzione del Consiglio di sicurezza, mentre in realtà hanno riempito di armi il regime di Kiev; hanno ignorato i crimini commessi dal regime di Kiev in Donbass e in Ucraina, in nome di un colpo decisivo alla Russia».

Aspri i commenti del “padrone di casa” a Minsk, Aleksandr Lukašenko, che ha definito ripugnanti, vili e meschine le dichiarazioni della Merkel sugli accordi di Minsk, aggiungendo comunque di non credere che si sia trattato davvero di un tentativo occidentale di guadagnare tempo, con l’inganno, per rafforzare l’esercito ucraino e di ricordare come all’epoca, tutti, avessero intenzioni del tutto serie.

Ma se è veramente come ha detto la Merkel, ha dichiarato Lukašenko al canale TV Rossija 24, sarebbe davvero disgustoso, meschino.

Secondo RIA Novosti, il bat’ka bielorusso ha espresso sconcerto per come sia possibile «oggi, in questo contesto, dire che essi, Porošenko, Hollande, abbiano semplicemente condotto un’operazione segreta, abbiano ingannato tutti, prima di tutto la Russia e Putin, e tutti nel mondo, fornendo con una tregua l’opportunità di preparare l’esercito ucraino per questa guerra».

Lukashenko ha sottolineato come, sullo sfondo di «false dichiarazioni di Porošenko e Merkel», la Russia non possa essere incolpata per lo scoppio delle ostilità nel 2022.

La Merkel «vuole essere trendy», dice il Presidente bielorusso. «Lei e Porošenko vogliono mostrarsi importanti, come a dire: “Guardate, l’esercito ucraino sta combattendo e resistendo a uno degli eserciti più forti del mondo, perché a Minsk abbiamo ingannato tutti”».

Se avessero seguito la strada che Putin aveva proposto per l’accordo, dice bat’ka, l’Ucraina sarebbe rimasta integra, con l’eccezione della Crimea, e non ci sarebbe stata la guerra. Ricorda come, nei giorni delle trattative di Minsk, avesse fatto la spola tra Putin e Porošenko, trasmettendo informazioni, esigenze, richieste.

«Putin aveva detto a Porošenko che Mosca avrebbe aiutato a ripristinare ciò che è stato distrutto, e allora le distruzioni erano ancora minime, ma loro non ne volevano sapere; si stavano preparando alla guerra, anche se allora nessuno lo pensava, come dicono oggi Merkel e Porošenko».

Il fatto è che, «sullo sfondo degli eventi in Ucraina, la Merkel non vuole essere accusata oggi di aver spinto l’Ucraina in una direzione sbagliata… noi l’avevamo presa sul serio. E la Russia l’aveva presa sul serio. Ma ci sbagliavamo: si è rivelata misera come tutti i leader europei di oggi», ha detto Lukašenko.

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1 Commento


  • Gianfranco

    Malgrado il tentennamento di molti compagni, io sono sempre più convinto dell’inevitabilità dell’operazione “Z” E con un pò di vergogna, ammetto anche una certa insensibilità ai disagi (non sofferenze) delle popolazioni ucraine: è ora che prendano seriamente a pedate il cocainomane di Kiev invece di farsi i selfie davanti alle foto del ponte di crimea.

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