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Cinque Stati chiedono che la Corte Penale Internazionale indaghi sulla situazione in Palestina

La popolazione di Gaza è da più di un mese sotto un attacco militare violentissimo che, oltre a uccidere migliaia di persone, distrugge strutture civili, condanna a morte lenta neonati, bambini e adulti nelle strutture ospedaliere, affama e asseta un intero popolo. 

La vendetta proclamata da Netanyahu e dai suoi ministri, dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre scorso, che si dispiega con una forza repressiva che viola tutte le convenzioni internazionali che tutelano, anche durante una situazione di guerra, sia i civili che i prigionieri, ha portato la Bolivia, che il 31 ottobre ha reciso per prima le relazioni diplomatiche con lo Stato di Israele, unitamente a Bangladesh, Sudafrica, Gibuti e Comore a chiedere alla Corte Penale Internazionale (CPI), istituita nel 1998 ed entrata in funzione nel 2002, di indagare sulla “situazione in Palestina”.

Il Procuratore capo della CPI, Karim Ahmad Khan, ha confermato che il suo ufficio ha ricevuto la richiesta e ha sottolineato che già dal 2021, dietro alcune denunce, sono in corso indagini contro Israele e Hamas per presunti crimini di guerra commessi nei territori palestinesi, ma che il lavoro è stato ostacolato dall’impossibilità di accedere sia al territorio di Israele che a quello di Gaza, quest’ultimo, nei fatti, sotto il controllo dello Stato di Israele.

La CPI, che può solo giudicare dei crimini di cui si siano macchiati gli individui e non gli Stati, dovrà quindi aprire un nuovo fascicolo di indagini per verificare se questi siano stati commessi in Palestina, a partire dal 7 ottobre scorso, e se ricadano sotto la sua competenza (genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e crimini di aggressione). 

Israele ha firmato ma non ha mai ratificato il trattato istitutivo della CPI. Tuttavia la Palestina ha potuto farlo nel 2015 e questo è sufficiente affinché la CPI possa indagare e condannare gli autori dei crimini accertati.

Karim Khan ha infatti dichiarato che: “Com’è auspicabile che i gravissimi crimini commessi da Hamas contro i civili israeliani siano prontamente oggetto dell’azione della Cpi e che i responsabili siano puniti, altrettanto va fatto rispetto alle responsabilità da parte israeliana”.

Certamente, una sentenza che condanni Netanyahu e i suoi ministri, oltre ai comandanti militari di Israele, per uno o più dei crimini sotto la competenza della CPI, porrebbe in una posizione politica scomoda anche lo Stato di Israele, insieme a tutti quei Paesi, come gli Stati Uniti e diversi Paesi europei, che hanno scelto di non bloccare o ostacolare il massacro, pur avendo la forza per farlo.

Non sarà facile per la CPI portare avanti il suo lavoro e mantenere la sua indipendenza, non solo perché le verrà probabilmente impedito l’accesso a luoghi e documenti, ma soprattutto per le prevedibili pressioni politiche che potrà ricevere.

Resta comunque importante che alcuni Paesi abbiano portato la situazione palestinese davanti a un organismo giudicante internazionale perché fino ad oggi, solo la società civile, attraverso cittadin@ e organizzazioni, si era mossa in tal senso. 

Se esistono strumenti internazionali pensati per prevenire, fermare e condannare chi commette crimini gravissimi, gli Stati dovrebbero sempre farne ricorso, senza sconti per nessuno.

Santa Cruz, Bolivia -18 novembre 2023

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1 Commento


  • Enzo Barone

    Parlare dei gravissimi crimini compiuti da Hamas svilisce qualsivoglia presunta iniziativa tesa ad affermare la legalità internazionale in quanto frutto di un’analisi viziata alla fonte a testimonianza dell’uso strumentale di un’istituzione screditata. È sufficiente osservare che soltanto 5 paesi hanno ritenuto doveroso ricorrere nel terribile silenzio complice di tutti gli altri, iniziativa lodevole ma inefficace. Ogni esponente sionista dovrebbe essere perseguito penalmente perché ontologicamente colpevole.

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